Il Terzo condono edilizio fa parte di un gruppo composto da tre provvedimenti inseriti nel nostro ordinamento, di cui quello in questione è l’ultimo. I primi due sono del 1985 e del 1994 e il terzo è del 2003.
Il Terzo condono edilizio fa parte di un gruppo composto da tre provvedimenti inseriti nel nostro ordinamento, di cui quello in questione è l’ultimo. I primi due sono del 1985 e del 1994 e il terzo è del 2003.
L’articolo 32 comma 25 del DL 269/2003 prevede, nel dettaglio, che il nuovo condono possa essere sfruttato per le opere abusive che siano state completate entro il 31 marzo 2003.
Successivamente a questa data, non è più possibile effettuare una richiesta di sanatoria, per il momento. Per tutti coloro che invece ne hanno diritto, è importante considerare una serie di aspetti, prima di inoltrarsi in una causa legale.
Quali sono i limiti della legge relativa al Terzo condono?
Il tema è controverso, in quanto, come spesso accade, i particolari non sono sempre chiari a una prima lettura della legge. Inoltre, intervengono anche eventuali normative regionali che aggiungono elementi non previsti da quelle nazionali.
Sommario
Le aree sottoposte a vincolo non sono del tutto off limits per il Terzo condono, a patto che gli abusi edilizi possano essere definiti “formali”. La categoria comprende una serie di tipologie di illecito che vengono descritte nei numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1, del decreto legge numero 269/2003, le quali delimitano significativamente la possibilità di accedere alla sanatoria.
Consistono in:
Fuori da questo perimetro, non verrà riconosciuta la legittimità del condono. In particolare, ci sono numerose sentenze che danno ragione alle amministrazioni che hanno impedito demolizioni e ricostruzioni di edifici preesistenti, allo scopo di renderli residenziali, nelle aree sottoposte a tutela ambientale e paesaggistica, come i parchi e le aree protette nazionali, regionali e provinciali.
Inoltre, rispetto ai condoni precedenti, vi è un ulteriore restrizione in merito alle cubature condonabili, con un totale diniego per le nuove superfici e i nuovi volumi. Di conseguenza, anche nel caso in cui si tratti di abusi formali, è comunque presente uno sbarramento anche in questo senso.
Approfondisci: Il condono edilizio 2024: come funziona, novità e regolarizzazione degli abusi
Advertisement - PubblicitàLa normativa nazionale definisce quindi molto chiaramente quali sono gli abusi sanabili nell’ambito del Terzo condono, tuttavia è importante verificare che non siano intervenute leggi regionali che inseriscono altri elementi da tenere in considerazione.
Un esempio che ha fatto giurisprudenza è quello del Lazio, in cui il tema del contendere era la data dell’apposizione del vincolo paesaggistico.
La legge nazionale consente di sanare abusi edilizi che siano stati commessi prima dell’apposizione della tutela urbanistica: in questo caso, non esiste retroattività e non ci dovrebbero essere problemi ad accedere alla sanatoria. Invece, la regione Lazio, nel 2004, ha vagliato una norma decisamente più restrittiva, intervenendo laddove la norma nazionale era più elastica.
Si tratta della legge regionale della Regione Lazio numero 12 del 2004, in cui, all’articolo 3, comma 1, lettera B, prevede la non condonabilità delle opere abusive realizzate anche prima dell’apposizione del vincolo. In altre parole, se è vero che il Terzo condono risulta già piuttosto restrittivo in termini di applicabilità, la legge regionale non potrà essere in alcun modo elusa, perché interverrà negando la sanatoria, a prescindere dalle tempistiche.
Questo aspetto lo chiarisce la sentenza del 1° dicembre 2023, n. 18077 del Tar del Lazio, che doveva giudicare le legittimità di una contestazione che un’amministrazione aveva applicato su una richiesta di condono per demolizione e ricostruzione in un’area protetta.
È quindi importante, qualora si decidesse di accedere alla sanatoria, verificare che non ci siano leggi regionali che vanno a integrare, in senso più vincolante, ciò che la legge nazionale ha già espresso.
Advertisement - PubblicitàDi solito, quando si vuole accedere a una sanatoria, i periti di parte o l’amministrazione stessa, possono richiedere un parere di compatibilità all’Autorità preposta al vincolo, per stabilire se si tratti effettivamente di un illecito.
Tuttavia, il decreto legge 269 del 2003 stabilisce a priori che se l’abuso edilizio non rientra fra i c.d. abusi formali, ovvero le opere minori di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, tutte le demolizioni e le ricostruzioni abusive, gli ampliamenti di edifici e in generale le nuove strutture edificate in luoghi in cui il vincolo paesaggistico ne delimita la realizzazione, sono automaticamente da considerare non condonabili.
In questo caso specifico quindi, il Tar e il Consiglio di Stato sono intervenuti più volte, chiarendo che la richiesta di un parere di compatibilità paesaggistica risulta del tutto superfluo, in quanto la norma è già palese ex ante: non esistono i presupposti di legge per poter procedere alla sanatoria e l’intervento dell’Autorità è economicamente svantaggiosa, poiché del tutto inutile.
Si tratterebbe perciò di un aggravio procedimentale.
In conclusione, per accedere al Terzo condono, è necessario che ci siano i seguenti requisiti: gli abusi devono rientrare nelle opere minori stabilite dalla legge nazionale e non possono essere costituite dalla costruzione di nuovi fabbricati su terreno sottoposto a vincolo ed è importante considerare eventuali norme locali, solitamente regionali, che possono inasprire ciò che è già stabilito dalla legge nazionale. Infine, la richiesta di un parere paesaggistico per discutere sulla legittimità degli interventi è da considerarsi inutile, poiché la normativa non dà adito a fraintendimenti di sorta su ciò che è sanabile e ciò che non lo è.
Il nuovo Governo sta parlando di un nuovo condono edilizio, previsto per il biennio 2023-2024, ma è già chiaro, dalle prime notizie, che riguarderà solo specifici abusi relativi alle abitazioni e sempre di tipo formale.
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