Il TAR del Lazio stabilisce che l’annullamento di permessi edilizi oltre i 12 mesi è illegittimo, enfatizzando l’equilibrio tra autotutela amministrativa e certezza giuridica nel rispetto delle normative.
In un contesto edilizio sempre più regolamentato, la questione dell’annullabilità del permesso di costruire a distanza di anni dalla sua emissione ha sollevato non poche controversie.
Recentemente, il caso di un annullamento avvenuto dopo più di due decenni ha sollevato interrogativi cruciali sul bilanciamento tra il ripristino della legalità e il rispetto dei termini di legge. La sentenza 378/2024 del Tar Lazio getta luce su questi aspetti, delineando i confini entro i quali l’autotutela amministrativa può esercitarsi.
Esploriamo quindi le implicazioni di tale sentenza, analizzando le motivazioni che stanno alla base delle decisioni e le loro conseguenze sul settore edilizio.
Sommario
La prassi amministrativa di annullare in autotutela titoli abilitativi, come il permesso di costruire, rappresenta una delle questioni più delicate nell’ambito dell’edilizia.
Tale possibilità, seppur prevista per garantire il rispetto della legalità e dell’interesse pubblico, solleva dubbi e perplessità quando viene esercitata a grande distanza di tempo dall’emissione dei titoli stessi.
La normativa vigente, in particolare l’articolo 21 novies della legge 241/1990, stabilisce che l’annullamento d’ufficio di un provvedimento amministrativo illegittimo può avvenire entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dall’adozione del provvedimento stesso, escludendo i casi di attribuzione di vantaggi economici.
Art. 21-novies
Annullamento d’ufficio“I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di ((dodici)) mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.”
Nonostante ciò, vi sono stati casi, come evidenziato dalla sentenza del Tar Lazio, in cui l’intervento della pubblica amministrazione è avvenuto ben oltre tale lasso di tempo, sollevando interrogativi sull’applicabilità e sull’interpretazione di tali norme.
Advertisement - PubblicitàLa questione giunta all’attenzione del TAR del Lazio riguardava l’annullamento, da parte di un comune, di permessi di costruire risalenti agli anni ’90 e ai primi anni 2000, in assenza di autorizzazione paesaggistica, un requisito essenziale imposto dall’art. 146 del D. Lgs. n. 42/2004.
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La decisione comunale, presa più di venti anni dopo l’emissione dei titoli abilitativi e motivata anche dalla presenza di difformità rispetto all’ultimo titolo edilizio, ha sollevato questioni sulla legittimità di tale intervento a distanza di tempo così significativa.
Il privato, contrariato dall’ordinanza, ha portato la questione dinanzi al TAR, sollevando dubbi non solo sulla mancata autorizzazione paesaggistica ma anche sull’eccessivo ritardo con cui è stato esercitato l’annullamento d’ufficio, in apparente violazione dei termini stabiliti dalla legge 241/1990.
Advertisement - PubblicitàIl ricorrente ha impugnato l’ordinanza comunale su vari fronti, sostenendo che l’assenza dell’autorizzazione paesaggistica avrebbe dovuto al più incidere sull’efficacia del titolo edilizio, non sulla sua validità.
Inoltre, ha evidenziato che l’annullamento del permesso di costruire era avvenuto oltre il termine di dodici mesi previsto dalla normativa, senza che l’amministrazione avesse fornito spiegazioni sulle ragioni di tale ritardo.
Il privato ha anche criticato l’assenza di una valutazione comparativa tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità e gli interessi dei privati coinvolti, sostenendo che, se l’obiettivo fosse stato veramente il ripristino della legalità, il Comune avrebbe dovuto considerare alternative all’annullamento, come la valutazione paesaggistica retroattiva dei permessi di costruire.
Il TAR del Lazio, nel suo intervento, ha accolto le argomentazioni del ricorrente, basandosi sulla normativa e sulla giurisprudenza relative ai termini per l’annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi. Ha evidenziato che l’annullamento dei titoli edilizi, intervenuto ben oltre il limite di dodici mesi e senza una motivazione adeguata sulle ragioni del ritardo, non rispettava i requisiti di legge.
Inoltre, il TAR ha sottolineato l’importanza di valutare l’interesse pubblico alla luce degli interessi dei privati coinvolti, indicando che la decisione del Comune di annullare i titoli senza esplorare altre vie di azione era illegittima.
Advertisement - PubblicitàLa sentenza del TAR del Lazio rappresenta un importante precedente nel delicato equilibrio tra il potere di autotutela della pubblica amministrazione e il diritto alla certezza giuridica dei privati cittadini. Questo caso evidenzia la necessità di un’esercitazione ponderata dell’autotutela, rispettosa dei termini di legge e attenta alla valutazione degli interessi coinvolti.
Il principio secondo cui l’annullamento d’ufficio deve avvenire entro un termine ragionevole, per non pregiudicare ingiustamente i diritti dei cittadini, acquista qui una conferma significativa. In futuro, questa sentenza potrebbe influenzare il modo in cui le amministrazioni locali gestiscono situazioni simili, spingendole verso un approccio più cautelativo e meno invasivo, in linea con i principi di buona amministrazione e rispetto dei diritti individuali.
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