La Corte d’Appello chiarisce responsabilità e limiti nell’uso di parti comuni condominiali, evidenziando doveri del comodante e criteri per ottenere il risarcimento.
Quando si parla di aree comuni nei condomini, come porticati, cortili o androni, uno degli interrogativi più ricorrenti riguarda l’uso esclusivo da parte di alcuni condomini: fino a che punto è lecito? E cosa accade se quell’uso impedisce agli altri il godimento dello stesso spazio?
Queste domande sono al centro di una recente sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila, che ha fatto chiarezza su una situazione particolarmente complessa: un locale commerciale adibito a bar aveva occupato un porticato condominiale con arredi da esterno e chiusure in PVC, senza autorizzazione condominiale. I condomini hanno agito in giudizio, ottenendo in primo grado la condanna alla rimozione delle opere.
Ma non è finita lì. In appello, la vicenda si è arricchita di nuove sfumature: la Corte ha affrontato anche il tema della responsabilità del comodante e dei limiti al risarcimento danni per l’occupazione abusiva.
Quali sono gli obblighi dei proprietari quando cedono in uso un immobile? E quando è possibile davvero agire per ottenere un risarcimento del danno in un condominio?
Scopriamolo insieme nei prossimi paragrafi.
Sommario
Tutto nasce da un conflitto all’interno di un condominio, dove il locale al piano terra, adibito ad attività di bar, aveva occupato il porticato comune con tavoli, sedie, divanetti e tende in PVC, chiudendo di fatto l’accesso e il passaggio nell’area condivisa. L’installazione era stata effettuata senza un’approvazione formale da parte dell’assemblea condominiale, o comunque oltre i limiti di una precedente autorizzazione che riguardava solo la posa di una pedana per livellare il piano del portico.
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I condomini, ritenendo che tale occupazione impedisse il libero godimento della parte comune, hanno agito in giudizio per ottenere la rimozione delle opere, il ripristino dello status quo ante e il risarcimento dei danni. I
n primo grado, il Tribunale ha dato loro ragione: ha riconosciuto l’illegittimità dell’occupazione in violazione dell’art. 1102 del Codice Civile, che disciplina l’uso delle parti comuni nei condomini, e ha ordinato la rimozione delle opere abusive, fatta eccezione per la pedana precedentemente autorizzata.
Articolo n° 1102 Codice Civile
Uso della cosa comune
Ciascun partecipante puo’ servirsi della cosa comune, purche’ non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine puo’ apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Il partecipante non puo’ estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.
Tuttavia, il giudice ha respinto la richiesta di risarcimento danni, ritenendo le prove presentate insufficienti, e ha compensato parzialmente le spese di giudizio.
Advertisement - PubblicitàUno degli aspetti più interessanti della sentenza n°262/2025 della Corte d’Appello dei L’Aquila riguarda la posizione del proprietario dell’immobile, che aveva concesso in comodato gratuito il locale commerciale alla società che gestiva il bar.
La difesa dell’uomo si era fondata su un principio apparentemente logico: non avendo realizzato lui le opere abusive e non essendo coinvolto nella gestione del bar, non avrebbe dovuto rispondere delle violazioni commesse sul porticato.
La Corte, però, ha seguito un altro ragionamento.
Ha stabilito che il proprietario – anche se comodante e quindi non economicamente coinvolto – è comunque responsabile nei confronti del condominio per le violazioni compiute dal soggetto a cui ha concesso l’uso dell’immobile. Questo perché, come già riconosciuto dalla giurisprudenza della Cassazione, il regolamento condominiale vincola ogni proprietario a garantire che le persone alle quali affida l’unità immobiliare rispettino le regole comuni.
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In altre parole, concedere un immobile in uso gratuito non libera il proprietario dagli obblighi verso il condominio: egli è tenuto a vigilare sul comportamento del comodatario e, se necessario, ad agire per far cessare eventuali abusi, fino alla risoluzione del contratto. La Corte ha così esteso al comodato i principi già consolidati in ambito locatizio, confermando la responsabilità del comodante per gli abusi commessi nelle parti comuni.
Advertisement - PubblicitàUno degli aspetti più dibattuti nella causa era la richiesta di risarcimento avanzata dai condomini per il presunto danno derivante dall’occupazione abusiva del porticato. Secondo i ricorrenti, il semplice fatto di non poter utilizzare una parte comune del condominio costituiva di per sé un danno, e dunque andava risarcito, anche in via equitativa.
Ma la Corte d’Appello ha seguito un orientamento diverso, in linea con quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 33645/2022. In particolare, ha ribadito che il danno non può mai considerarsi “in re ipsa”, cioè automatico e presunto.
Il danneggiato ha l’onere di allegare e dimostrare concretamente il danno subito, anche mediante presunzioni semplici.
Nel caso in esame, i condomini si erano limitati ad affermare l’esistenza di un danno economico per la perdita di godimento dell’area, ma senza indicare quale utilità specifica fosse stata compromessa, né in che modo tale pregiudizio si fosse tradotto in una perdita patrimoniale effettiva. Inoltre, la Corte ha sottolineato che, per ricorrere a una liquidazione equitativa, è comunque necessario dimostrare l’impossibilità di determinare il danno con precisione, cosa che in questo caso non è avvenuta.
Quanto alle spese sostenute per il tentativo di mediazione obbligatoria, la domanda è stata respinta perché – pur avendo dimostrato l’avvenuto svolgimento della procedura – i ricorrenti non hanno fornito prova del pagamento delle relative spese.