Il Codice dei Beni Culturali impone l’obbligo di tutelare e valorizzare sia i beni culturali che quelli paesaggistici.
Dispone allo stesso modo molti divieti alla libertà comportamento che le persone possono avere nei confronti delle cose appartenenti al patrimonio culturale nazionale, così come limita la possibilità di realizzare degli interventi edilizi senza seguire precise procedure e ottenere specifiche autorizzazioni.
Approfondiamo di seguito.
Sommario
Al fine di preservare il più a lungo possibile i beni e i luoghi di interesse culturale presenti in territorio italiano, il Codice dei beni culturali stabilisce, innanzitutto, quanto segue:
“I beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione.”
A stabilirlo in particolare è il primo comma dell’art. 20. Al comma successivo si precisa, inoltre, che gli archivi pubblici e gli archivi privati – nel caso in cui abbiano ottenuto la dichiarazione di interesse culturale – non possono in alcun modo essere smembrati.
Advertisement - PubblicitàAnche in ambito edile, chiaramente, sono previsti determinati limiti che non possono essere superati quando si tratta di intervenire sui beni culturali, sui quelli paesaggistici o anche sull’area circostante, in quanto la stabilità o le opere di conservazione del bene potrebbero essere in qualche modo compromesse.
Viene disposto infatti che tutti gli interventi che si intendano realizzare su beni assoggettati alla tutela del codice, potranno essere conseguiti esclusivamente mediante il rilascio di un’apposita autorizzazione al Ministero dei beni culturali.
Nello specifico, risulta obbligatoria la richiesta di autorizzazione per i seguenti interventi:
Per tutti gli interventi che si intendano realizzare sui beni culturali o paesaggistici, che non siano elencati sopra, non si dovrà richiedere un’autorizzazione dal Ministero, ma al soprintendente dei beni culturali, ovvero agli organi periferici ministeriali.
Il rilascio dell’autorizzazione chiaramente non consisterà nel porre una semplice richiesta, ma dovrà comprendere un vero e proprio progetto edilizio esplicativo dei lavori che si andranno a fare.
Nel caso si trattasse di interventi di entità limitata, però, in determinati casi potrebbe bastare anche una descrizione tecnica dell’intervento.
Se i lavori non dovessero essere avviati entro 5 anni dalla data di rilascio dell’autorizzazione, il soprintendente avrà diritto ad imporre nuove prescrizioni, oppure ad integrare o variare quelle già date, a seconda dello sviluppo delle tecniche di conservazione.
Nel caso in cui gli interventi edilizi dovessero richiedere anche un titolo abilitativo per essere realizzati, il Codice dei Beni culturali dispone che sarà possibile – sempre se non si tratta di lavori di notevole entità – realizzarli anche depositando agli uffici comunali una semplice DIA (Denuncia di inizio Attività), con allegati il progetto e ovviamente l’autorizzazione.
Per gli interventi da realizzare nei beni culturali e paesaggistici, tuttavia, è fondamentale tenere conto anche della valutazione di impatto ambientale.
Nello specifico, l’art. 26 dispone che:
“Qualora prima dell’adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale risulti che il progetto non è in alcun modo compatibile con le esigenze di protezione dei beni culturali sui quali esso è destinato ad incidere, il Ministero si pronuncia negativamente e, in tal caso, il procedimento di valutazione di impatto ambientale si conclude negativamente.”
Se però si trattasse di interventi di assoluta urgenza, sarà possibile condurre i lavori provvisori indispensabili per evitare dei danni al bene tutelato, purché ne sia data immediata comunicazione alla soprintendenza.
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