La responsabilità del progettista, per i vizi o i difetti progettuali ed esecutivi di un immobile, sono da ricondursi, sebbene in via indiretta, all’articolo 1669 del Codice Civile che intitola: “Rovina e difetti di cose immobili“.
Da questo articolo e da tutte le successive sentenze che hanno definito la giurisprudenza nel campo dell’edilizia, emergono le differenti responsabilità ricadenti su tutte le figure che intervengono nella realizzazione del fabbricato, dal progettista al direttore dei lavori, dall’impresa esecutrice al committente.
Sommario
Il citato articolo 1669 del Codice Civile stabilisce che, nel caso un edificio presenti, entro dieci anni dalla sua realizzazione, dei vizi o dei difetti dovuti alla tipologia del suolo a all’errata costruzione, la cui gravità sia tale da determinarne la rovina o da comprometterne la funzionalità a causa del persistente rischio di crollo, l’impresa esecutrice è da ritenersi responsabile nei confronti del proprietario.
La condizione essenziale affinché tale responsabilità si concretizzi, consiste nella denuncia del vizio/difetto entro un anno dalla scoperta. Decorso tale termine, il proprietario vede prescrivere il proprio diritto al rimborso del danno.
La giurisprudenza, a seguito dei numerosi casi dibattuti in tribunale, ha approfondito e definito l’argomento, alleggerendo la posizione dell’esecutore materiale delle opere ed individuando responsabilità anche a carico di tutti gli attori che partecipano alla realizzazione dell’immobile.
L’esecuzione diretta dell’appaltatore, infatti, non sottrae alle proprie responsabilità le figure del tecnico, architetto o ingegnere, che cura la progettazione strutturale dell’opera, del direttore dei lavori, che ne dirige e controlla l’esecuzione, e addirittura del committente stesso, qualora intervenga nella costruzione dell’immobile con la propria gestione diretta, rendendo di fatto l’appaltatore un semplice esecutore materiale.
Advertisement - PubblicitàIn alcuni casi, la responsabilità dell’impresa esecutrice dell’opera che presenti difetti di costruzione, potrebbe non concretizzarsi e l’appaltatore essere escluso dal novero dei soggetti colpevoli dei danni cagionati.
Si tratta dei seguenti casi particolari:
In quest’ultima eventualità, che si verifica quando il committente interviene direttamente, fornendo il progetto e dirigendo i lavori, la responsabilità dell’appaltatore resta comunque, ma non è esclusiva, poiché il controllo diretto sulla costruzione è esercitato anche da un altro soggetto.
Chiaramente, all’impresa resta sempre il dovere di esercitare il controllo sui lavori, nonché la facoltà di valutarne in maniera critica e collaborativa il progetto. L’appaltatore, infatti, è corresponsabile dei vizi e dei gravi difetti successivamente intervenuti nell’immobile, sia quando, pur conoscendo l’errore progettuale, non lo ha denunciato, sia quando, per propria imperizia, non si è accorto di un’anomalia progettuale agevolmente riconoscibile.
Advertisement - PubblicitàIl Decreto Ministeriale n. 49 del 07.03.2018 definisce, da ultimo, le funzioni del Direttore dei Lavori in fase di esecuzione. A questa fondamentale figura spettano, sostanzialmente:
Sebbene la sua presenza quotidiana presso il cantiere non sia richiesta, il Direttore dei Lavori ha comunque l’obbligo di esercitare il suo regolare controllo sull’avanzamento dei lavori, accertando che questi si svolgano in conformità con il progetto e secondo le regole di una corretta esecuzione (la cosiddetta regola d’arte).
Da quest’ultimo obbligo deriva che, nel caso in cui il vizio derivi da un errore progettuale, il Direttore dei Lavori non possa essere ritenuto corresponsabile, insieme al progettista, a meno che il committente non gli abbia specificatamente richiesto di verificare anche la correttezza e la validità del progetto.
Diverso è il caso di un vizio derivante dalla cattiva esecuzione dell’opera, dove emerge la responsabilità del Direttore dei Lavori, in uno con l’appaltatore, per non aver effettuato i dovuti controlli sui materiali e sull’applicazione delle buone tecniche in fase di costruzione.
Advertisement - PubblicitàQuando i vizi o i difetti dell’opera derivano da errori progettuali, giudicati riconoscibili in base al citato concetto dell’ordinaria diligenza, emergono le corresponsabilità di progettista ed impresa esecutrice nei confronti del committente.
La particolare forma di responsabilità che grava sul progettista è definita extracontrattuale, poiché non dipende dalla diretta violazione dei vincoli imposti con il contratto, bensì da conseguenze indirette di una prestazione che, sostanzialmente, non ha determinato alcuna inadempienza agli obblighi assunti dal progettista.
L’applicazione rigorosa dell’articolo 1669 del Codice Civile, inoltre, è dovuta alla ratio della norma, tesa ad individuare la responsabilità extracontrattuale soprattutto in funzione della tutela della pubblica e privata incolumità.
La sentenza della Corte di Cassazione emessa nel novembre dello scorso anno, ribadisce che se i gravi difetti che si manifestano nell’opera sono imputabili ad errori di progettazione, il tecnico progettista è chiamato a rispondere dei danni cagionati, insieme al costruttore, sebbene i contratti che hanno legato le due figure al committente siano di natura diversa.
Progettista e costruttore, infatti, si rendono entrambi colpevoli, sebbene con modalità differenti, dello stesso illecito extracontrattuale.
Advertisement - PubblicitàLe molteplici sentenze che, nel tempo, sono servite a dirimere le controversie intercorse tra le diverse figure che concorrono alla costruzione di un’opera, hanno anche contribuito ad affinare, ampliandolo, il concetto espresso dall’art. 1669 del Codice Civile.
La giurisprudenza, ormai consolidata, propone un’ampia casistica di malaugurate circostanze che possono essere ricondotte alla responsabilità professionale del progettista. Tra i vizi gravi, infatti, non rientrano solo quelli in grado di causare, o di palesare il rischio imminente, della rovina dell’immobile, ma anche quelli che ne limitano fortemente il legittimo godimento da parte dei proprietari.
Esempio emblematico riguarda un’abitazione realizzata in un sito frequentemente oggetto di allagamenti ed alluvioni, i cui piani interrati, spesso, si presentano impraticabili poiché colmi d’acqua.
La Cassazione, in risposta all’istanza di risarcimento operata dal proprietario dell’immobile parzialmente inutilizzabile, con sentenza n. 26552/2017 ha riconosciuto la responsabilità del progettista il quale, incautamente, ha progettato l’opera senza effettuare studi approfonditi sul suolo che l’avrebbe ospitata e, ancora peggio, senza prevedere l’innalzamento del suolo rispetto al piano di campagna, affinché le acque meteoriche potessero defluire altrove.
In questo caso emerge la corresponsabilità di costruttore e progettista, poiché entrambi hanno violato l’obbligo dell’adozione delle buone tecniche e della diligenza professionale.
Una diversa sentenza della Corte di Cassazione, la 10048/2017, ha fatto valere il principio secondo cui anche le fessure nell’intonaco, sebbene dotate di sola valenza estetica e non in grado di incidere sugli elementi strutturali, sono da considerarsi vizi gravi.
Accanto alle crepe, anche la cattiva realizzazione di infissi, impermeabilizzazioni e rivestimenti assume lo status di vizio grave, qualora vada a compromettere la regolare fruibilità dell’opera.
Advertisement - PubblicitàIl Decreto Legislativo n. 80/2008, Testo Unico per la sicurezza sui luoghi di lavoro e la tutela dei lavoratori, stabilisce che il soggetto che rivesta il ruolo di garante per la sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro, ha l’obbligo di attuare le misure di prevenzione dai rischi indicate dal Decreto stesso.
Il progettista, in particolare, ha il dovere di svolgere le proprie scelte, tecniche e progettuali, solo dopo aver compiuto un’attenta analisi dei rischi derivanti dalle apparecchiature e dagli impianti presenti in sito, considerati singolarmente e tra loro interrelati, nonché dai luoghi in cui tali elementi devono essere collocati.
L’esatta definizione degli obblighi e delle responsabilità del progettista, in materia di sicurezza, sono riportati negli articoli 80 e 81 del Decreto.
L’articolo 80 è finalizzato alla tutela dei lavoratori dal rischio elettrico e il progettista ha l’obbligo di eseguire l’attività di progettazione nella stretta osservanza dei principi universali di prevenzione, anche per quanto riguarda i pericoli di natura elettrica scaturenti dai motivi seguenti: contatti elettrici, sia diretti che indiretti; innesco e diffusione di incendi e di scottature derivanti da sovratemperature critiche, radiazioni ed archi elettrici; innesco di esplosioni; fulminazione, sia diretta che indiretta; sovratensioni.
L’articolo 81, di contro, statuisce che tutti i macchinari, le apparecchiature, le installazioni ed i materiali, nonché gli impianti elettrici ed elettronici, devono essere elaborati e realizzati a perfetta regola d’arte. La stessa prescrizione è imposta dall’art. 5 del D.M. 37/2008.
La definizione di “regola d’arte” sviluppata dalla giurisprudenza, cui debbono obbligatoriamente uniformarsi i progettisti, ma anche i costruttori e gli impiantisti, prevede l’osservanza rigorosa di tutte le prescrizioni contenute nel Testo Unico per la sicurezza sui luoghi di lavoro, nel D.M. n. 37 del 2008 o in altre fonti, sia legislative che regolamentari, oltre alle norme comportamentali comunemente richieste dalla perizia e dalla prudenza.
Un ultimo accenno deve essere fatto al già citato Decreto Ministeriale n. 37 del 2008, il quale prevede che il progettista di un impianto installato all’interno di un fabbricato, oltre ad eseguire l’opera in conformità al predetto concetto di regola d’arte, debba anche redigere uno specifico elaborato di progetto costituito da una relazione tecnica, i cui contenuti sono disciplinati dal medesimo decreto.
La relazione, oltre che illustrare il tipo e la localizzazione dell’installazione e delle sue singole componenti, nonché di eventuali ampliamenti o modifiche agli impianti, deve anche indicare le misure di prevenzione che occorre adottare nei luoghi a rischio, soprattutto in relazione ad eventuali detonazioni o incendi.
Advertisement - PubblicitàLa responsabilità professionale del tecnico progettista di un’opera edile, come appurato finora, subentra ogniqualvolta il vizio dipenda direttamente da un errore di progettazione. In ogni caso la responsabilità non può considerarsi esclusiva ma sempre in solido con l’impresa esecutrice.
La Corte di Cassazione, infatti, con sentenza 16323, ha ribadito che la “colpa” del tecnico non può essere superiore a quella dell’appaltatore, cui compete la contestazione dell’errore progettuale rinvenuto nel corso della costruzione dell’opera.
Ne consegue che al progettista possono essere addebitati esclusivamente i costi relativi agli errori compiuti nella fase di progettazione, mentre il risarcimento dei danni relativi alla fase di costruzione dell’edificio spetta all’appaltatore.
Analogo discorso nel caso di inadempienza agli obblighi relativi alla sicurezza sui luoghi di lavoro, dove la responsabilità del committente persiste, poiché il suo obbligo di controllare il corretto adempimento alle norme non viene meno con la nomina del responsabile per la sicurezza.
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