La cedolare secca è un regime di tassazione applicabile sugli affitti degli immobili e con precise caratteristiche. Come funziona e quali novità sono previste dal primo gennaio 2024?
Vediamolo insieme nei paragrafi successivi per capire bene quando realmente conviene scegliere la cedolare secca in sostituzione dell’IRPEF.
Sommario
Si tratta di un regime agevolato di tassazione sugli affitti diviso in tre diverse aliquote:
In concreto, la cedolare secca è il regime di tassazione degli affitti sostitutivo IRPEF, applicabile per i contratti riconducibili agli immobili per fini abitativi. Per la generalità degli affitti la cedolare è pari al 21%, ma in base a determinati requisiti è applicabile nella misura ancora più favorevole del 10%.
Trattasi di un’imposta prevista in sostituzione dell’IRPEF che presenta diversi vantaggi, anche sul fronte dell’imposta di bollo e registro.
Dal 1° gennaio 2024, oltre alle aliquote già previste del 21% e del 10%, è stata introdotta la tassazione pari al 26% per gli affitti brevi. La nuova aliquota è prevista soltanto nelle ipotesi di locazioni brevi di più un immobile durante l’anno.
Advertisement - PubblicitàQuella più applicata è sicuramente la cedolare secca del 21%, in quanto non sono stabiliti limiti particolari per la sua applicazione. Tale aliquota può essere scelta dalle persone fisiche titolari di diritti di proprietà e godimento degli immobili, non rientranti però nell’esercizio di attività d’impresa, professioni e arti.
Gli immobili interessati dall’applicazione di questa tassazione devono essere a uso abitativo e appartenere alle categorie catastali da A1 a A11.
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La cedolare è applicabile pure alle pertinenze, mentre non è possibile accedervi per i contratti commerciali. La cedolare secca del 21% potrebbe essere vantaggiosa perché presenta una tassazione inferiore rispetto all’IRPEF, è applicabile in sostituzione delle addizionali regionali e comunali e, al momento della registrazione dei contratti, le imposte di registro e di bollo non sono dovute.
Ancora più favorevole è l’aliquota del 10%, stabilita per i cosiddetti contratti a canone concordato. La cedolare secca pari al 10% è applicabile nelle ipotesi seguenti:
Risultano dunque molto più restrittivi i vincoli per accedere alla tassazione del 10% che, in prima battuta, è esercitabile soltanto nelle ipotesi di contratti di affitto con l’equo canone.
Come accennato in precedenza, dal 1° gennaio 2024 è in vigore anche la cedolare pari al 26% applicabile sugli affitti brevi, fino al 31 dicembre 2023 pari invece al 21%. Un rialzo dell’aliquota previsto con l’ultima Legge di Bilancio. In particolare, la cedolare secca del 26% è applicabile agli affitti brevi di durata al massimo di trenta giorni.
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Tuttavia questa tassazione, più gravosa delle altre, è rivolta soltanto a coloro che affittano più immobili per breve tempo nell’arco dell’anno di riferimento.
Advertisement - PubblicitàIl pagamento della cedolare secca segue le medesime scadenze stabilite per l’IRPEF. Con l’esclusione del primo anno, per il quale non è possibile la definizione della base imponibile, per gli anni successivi è applicabile il sistema del pagamento dell’acconto e del saldo.
L’acconto va versato secondo le seguenti scadenze:
Entra il termine del 30 giugno dell’anno seguente a quello di riferimento bisogna invece corrispondere il saldo.
Advertisement - PubblicitàConcretamente ci sono delle attente valutazioni da fare per risalire alla reale convenienza della cedolare secca. A tal proposito, è innanzitutto fondamentale il calcolo dell’imposta: se maggiore dell’imposta sul reddito delle persone fisiche non è naturalmente vantaggioso optare per la tassazione della cedolare secca.
Dal punto di vista fiscale è poi essenziale considerare che i redditi da locazione con cedolare secca sono esclusi dai redditi complessivi e su di essi non è possibile far valere detrazioni e oneri deducibili.
La formula della cedolare secca è soprattutto vantaggiosa quando è applicabile la tassazione del 10%, in altre circostanze ci sono diverse valutazioni da fare, a cominciare dai redditi dei contribuenti. Al di sotto di un certo limite (8.125 €), non sono infatti dovute le imposte. Pertanto, in tali ipotesi, è opportuno valutare la possibilità di rimanere nel regime IRPEF.
Discorso simile per i contribuenti rientranti nella “no tax area” (redditi sino a 8.174 € l’anno), che non sono tenuti al pagamento delle imposte.
I soggetti con i redditi più alti hanno invece sicuramente l’interesse all’applicazione della cedolare secca per non superare uno scaglione IRPEF, possibile con il cumulo dei redditi da lavoro e i redditi fondiari.
In definitiva, il calcolo dell’imposta è fondamentale perché potrebbero risultare vantaggiose, rispetto alla cedolare secca, per effetto delle detrazioni e delle deduzioni, anche le aliquote IRPEF al 23% e al 43%. L’importante dunque, prima di qualunque decisione in merito alla scelta del regime di tassazione, valutare bene le situazioni soggettive.
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