L’IMU è un’imposta municipale che grava sugli immobili, ma prevede delle esenzioni, in particolare per l’abitazione principale. Tuttavia, negli anni, sono sorte numerose controversie su chi possa effettivamente beneficiarne, soprattutto nel caso di coniugi con residenze diverse.

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha annullato un accertamento IMU ritenendo illegittima l’interpretazione restrittiva che imponeva la residenza congiunta dell’intero nucleo familiare. Questa decisione potrebbe avere un impatto significativo su molti contribuenti e sui bilanci comunali.

Ma cosa ha stabilito esattamente la Cassazione? E quali conseguenze comporta questa pronuncia?

Scopriamolo insieme.

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Il caso della contribuente e il contenzioso con il comune

La vicenda trae origine da un accertamento IMU emesso nei confronti di una contribuente per gli anni d’imposta 2013 e 2014. L’ente incaricato della riscossione, operante per conto del Comune di residenza dell’immobile, ha contestato l’applicazione dell’esenzione prevista per l’abitazione principale, sostenendo che non fossero rispettati i requisiti richiesti dalla normativa allora vigente.

In particolare, il Comune ha basato il proprio provvedimento su un’interpretazione rigida della norma, secondo la quale per beneficiare dell’esenzione IMU l’abitazione doveva essere la residenza anagrafica e la dimora abituale non solo del contribuente, ma di tutto il suo nucleo familiare.

Poiché il coniuge della contribuente risultava residente in un altro comune, l’amministrazione ha ritenuto che l’immobile in questione non potesse essere considerato come “abitazione principale” ai fini fiscali e, di conseguenza, ha richiesto il pagamento dell’IMU.

La contribuente ha impugnato l’accertamento, sostenendo che la normativa non dovesse essere interpretata in maniera così restrittiva. Ha evidenziato che lei risiedeva anagraficamente e dimorava abitualmente nell’immobile e che tale requisito era sufficiente per ottenere l’esenzione. Inoltre, ha contestato il fatto che la decisione dell’amministrazione si basasse su una valutazione automatica e non su un’analisi concreta della situazione familiare.

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Il ricorso, però, è stato inizialmente respinto sia dalla Commissione Tributaria Provinciale sia da quella Regionale. Entrambi i giudici tributari hanno confermato la validità dell’accertamento dell’ente locale, ribadendo che per godere dell’esenzione IMU era necessario che entrambi i coniugi avessero residenza e dimora abituale nello stesso immobile.

Di fronte a questa doppia bocciatura, la contribuente ha deciso di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che l’interpretazione adottata dai giudici tributari fosse contraria ai principi costituzionali di equità fiscale e che l’imposizione dell’IMU fosse ingiustificata alla luce della sua situazione reale.

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La sentenza della corte costituzionale n. 209/2022

Un elemento determinante per la decisione della Cassazione è stato il precedente intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 209/2022.

Questa pronuncia ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, del decreto-legge n. 201/2011 (convertito in legge n. 214/2011), nella parte in cui stabiliva che, per ottenere l’esenzione IMU sull’abitazione principale, dovevano risiedere anagraficamente e dimorare abitualmente nell’immobile non solo il proprietario, ma anche il suo intero nucleo familiare.

La Corte Costituzionale ha ritenuto questa disposizione in contrasto con i principi di equità e capacità contributiva sanciti dalla Costituzione italiana. In particolare, ha evidenziato che il concetto di “abitazione principale” deve essere riferito esclusivamente al possessore dell’immobile e non esteso automaticamente agli altri membri della famiglia.

La sentenza ha avuto un impatto significativo, poiché ha eliminato una delle restrizioni più rigide per l’accesso all’esenzione IMU, permettendo così di riconoscerla anche a chi, pur essendo proprietario e vivendo stabilmente in un immobile, ha un coniuge residente altrove per motivi personali o lavorativi.

Questa decisione ha creato un nuovo orientamento giurisprudenziale e ha fornito alla Cassazione un riferimento fondamentale per decidere sul caso in esame.

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Il principio ribadito dalla cassazione

Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4292/2025, ha accolto il ricorso della contribuente e annullato gli avvisi di accertamento IMU emessi dal Comune.

Nel motivare la propria decisione, la Cassazione ha chiarito che il criterio per riconoscere l’esenzione IMU deve essere basato esclusivamente sulla residenza anagrafica e sulla dimora abituale del proprietario dell’immobile. Questo significa che, se il titolare dell’abitazione vi risiede e dimora stabilmente, l’esenzione deve essere riconosciuta, indipendentemente dal fatto che il coniuge o altri membri del nucleo familiare abbiano una residenza diversa.

In particolare, la Corte ha ribadito che la normativa, così come originariamente formulata prima dell’intervento della Consulta, imponeva un vincolo eccessivamente rigido e discriminatorio. Tale vincolo creava disparità di trattamento tra i contribuenti e imponeva un onere fiscale aggiuntivo ingiustificato nei casi in cui i coniugi, per motivi di lavoro, esigenze personali o altre situazioni oggettive, vivevano in comuni diversi.

Questa interpretazione, secondo la Cassazione, contrastava con i principi di uguaglianza e capacità contributiva sanciti dall’articolo 3 e dall’articolo 53 della Costituzione.

Di conseguenza, la Corte ha stabilito che l’accertamento IMU fosse illegittimo e ha annullato le richieste di pagamento nei confronti della contribuente. Inoltre, considerando che la questione affrontata derivava da un contrasto normativo risolto solo di recente con la pronuncia della Corte Costituzionale, ha ritenuto opportuno disporre la compensazione delle spese tra le parti.

Questo significa che né la contribuente né il Comune dovranno sostenere costi aggiuntivi legati al giudizio.

La sentenza della Cassazione assume un’importanza particolare perché non si limita a risolvere un singolo caso, ma rappresenta un orientamento chiaro che potrà essere applicato in futuro a situazioni simili. Questo pronunciamento, infatti, fornisce un’interpretazione definitiva su come le amministrazioni comunali dovranno gestire i casi di coniugi con residenze separate e sull’accesso all’esenzione IMU per l’abitazione principale.