Quando si parla di Superbonus 110% e di Bonus Casa, ormai il visto di conformità è uno tra i temi più discussi, in particolare ora per via delle nuove regole disposte dal Decreto Anti-Frode.
Quando si parla di Superbonus 110% e di Bonus Casa, ormai il visto di conformità è uno tra i temi più discussi, in particolare ora per via delle nuove regole disposte dal Decreto Anti-Frode.
Il DL Anti-frode è stato poi abrogato. Le misure che conteneva però sono state integrate al testo della Legge di Bilancio 2022, per cui sono senza dubbio in vigore, e sono da rispettare per tutte le spese agevolabili sostenute a partire dal 1° gennaio 2022.
Ma attenzione, perché ci sono ulteriori novità riguardo al visto di conformità da presentare per usufruire dei bonus casa tramite opzioni alternative, e stavolta riguardano i soggetti ammessi al rilascio del documento.
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Approfondiamo di seguito.
Sommario
Con la Risoluzione n. 10/E del 4 marzo 2022, il Fisco ha divulgato nuovi chiarimenti riguardo al visto di conformità in relazione all’usufrutto del Superbonus 110% e dei Bonus casa che ammettono la scelta delle opzioni alternative alla detrazione.
Stavolta il visto di conformità viene chiamato in causa al fine di approfondire quali sono i requisiti necessari per il rilascio della certificazione che, lo ricordiamo, è diventata obbligatoria per:
Tale Risoluzione è mirata a correggere quanto stabilito con la Risoluzione n. 23/E del 14 aprile 2016, che aveva come oggetto il rilascio del visto di conformità da parte di soci di StP (Società tra Professionisti) con l’utilizzo della Partita IVA della società.
Advertisement - PubblicitàIn quell’occasione, le società tra professionisti erano state assimilate alle società commerciali di servizi contabili, sebbene si chiariva che le StP acquisivano, rispetto alle società di servizi, un “senso di autorità” maggiore nell’abilitazione al rilascio del visto.
Ciò per via del fatto che la normativa che regolamenta le StP (Legge di Bilancio 2012) prevede che siano società composte prettamente da professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, mentre i soci non professionisti eventualmente si occupano solo di prestazioni tecniche e finalità di investimento.
A tal proposito però, nella Risoluzione del 2016 si chiariva che i soci professionisti delle StP (abilitate alla trasmissione della documentazione) possono procedere al rilascio del visto di conformità con la Partita IVA della società solo se il numero dei soci professionisti e la loro partecipazione al capitale sociale garantiscono “la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci”.
Il criterio appena citato è stato inserito per seguire proprio quanto stabilito dall’art. 10 comma 4 lettera b) della Legge di Bilancio 2012 che, nel definire i requisiti necessari per la costituzione di una StP, stabilisce che:
“In ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci; il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall’albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi”.
Advertisement - PubblicitàSuccessivamente all’entrata in vigore di quanto disposto con la Manovra 2012, diversi Consigli e/o Federazioni di Ordini professionali hanno sempre interpretato la normativa come se i due requisiti richiesti per la costituzione della StP (numero soci e partecipazione al capitale) dovessero essere intesi cumulativamente, “a prescindere da chi esercita l’effettivo controllo sulla società”.
Sull’argomento è intervenuta diversi anni dopo l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) con la segnalazione AS1589 del 12 giugno 2019, che ha ritenuto come tale interpretazione potesse essere “lesiva della libera concorrenza”.
Ha suggerito così che: “al fine di consentire ai professionisti di cogliere appieno le opportunità offerte dalla normativa in materia di STP e le relative spinte pro concorrenziali, vada privilegiata l’interpretazione della norma, secondo la quale i due requisiti della maggioranza dei due terzi “per teste” e “per quote di capitale” […] non vengano considerati cumulativi.”
Si chiarisce infatti che i due requisiti sopracitati per la costituzione della StP vengono richiesti al fine di limitare la capacità dei soci non professionisti, così che questi non possano interferire con le scelte strategiche e con lo svolgimento delle prestazioni professionali della società.
L’AGCM dichiara però che questo scopo può essere conseguito in maniera differente, ad esempio con l’applicazione di quanto prevede il Codice Civile per la costituzione delle società semplici. L’Autorità sostiene infatti che le StP, non essendo società autonome, hanno la possibilità di optare per una delle forme societarie concesse dal Codice Civile.
In particolare, è possibile per questo tipo di società costituire dei patti parasociali o delle clausole statutarie che garantiscano ai soci professionisti il controllo della società. Ciò anche nel caso in cui i soci professionisti non detengano i 2/3 del capitale sociale.
In sostanza, l’AGCM è intervenuta per segnalare il fatto che il requisito che richiedeva che il capitale sociale fosse per 2/3 in mano ai soci professionisti andava contro i principi di libera concorrenza. Ha così richiesto formalmente al Governo e al Parlamento che tale normativa fosse resa chiara una volta per tutte, così da garantire una sola interpretazione non dubitabile.
Advertisement - PubblicitàDopo circa 3 anni dal suo intervento, il Governo ha accolto la segnalazione dell’Autorità e, in attesa che la normativa venga formalmente modificata, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato appunto la Risoluzione del 4 marzo 2022.
Con la Risoluzione si chiarisce che l’interpretazione segnalata dall’AGCM deve essere ritenuta corretta, per cui i due requisiti richiesti per la costituzione della StP si devono considerare non cumulativi.
Non è necessario dunque che i soci professionisti detengano i 2/3 del capitale sociale.
Per questo motivo, viene specificato che saranno inseriti nell’elenco dei soggetti abilitati al rilascio del visto di conformità anche i soci professionisti di StP, anche se il capitale sociale detenuto dai soci professionisti dovesse essere inferiore a 2/3, a patto che:
Si chiarisce inoltre che, perché il visto sia ritenuto valido, ovviamente le StP dovranno risultare correttamente iscritte al registro delle imprese e all’ordine professionale di riferimento, nonché essere state validamente costituite.
Per conoscere chi sono gli altri professionisti abilitati al rilascio del visto di conformità, leggi: “Superbonus 110, Visto Conformità: chi può emetterlo, sanzioni”
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