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Prima Casa: sì alla vendita prima di 5 anni in caso di “crisi coniugale”

Il Bonus Prima Casa, come sappiamo, concede l’acquisto di un immobile residenziale (non di lusso), con notevoli riduzioni delle imposte, a patto che l’immobile sia adibito a Prima Casa.

Prima Casa: sì alla vendita prima di 5 anni in caso di “crisi coniugale”Prima Casa: sì alla vendita prima di 5 anni in caso di “crisi coniugale”
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Il Bonus Prima Casa, come sappiamo, concede l’acquisto di un immobile residenziale (non di lusso), con notevoli riduzioni delle imposte, a patto che l’immobile sia adibito a Prima Casa.

Come sappiamo, l’incentivo comprende una clausola che impedisce la vendita del suddetto immobile prima che siano trascorsi 5 anni dall’acquisto, pena la decadenza del beneficio, con la restituzione delle imposte dovute, il pagamento dei relativi interessi e anche di una sanzione amministrativa. Per approfondire, leggi: “Acquisto Prima Casa senza imposte under 36: tutto quello che devi sapere

Tale clausola è tutt’oggi valida ma, con la Legge di Bilancio 2016, è diventato possibile vendere la prima casa acquistata con il bonus prima dei 5 anni a patto che, entro 1 anno dalla vendita, si provveda ad acquistare un nuovo immobile da adibire a prima abitazione, sempre beneficiando del Bonus Prima Casa.

Con una recente risposta ad interpello dell’Agenzia delle Entrate però, ci viene mostrato un caso piuttosto interessante, che in realtà non è nuovo, nel quale si decreta la possibilità di vendere l’immobile prima dei 5 anni in caso di crisi coniugale con separazione.

Approfondiamo di seguito.

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Prima Casa: atto di vendita prima dell’udienza di separazione

Nella risposta ad interpello n. 651 del 1° ottobre 2021, l’istante è un soggetto che, dopo aver contratto matrimonio nel 2019, ha acquistato con il coniuge un’abitazione da adibire a prima casa familiare, con quote pari al 50% per parte.

Per l’acquisto dell’immobile i coniugi hanno usufruito delle riduzioni d’imposta concesse dal Bonus Prima Casa, ma poi hanno deciso di separarsi, depositando ricorso per la separazione consensuale presso il Tribunale in data 7 aprile 2021, con udienza fissata dopo maggio 2021.

Nello stesso periodo di tempo, dichiara l’istante, i due coniugi hanno messo in vendita l’immobile acquistato con il Bonus Prima Casa, in quanto l’acquisto era avvenuto: “soltanto ed esclusivamente per costituire la casa coniugale, non più necessaria”.

L’istante fa sapere che, avendo trovato in tempi brevi un acquirente, si è già provveduto subito a fissare la data del rogito di compravendita, per il 5 maggio 2021.

La stipula del contratto di vendita è avvenuta quindi dopo il ricorso di separazione, ma prima che si tenesse l’udienza ufficiale.

A tal proposito, l’istante fa riferimento ai chiarimenti forniti con la Risoluzione n. 80/E del 9 settembre 2019, per chiedere se quanto definito allora possa essere valido anche nel caso in cui l’udienza per ufficializzare la separazione non sia ancora avvenuta al momento della vendita dell’immobile.

Ciò posto, egli fa presente che al ricorso per la separazione gli è stato richiesto di applicare la citata Risoluzione, al fine di non perdere il diritto di beneficio del Bonus Prima Casa.

Spieghiamo tutto di seguito andando per gradi.

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Separazione consensuale: è possibile vendere prima di 5 anni

Nella Risoluzione n. 80/E si disponeva la “non decadenza dall’agevolazione ‘prima casa’ nelle ipotesi di cessione dell’abitazione entro i cinque anni all’acquisto, in virtù di clausole contenute nell’accordo di separazione omologato dal giudice”.

Esiste quindi una clausola che concede di vendere il primo immobile acquistato con il Bonus Prima Casa prima che siano trascorsi 5 anni dalla compravendita, nel caso in cui tale opzione sia applicata all’accordo di separazione tra coniugi formalizzato dal giudice.

Questa clausola è regolamentata dall’art 19 della Legge n. 74 del 6 marzo 1987, secondo cui:

Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.

In poche parole, è prevista un’esenzione dalle imposte di bollo, di registro e da ogni altra tassa per tutti i provvedimenti applicati all’atto di separazione o di divorzio.

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Atti relativi alla cessazione del matrimonio: cosa significa

Solo recentemente, con l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 22023 del 21 settembre 2017 è stato chiarito che la normativa, con “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio” vuole intendere:

Atti e convenzioni che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione o divorzio, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni immobili all’uno o all’altro coniuge”.

Questo al fine di “favorire e promuovere, nel più breve tempo, una soluzione idonea a garantire l’adempimento delle obbligazioni che gravano sui coniugi”, e per far sì che la separazione, almeno per quanto riguarda la divisione del patrimonio coniugale, si risolva nella maniera più pacifica possibile.

Applicando tale normativa all’agevolazione per l’acquisto della Prima Casa, possiamo dire che la vendita dell’immobile entro 5 anni dall’acquisto è concessa, solo se la scelta di vendere è giustificata da un accordo di separazione o divorzio ufficializzato da un giudice. E, dunque, se è finalizzata a risolvere una crisi coniugale.

Leggi anche: “Contratto Mutuo Consenso: il Bonus Prima Casa si annulla?

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Normativa dubbia, l’atto dev’essere segnalato alle Entrate

Tornando al caso di oggi, i due coniugi hanno depositato ricorso di separazione consensuale presso il Tribunale in data 7 aprile 2021, e intendono formalizzare la vendita dell’immobile in data 5 maggio 2021, prima che si tenga l’udienza ufficiale che omologhi la separazione.

A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate fa presente che il deposito del ricorso di separazione consensuale presso il Tribunale è un atto finalizzato ad avviare il procedimento di separazione.

Secondo il parere del Fisco quindi, nel momento in cui è stato firmato l’atto di vendita dell’immobile a maggio 2021, il procedimento di separazione poteva ritenersi già avviato, e quindi correttamente applicato al “procedimento di scioglimento del matrimonio”.

Oltretutto, l’avvio del procedimento è dimostrato anche dal fatto che i coniugi, al momento della firma del rogito notarile, avevano già ricevuto la notifica della data di comparizione davanti al giudice.

Si fa presente però che tale parere non è inconfutabile, in quanto le normative espresse non sono chiare a riguardo. Pertanto, è possibile che in seguito i due soggetti possano andare incontro alla decadenza del Bonus Prima Casa.

Al fine di evitare che ciò accada, è necessario che il Tribunale emani l’atto di omologazione dell’accordo di separazione consensuale.

Tale atto, dopo emanazione del decreto da parte del Tribunale, dovrà essere trasmesso, a cura del soggetto istante, all’ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate.

Al suo interno, si dovrà espressamente specificare che “l’accordo patrimoniale (relativo alla vendita della casa coniugale) sia elemento funzionale ai fini della risoluzione della crisi coniugale”.

Leggi anche: “Bonus Prima Casa, secondo immobile: acquisto senza vendita è possibile?



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TAGS: acquisto casa, bonus, bonus prima casa, coniuge, crisi coniugale, immobile, matrimonio, prima casa, separazione

Autore: Redazione Online

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