La modifica della destinazione d’uso delle parti comuni può essere approvata dall’assemblea coi quattro quinti dei partecipanti e i quattro quinti del valore dell’edificio.
È possibile poi, in alcuni casi, richiedere la cessazione delle opere di modifica delle destinazioni d’uso, se c’è il rischio che possano comportare danni in riferimento all’immobile o all’utilizzo dei suoi servizi.
Vediamo come si procede alla modifica delle destinazioni d’uso delle parti comuni in condominio.
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Sommario
L’art. 1117-ter del Codice Civile regolamenta appunto la possibilità di procedere con la modifica della destinazione d’uso delle parti comuni in condominio.
Nello specifico, viene stabilito che i condòmini possano deliberare in sede di assemblea la modifica di destinazioni d’uso delle parti comuni, sebbene sarà necessaria l’approvazione di una maggioranza che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio.
Le modificazioni possono essere conseguite, si specifica, esclusivamente per soddisfare esigenze di carattere condominiale che vadano, appunto, a favore dell’intero condominio. Per questo motivo, non sarà possibile procedere con le modifiche alla destinazione d’uso, se queste:
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Advertisement - PubblicitàIn tutti gli altri casi non vietati quindi, se la maggioranza dei condòmini è d’accordo, è possibile procedere con la modifica della destinazione d’uso delle parti comuni in condominio.
La normativa impone, a questo proposito, numerosi criteri da soddisfare affinché la convocazione dell’assemblea possa essere nota a tutti e sia comunicata per tempo.
In particolare:
Si tratta di criteri fondamentali per fare in modo che la delibera che sarà approvata possa essere valida. Qualora uno di questi elementi non fosse stato rispettato, le deliberazioni si considerano nulle.
Tra l’altro, la stessa deliberazione che l’assemblea andrà ad approvare, dovrà contenere l’indicazione espressa che attesti che i criteri riguardanti la convocazione dell’assemblea siano stati soddisfatti.
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Advertisement - PubblicitàTornando ai casi per i quali la modifica delle destinazioni d’uso potrebbe danneggiare il fabbricato o il decoro architettonico condominiale, il Codice Civile prevede anche diverse tutele in tal senso.
L’art. 1117-quater dispone infatti che, nel caso in cui le opere di modifica delle destinazioni d’uso dovessero incidere in maniera sostanziale e negativa sul fabbricato o sull’utilizzo delle parti comuni, sia l’amministratore che un qualsiasi condòmino possono agire per far cessare il costruttore.
Possono infatti diffidare l’esecutore, ma dovranno procedere alla convocazione dell’assemblea per imporre allo stesso di cessare le proprie azioni. L’assemblea dovrà votare la delibera, che per essere approvata necessiterà di un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Per far cessare la violazione, comunque, si potrà procedere anche mediante azioni giudiziarie.
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Advertisement - PubblicitàI diritti che ogni condòmino possiede sulle parti comuni dell’edificio sono direttamente proporzionali al valore dell’unità immobiliare di cui è proprietario, o che detiene in base ad un diritto di godimento o un contratto di locazione o comodato d’uso.
Di base, per determinare il valore delle singole unità, si predispongono le tabelle millesimali, che una volta compilate andranno allegate obbligatoriamente al regolamento del condominio. Il regolamento condominiale potrà prevedere comunque dei metodi differenti per determinare il valore delle unità immobiliari.
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Sta di fatto, comunque, che nessun condomino può rinunciare al proprio diritto sulle parti comuni del condominio. Non è possibile allo stesso modo evitare di contribuire alle spese condominiali ripartite tra tutti, a meno che non si tratti di servizi o elementi che si sceglie di non utilizzare, o a meno che non sia disposto diversamente da leggi speciali (approfondisci qui).
L’art. 1118 cc specifica inoltre, a proposito della modifica delle destinazioni d’uso, che un soggetto non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese necessarie a conservare le parti comuni dell’edificio, neanche provvedendo alla modifica della destinazione d’uso della propria unità.
Non è possibile, tra l’altro, scegliere di non pagare le spese di conservazione e di messa a norma dell’impianto di riscaldamento centralizzato, neanche se le singole unità hanno scelto di distaccarsi ed installare un impianto autonomo.
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