Con la Risoluzione n. 4/DF del 16 novembre 2023, il Dipartimento delle Finanze ha fornito importanti chiarimenti in merito, appunto, all’applicabilità dell’IMU ai fabbricati collabenti.
L’IMU (Imposta Municipale Unica) è sicuramente la principale e la più nota tra le tasse sulla casa che si devono pagare al comune.
Sono tenuti al pagamento dell’IMU tutti i soggetti che siano in possesso di un fabbricato, di un’area edificabile o di un terreno agricolo, sebbene esistano anche diversi casi per i quali si concedono riduzioni d’importo o anche la totale esenzione dal pagamento, come accade per gli immobili adibiti a Prima Casa non “di lusso”.
Vediamo cosa prevede la legge invece nel caso degli immobili collabenti.
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Advertisement - PubblicitàCon la Risoluzione n. 4/DF del 16 novembre 2023, il Dipartimento delle Finanze ha fornito importanti chiarimenti in merito, appunto, all’applicabilità dell’IMU ai fabbricati collabenti.
Stiamo parlando degli immobili accatastati in Categoria F/2, ruderi che risultano fatiscenti strutturalmente e, quindi, sono inutilizzabili e inagibili.
Le precisazioni vengono date in risposta ad uno specifico quesito posto dalle amministrazioni locali, in cui si discutono due punti in particolare, ovvero:
Viene specificato a questo proposito che la normativa che disciplina l’applicazione dell’IMU, ovvero la Legge di Bilancio 2020, prevede che, ai fini del presupposto per il pagamento dell’imposta:
“[…] per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita catastale, considerandosi parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza esclusivamente ai fini urbanistici, purché accatastata unitariamente […]”.
Gli immobili collabenti, si spiega – pur essendo dei ruderi ai quali non viene attribuita alcuna rendita – sono comunque a tutti gli effetti dei beni immobili iscritti al Catasto edilizio urbano, che hanno una propria categoria catastale e che non possono essere classificati in altre categorie diverse da quelle dei fabbricati, come ad esempio le aree edificabili o i terreni agricoli.
La condizione di degrado degli immobili collabenti determina l’assenza di autonomia funzionale e l’incapacità reddituale temporalmente rilevante.
Sono dunque immobili privi di autonomia funzionale e reddituale per via del loro stato in disuso e per il loro elevato grado di inutilizzabilità, ma sono e devono essere comunque considerati fabbricati.
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Advertisement - PubblicitàVisto quanto detto, si chiarisce pertanto che:
Sono soggetti al pagamento dell’imposta, infatti, solo i fabbricati con attribuzione di rendita e, quindi, che dispongono di capacità contributiva alla quale applicare la tassazione.
Il punto, tra l’altro, era già stato confermato tempo fa nella sentenza n. 19338 del 18 luglio 2019, dove ci si riferiva allora all’ICI, imposta poi sostituita dall’IMU. Nella Risoluzione si specifica che quanto precisato vale allo stesso modo per l’IMU.
Successivamente la stessa tesi è stata portata avanti con l’ordinanza n. 28581 del 15 dicembre 2020, dove è stato specificato tra l’altro che l’unico modo per poter considerare un fabbricato collabente come area edificabile è in seguito alla demolizione del manufatto collabente. Solo in questo modo si riporterebbe effettivamente l’area ad essere nuovamente edificabile.
In particolare, è stato chiarito quanto segue:
“[…] è pacifico che il fabbricato collabente, oltre a non essere tassabile ai fini dell’IMU come fabbricato, in quanto privo di rendita, non lo è neppure come area edificabile, salvo che l’eventuale demolizione restituisca autonomia all’area fabbricabile che, solo da quel momento, è soggetta a imposizione come tale, fino al subentro della imposta sul fabbricato ricostruito.”
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