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CAM: ecco i criteri minimi che un progetto edilizio deve rispettare

I CAM (Criteri Ambientali Minimi) sono stati introdotti per la prima volta con la Legge n.221 del 28 dicembre 2015 e rappresentano i requisiti minimi che un progetto edilizio deve rispettare lungo tutto il ciclo di vita della struttura, al fine di mantenere un impatto ambientale “sopportabile” per il benessere del pianeta.

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I CAM (Criteri Ambientali Minimi) sono stati introdotti per la prima volta con la Legge n.221 del 28 dicembre 2015. Rappresentano i requisiti minimi che un progetto edilizio deve rispettare lungo tutto il ciclo di vita della struttura, al fine di mantenere un impatto ambientale “sopportabile” per il benessere del pianeta. Sono diventati obbligatori a seguito dell’aggiornamento del Codice Appalti, con il D.M. n.56 del 18 aprile 2017.

L’obbiettivo è quello di ridurre al minimo l’impatto ambientale che le stazioni appaltanti possono provocare all’ambiente, trasformandole addirittura in degli strumenti utili al fine di ridurre le emissioni di Co2. Tutto ciò avviene ovviamente promuovendo la costruzione di strutture ecosostenibili e rinnovabili, secondo i principi della bioedilizia.

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CAM: che cosa diventa obbligatorio

Ovviamente, tenendo conto delle tecnologie che ora abbiamo a disposizione e delle possibilità economiche del mercato, non risulta ancora possibile realizzare una struttura che abbia impatto 0 sull’ambiente. È possibile però ridurre le emissioni rispettando dei requisiti fattibili e fondamentali, che troviamo appunto con dei criteri minimi, i CAM.

Nel momento in cui quindi un progettista si trova a realizzare un nuovo progetto edilizio quindi, ha il dovere di garantire generalmente, finché possibile, i seguenti requisiti. Il recupero delle strutture già esistenti, il riutilizzo di aree non più utilizzate e la localizzazione delle nuove strutture in zone già urbanizzate.

Più nello specifico, i CAM che un progetto deve rispettare secondo la legge sono:

  • Favoreggiamento della penetrabilità del suolo;
  • Risparmio energetico e idrico;
  • Utilizzo di fonti rinnovabili;
  • Sistemazione delle aree verdi;
  • Inserimento della struttura a favore naturalistico;
  • Utilizzo, finché possibile, dell’illuminazione naturale;
  • Favoreggiamento dell’aumento del riciclo dei rifiuti;
  • Utilizzo di materie prime rinnovabili per la costruzione.
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Piano di manutenzione e Piano di fine vita

Oltre a questo, nel momento in cui il progettista conclude il suo progetto, egli deve compilare inoltre un Piano di manutenzione e un Piano di fine vita dell’opera.

Il Piano di manutenzione è volto a prevedere le prestazioni che la struttura sarà in grado di conservare nel tempo, a seconda del tipo di costruzione. Il tecnico dovrà stilare un documento dettagliato, che esprima i dati qualitativi e quantitativi che le possibilità della struttura potranno mantenere. Sempre in riferimento all’impatto ambientale. In più, dovrà stilare la verifica e il monitoraggio della qualità dell’aria all’interno della struttura.

Il Piano di fine vita invece servirà a prevedere gli interventi di demolizione e disassemblaggio dei singoli materiali utilizzati per la costruzione. Egli dovrà realizzare un piano di riciclaggio secondo dei componenti edilizi, secondo cui l’opera dovrà essere demolita quando sarà necessario. Per fare questo, egli dovrà compilare una lista che comprenda ogni singolo materiale che servirà a comporre l’edificio, con il relativo peso in base al peso totale della struttura.

Sul Piano di fine vita, i CAM prevedono di garantire che:

  • Almeno il 15% dei materiali utilizzati risultino recuperabili o riciclabili;
  • Il 70% minimo dei rifiuti edilizi non pericolosi che si otterranno dalla demolizione dovranno essere riciclabili;
  • Non ci si potrà servire in alcun modo di sostanze dannose per l’ambiente.


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TAGS: cam, codice appalti, Criteri Ambientali Minimi, impatto ambientale, legge 221

Autore: Redazione Online

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