Una recente sentenza del Tribunale di Bari, la n. 4839/2024, ha riportato l’attenzione su un tema centrale nelle controversie condominiali: la gestione delle parti comuni di un edificio.

Il caso riguardava la disputa sull’uso esclusivo di un vano cisterna situato sotto un edificio condominiale a Bitonto, oggetto di lavori edilizi da parte di uno dei proprietari, che ne rivendicava la proprietà esclusiva. La decisione del tribunale ha riaffermato il principio della comunione pro indiviso delle parti comuni, condannando il proprietario alla rimozione delle modifiche e al ripristino dello stato originario.

Ma come si determina se un’area di un condominio appartiene a tutti o è di uso esclusivo? E quali sono le implicazioni legali di una modifica non autorizzata degli spazi comuni?

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Descrizione del caso

La controversia ha avuto origine in un edificio condominiale situato a Bitonto, composto da più unità immobiliari, ciascuna di proprietà di diversi condomini. Al di sotto dello stabile era presente un vano cisterna destinato originariamente alla raccolta dell’acqua piovana, una struttura storicamente utilizzata da tutti i residenti per attingere acqua tramite apposite botole di accesso presenti in vari punti dell’edificio, tra cui l’androne principale e alcuni locali al piano terra.

Uno dei proprietari di un’unità situata al piano terra ha eseguito interventi edilizi modificando in modo significativo la conformazione del vano cisterna.

In particolare, l’intervento ha comportato:

  • Realizzazione di un accesso esclusivo: L’apertura di un nuovo collegamento diretto al vano cisterna attraverso la creazione di una scala interna privata, rendendo l’accesso esclusivo dal proprio locale.
  • Chiusura delle botole comuni: Le aperture originarie che permettevano agli altri condomini di accedere alla cisterna sono state murate con mattoni e cemento, rendendo impossibile l’utilizzo collettivo dello spazio e delle risorse idriche conservate all’interno.
  • Interventi unilaterali: Le modifiche sono state eseguite senza alcun consenso assembleare o autorizzazione formale da parte degli altri comproprietari dello stabile, violando i principi di gestione condivisa degli spazi condominiali.

Gli altri condomini, ritenendo che la cisterna fosse una parte comune dell’edificio destinata al servizio di tutte le unità immobiliari, hanno avviato un’azione legale per chiedere il ripristino dello stato originario dei luoghi e l’eliminazione delle modifiche apportate.

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Le motivazioni della sentenza

Il Tribunale di Bari, con la sentenza n. 4839/2024, ha basato la propria decisione su principi fondamentali del diritto condominiale, facendo riferimento all’articolo 1117 del Codice Civile. Questa norma stabilisce che le parti di un edificio destinate all’uso comune, come cisterne e vani tecnici, devono essere considerate beni condominiali a meno che un titolo di proprietà non indichi esplicitamente il contrario.

Nel caso in esame, il giudice ha riconosciuto che il vano cisterna fosse una parte comune dello stabile, poiché originariamente destinato al servizio collettivo per la raccolta di acqua piovana. La presenza di diverse botole di accesso distribuite in vari punti dell’edificio ha evidenziato l’uso plurimo del bene, confermandone la natura collettiva.

Un elemento centrale della decisione è stata la presunzione di condominialità sancita dall’art. 1117 c.c., secondo cui le parti strutturalmente collegate al servizio dell’intero edificio sono da considerarsi comuni, a meno che non venga dimostrata una chiara volontà contraria nei titoli di acquisto.

Fondamentale per la decisione è stata la consulenza tecnica d’ufficio (CTU), che ha chiarito come la cisterna non fosse autonomamente accatastata e che le modifiche apportate, tra cui la chiusura delle botole e la creazione di un nuovo accesso esclusivo, fossero intervenute successivamente all’acquisto dell’immobile. Questo dettaglio ha escluso la possibilità che il proprietario avesse diritto a un uso esclusivo preesistente.

Inoltre, la parte convenuta non ha prodotto alcun documento probatorio che dimostrasse una titolarità esclusiva del vano cisterna o che le modifiche realizzate rispettassero i principi di condivisione condominiale.

In virtù di queste considerazioni, il Tribunale ha ritenuto che l’occupazione esclusiva della cisterna e le modifiche edilizie apportate fossero illegittime, riaffermando la comunione pro indiviso del bene.

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Decisione e conseguenze giuridiche

Alla luce delle motivazioni esposte, il Tribunale di Bari ha pronunciato una sentenza chiara e decisa a tutela dei diritti condominiali. È stato accertato che il vano cisterna sottostante l’edificio in questione fosse una parte comune e, di conseguenza, ne è stata dichiarata la proprietà pro indiviso a favore di tutti i condomini. La decisione ha sottolineato come la condotta del proprietario che aveva realizzato interventi edilizi non autorizzati, finalizzati all’uso esclusivo del bene, fosse in contrasto con le norme che regolano la comunione condominiale.

Il giudice ha quindi ordinato la riduzione in pristino dello stato dei luoghi, ovvero il ripristino delle condizioni originarie del vano cisterna, compresa la riapertura delle botole che consentivano l’accesso agli altri condomini. Tale provvedimento mira a garantire che il bene possa tornare ad essere utilizzato secondo la sua originaria destinazione di servizio comune per tutti i proprietari dell’edificio.

Oltre all’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi, il Tribunale ha condannato la parte soccombente al pagamento delle spese legali sostenute dagli attori, per un importo complessivo di 3.808 euro per compensi professionali, oltre a 221 euro per esborsi documentati.

Anche le spese per la consulenza tecnica d’ufficio (CTU), determinanti per l’accertamento della natura del bene, sono state poste a carico della parte che aveva effettuato le modifiche edilizie.