Con l’ultima sentenza della Cassazione si torna a parlare di opere precarie, e delle normative in merito presenti nel Testo Unico per l’Edilizia. Stavolta la sentenza riguarda una roulotte.
Con l’ultima sentenza della Cassazione si torna a parlare di opere precarie, e delle normative in merito presenti nel Testo Unico per l’Edilizia.
Stavolta la sentenza riguarda una roulotte posizionata all’interno di un Parco regionale in zona sismica, attorno alla quale il soggetto ha eseguito dei lavori di scavo, sbancamento e livellamento del terreno. Il tutto senza richiedere alcuna autorizzazione edilizia.
Approfondiamo di seguito.
Advertisement - PubblicitàLa funzionalità delle opere precarie e temporanee è un tema sempre particolarmente dibattuto. In questo caso in particolare, non è stato difficile per la Cassazione trarre le conclusioni, in quanto quello che stava attuando il soggetto non poteva che essere un abuso edilizio sotto ogni punto di vista.
Le roulotte sono opere precarie, e in quanto tali, devono seguire delle norme ben precise.
Il Testo Unico per l’Edilizia, all’art.6 comma 1 lettera e-bis, è categorico sull’argomento. Le opere precarie sono:
“opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all’amministrazione comunale.”
Prima di tutto si evince che, in qualsiasi caso, sarà necessario dichiarare la presenza della roulotte agli uffici comunali. In secondo luogo, il loro stazionamento è concesso unicamente per degli scopi ben precisi che siano:
“diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore.”
Advertisement - PubblicitàGià solo valutando queste normative, il soggetto avrebbe compiuto un abuso edilizio piuttosto rilevante. Ma non basta.
Il soggetto infatti aveva avviato dei interventi di scavo, sbancamento e livellamento del terreno. E qui la Cassazione, con la recente sentenza n. 12121/2021, è stata molto chiara:
“In tema di reati urbanistici, le opere di scavo, di sbancamento e di livellamento del terreno, finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli, in quanto incidono sul tessuto urbanistico del territorio, sono assoggettate a titolo abilitativo edilizio. Né è in discussione che ove tali lavori ricadano in area paesaggisticamente vincolata occorra altresì l’autorizzazione di cui all’art. 146 D.Lgs. n. 42/2004.”
Il solo fatto che siano stati eseguiti tali interventi per uso differente da quello agricolo, costituisce già un reato edilizio. Ma in più, il soggetto stava compiendo tali abusi all’interno di un’area vincolata e protetta, ovvero un Parco regionale. Senza contare inoltre che tale zona rientra tra quelle classificate con rischio sismico elevato. Condizioni talmente gravi che non consentono neanche di fare richiesta di sanatoria.
Insomma, l’individuo si è reso colpevole di una lunga serie di abusi edilizi in un solo colpo, e il giudizio della Cassazione non poteva essere differente da quello che è stato. Si stabilisce l’ordinanza di ripristino dei luoghi con la demolizione degli abusi edilizi, in quanto atti a trasformare l’assetto del territorio in un’area vincolata e soggetta a rischio sismico.
Egli avrebbe dovuto richiedere il Permesso di Costruire per procedere a tali interventi. Ma in ogni caso comunque, viste le intenzioni non conformi alle normative vigenti, il Permesso gli sarebbe comunque stato negato.
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