Il reddito imputabile per i canoni di locazione non deriva dall’effettivo titolo reale di possesso dell’immobile. Difatti, se la percezione è differenziata, il reddito dev’essere attribuito a chi effettivamente percepisce il canone.
Il reddito imputabile per i canoni di locazione non deriva dall’effettivo titolo reale di possesso dell’immobile. Difatti, se la percezione è differenziata, il reddito dev’essere attribuito a chi effettivamente percepisce il canone.
Il reddito derivante dal contratto di locazione non è pertanto assimilabile a quello inteso come reddito fondiario, per il quale risultano rilevanti i valori registrati al Catasto, e non la ricchezza effettivamente prodotta.
Approfondiamo meglio di seguito.
Sommario
Il tema di oggi è stato affrontato di recente con la sentenza n. 1733 del 12 aprile 2022 dal CTR Lazio, che tratta il caso di una contribuente proprietaria al 50% di un immobile sito all’interno del Comune di Roma, che era stato concesso in locazione commerciale a favore di una Srl.
Al momento della presentazione del Modello Unico per la dichiarazione dei redditi relativa all’anno di riferimento, la donna aveva dichiarato un reddito di locazione di valore corrispondente al 50% del canone, calcolato autonomamente sulla base della sua quota di proprietà, seppure percepisse invece per intero il canone di locazione.
In seguito a ciò, l’Agenzia delle Entrate inviò alla contribuente un avviso di accertamento, richiedendo il pagamento dell’IRPEF sul valore dell’intero canone di locazione.
La donna decise a quel punto di presentare un ricorso al CTP di Roma, che viene però respinto in quanto la Commissione ritenne che il reddito di locazione debba essere obbligatoriamente dichiarato solo da chi effettivamente percepisce il canone.
Non contenta, la contribuente si rivolse allora al Collegio d’appello, sostenendo che la stessa Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 20/E del 4 giugno 2012 aveva spiegato che i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo sia dei soggetti che possiedono l’immobile in qualità di proprietari, sia di quelli che lo detengono in base ad un diritto reale di godimento, a prescindere da chi effettivamente percepisce tali redditi.
Sulla base di ciò, la donna sosteneva che tale disposizione dovesse essere applicata anche ai redditi derivanti da canoni di locazione.
Advertisement - PubblicitàEbbene, con la sentenza del 12 aprile 2022, il CTR Lazio ha definitivamente respinto le proteste dell’appellante, spiegando i motivi per i quali i redditi derivanti da contratto di locazione non seguono la suddetta regola, prevista per i redditi fondiari.
I giudici richiamano quanto stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 3085 del 17 febbraio 2016. Qui si ritenne che l’art. 26 del TUIR, che regolamenta la “imputazione dei redditi fondiari”, debba essere interpretata in riferimento all’articolo precedente, il n. 25.
L’art. 25 definisce come “redditi fondiari” quelli inerenti a fabbricati o terreni situati in territorio nazionale che sono iscritti al Catasto, o che sono in corso di iscrizione.
Seguendo questa linea, il CTR ritiene che i redditi fondiari debbano essere quantificati proprio sulla base delle informazioni trascritte nei registri catastali.
Pertanto, ne deriva da ciò che gli stessi redditi fondiari non devono essere calcolati in base alla ricchezza effettivamente prodotta dal bene, ma in base alla ricchezza che potenzialmente potrebbe derivarne, a seconda appunto dei valori presenti nelle risultanze catastali.
La Commissione precisa difatti che la locuzione presente nell’art. 26 che cita “indipendentemente dalla percezione”, si riferisce al criterio in base al quale i redditi fondiari concorrono alla formazione del reddito complessivo dei soggetti che li possiedono, indipendentemente dall’effettiva percezione degli stessi.
La locuzione non è riferita pertanto, come ritenuto dalla contribuente, all’individuazione dei soggetti ai quali devono essere imputati i redditi.
Advertisement - PubblicitàViene precisato in definitiva che i redditi derivanti da contratti da locazione non possono essere ritenuti come “redditi fondiari” e, perciò, non seguono le regole stabilite per i redditi fondiari.
Nella stessa sentenza del 2016 della Cassazione, il punto era già stato chiarito:
“Non vi è dubbio quindi che ai fini della disciplina del reddito derivante da contratto di locazione non possa essere applicata la regola che deriva dalla formula <<indipendentemente dalla percezione>>, che il legislatore ha inteso riservare (per le ragioni di cui già si è detto) a riguardo dei soli redditi fondiari.”
Al caso in questione, conclude il CTR Lazio, deve essere applicato quindi quanto stabilito dall’art. 1 del TUIR che, come regola generale prevede che debbano essere oggetto di imposta i “redditi in danaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6”.
Viene spiegato che in questi casi è “pacificamente ammissibile” un’autonoma imputazione del reddito di locazione (rispetto a quello che è il titolo di possesso) quando la percezione del canone risulta concretamente differenziata.
In sostanza, non è obbligatorio imputare al legittimo proprietario dell’immobile il reddito derivante dal canone di locazione, se si dimostra che egli non è il solo a percepirlo.
Nei casi in cui dunque il canone di locazione venga percepito da più soggetti locatari, il reddito va attribuito a chi effettivamente percepisce il canone di locazione, a prescindere da chi sia l’effettivo proprietario dell’immobile.
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