Si sono concluse le ricerche dei dispersi in Albania dopo la scossa di terremoto di martedì 26 novembre. Il bilancio è di 49 morti, più di 790 feriti e oltre 2.500 sfollati. I Comuni più colpiti sono stati quelli della costa settentrionale ovest, in particolare Durazzo e Kodër Thurmanë. I danni al patrimonio edilizio sono devastanti.
Il peggio sembra passato, ma la terra ancora non smette di tremare. Nella notte tra giovedì 28 e venerdì 29 si è avvertita un’altra forte scossa, seppur di minore intensità, che ha fatto riemergere la paura. C’è chi parla di costruzioni realizzate con poca precauzione, i danni si potevano evitare?
Advertisement - PubblicitàAlbania, 26 novembre, ore 03:54 del mattino. Tutta la costa settentrionale del Paese avverte una forte scossa di terremoto di intensità 6.5 della scala Richter. È così potente che si sente anche nei Paesi vicini, soprattutto in Italia, e più precisamente in Puglia, Basilicata, Abruzzo e Campania.
L’epicentro del sisma è stato individuato tra Lalez, Kuraten e Shkafane, località della prefettura di Durazzo. Dopo la prima scossa, la più forte degli ultimi 40 anni per l’Albania, sono iniziate ore d’inferno. Si sono avvertite altre centinaia di scosse di assestamento (o repliche), alcune tra il 4° e il 5° grado, e altre maggiori del 5° grado. La più forte tra le repliche è avvenuta circa 3 ore dopo la scossa principale, e ha registrato un’intensità di 5.4 sulla scala Richter.
A Durazzo, due edifici e due hotel sono crollati al suolo. A Kodër Thurmanë sono andati distrutti quattro condomìni, tra cui uno di 5 piani.
Vigili del fuoco e volontari sono arrivati tempestivamente per spostare le macerie e trovare i dispersi, si lavora senza sosta da giorni ormai. Tantissimi Paesi si sono mobilitati per inviare uomini, risorse, aiuti finanziari, capi di vestiario e cibo. Nella notte tra giovedì e venerdì, i vigili del fuoco italiani hanno estratto dalle macerie i 4 cadaveri di una mamma e i suoi tre bimbi sul letto.
Advertisement - PubblicitàLe ricerche adesso sembrano essere terminate, e il bilancio delle vittime si è fermato a 49. Registrati inoltre più di 790 feriti, dei quali 700 sono ricoverati negli ospedali. Sono invece più di 2.500 le persone rimaste senza casa, che al momento si rifugiano nelle tendopoli dello stadio di Durazzo, o vengono ospitate negli hotel. Insomma, la situazione è a dir poco devastante. Ma c’è chi sostiene che i danni potevano essere molto minori.
Certo, non che ci sia alcun modo per fermare il terremoto, ma c’è qualcosa di strano per quanto riguarda le case crollate. Dopo che il grande caos delle ricerche si è fermato, gli esperti hanno iniziato ad analizzare gli aspetti tecnici e i requisiti antisismici degli immobili. Da lì è emerso che gli unici edifici rasi al suolo sono stati quelli costruiti più recentemente, mentre le case realizzate negli anni ’70-’80 hanno riportato al massimo qualche crepa, ma sono ancora in piedi e agibili.
I cittadini albanesi sostengono che durante l’epoca comunista esisteva un protocollo e delle regole ben precise per la costruzione degli edifici, come di norma dovrebbe essere dappertutto. Le prevenzioni erano accurate e tutti erano tenuti a rispettarle. Oggi sembra non essere più così. Operai e soccorritori affermano che la democrazia ha eliminato questo rigore, e adesso chi ha i soldi può fare quello che vuole, anche costruire case senza alcun permesso.
Jorgaq Stasi, ingegnere civile attivo sul luogo, spiega che la costa settentrionale dell’Albania è una zona pericolosa, spesso soggetta a terremoti di grande intensità. Afferma che gli edifici di 4 o 5 piani non si possono costruire in quell’area, ma visto che controlli e prevenzione sono assenti, c’è chi lo fa comunque senza curarsi dei pericoli.
Messaggi forti e spaventosi, che mostrano probabilmente qualche mancanza di troppo da parte di chi gestisce il governo. Le tragedie capitano, ma quando poi si scopre che qualcosa poteva andare diversamente, che potevano esserci meno morti e meno disastri, allora diventa un fallimento dello Stato.
Ciò che tutti sperano adesso è che d’ora in poi ci sia una maggiore attenzione alle emergenze climatiche e alle zone a rischio sismico. Per adesso l’Albania non può far altro che piangere le sue vittime. Tra loro c’è anche la fidanzata del figlio del Premier albanese Edi Rama, trovata morta con tutta la sua famiglia.
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