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Impianti rinnovabili autonomi: installabili su parti comuni, anche con modifiche

Gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili non centralizzati, e che quindi servono autonomamente le singole unità del condominio, devono sempre poter essere installati sulle parti comuni dell’edificio.

Impianti rinnovabili autonomi: installabili su parti comuni, anche con modificheImpianti rinnovabili autonomi: installabili su parti comuni, anche con modifiche
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Gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili non centralizzati, e che quindi servono autonomamente le singole unità del condominio, devono sempre poter essere installati sulle parti comuni dell’edificio.

Nonostante sia possibile dunque che questi debbano servire anche una sola abitazione, dovranno poter essere posizionati in ogni area idonea delle parti comuni.

Approfondiamo di seguito.

Leggi anche: “Impianti rinnovabili uso domestico: nessuna documentazione richiesta

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Impianti rinnovabili su parti comuni: come funziona?

Il Codice Civile disciplina tutte le disposizioni normative da seguire per quanto riguarda la convivenza in condominio e l’impiego condiviso delle parti comuni dell’edificio.

L’art. 1117 stabilisce a riguardo che le parti comuni dell’edificio debbano considerarsi, appunto, come delle proprietà in condivisione tra le varie unità che abitano in condominio.

Si specifica tra l’altro che questo vale anche per i soggetti che detengono l’unità immobiliare solo temporaneamente, sulla base di un diritto reale di godimento periodico o di un contratto di locazione o comodato d’uso.

In particolare, in riferimento a tutto il periodo di tempo in cui si ha diritto a disporre dell’abitazione, si avrà automaticamente il diritto di utilizzare anche le parti comuni, a meno che dal titolo non risultino divieti in tal senso.

Le parti comuni di un condominio, nello specifico, sono le seguenti:

  1. Tutte le parti destinate all’uso comune, come:
    • Suolo, fondazioni, muri maestri, pilastri, travi portanti, tetti e lastrici solari;
    • Scale, portoni d’ingresso, corridoi, portici, i cortili e facciate.
  1. Aree dedicate ai servizi in comune, come:
    • Aree adibite a parcheggi;
    • Portineria e alloggio del portiere;
    • Locali adibiti a lavanderia e stenditoi;
    • Sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune.
  1. Tutte le opere, installazioni, innovazioni e manufatti di qualunque genere, che siano destinati all’impiego comune, come:
    • Ascensori;
    • Pozzi, cisterne, impianti idrici e fognari;
    • Sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per gas, energia elettrica, riscaldamento e condizionamento dell’aria;
    • Impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale o, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza.
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Proprietà delle parti comuni: cosa prevede il Codice Civile?

Il diritto a poter utilizzare le parti comuni di un edificio si costituisce in automatico nel momento in cui un soggetto diventa proprietario di un’abitazione ubicata nell’edificio, o ne acquisisce il diritto di abitarci.

La proprietà condivisa delle parti comuni si estenderà esclusivamente alle aree che rimangono a disposizione di tutti, mentre non potrà avere effetto sulle aree che, pur rientrando nel concetto di “parti comuni”, risultano essere invece di proprietà esclusiva di uno o più condomini. Si pensi, ad esempio, ai casi in cui il lastrico solare è ad uso esclusivo del soggetto che abita all’ultimo piano dell’edificio (approfondisci qui).

Il diritto di utilizzo delle parti comuni per ciascun condomino è direttamente proporzionale al valore dell’unità immobiliare di cui ha la proprietà o la disponibilità. Con tale diritto, tuttavia, nascerà anche in automatico il dovere di contribuire alla manutenzione e preservazione delle aree condivise dell’edificio, e alle spese necessarie per installare nuove opere o impianti destinati all’uso comune.

Non è possibile per un condomino rinunciare ai propri diritti sulle parti comuni, né ai doveri che ne conseguono, a meno che non si tratti di un’opera suscettibile di utilizzazione separata – come ad esempio l’ascensore (approfondisci qui) – oppure di un’area a cui solo una parte dei condomini hanno accesso.

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Impianti rinnovabili autonomi: sì a installazione e modifica parti comuni

Come abbiamo visto sopra, gli impianti rinnovabili centralizzati fanno parte dei sistemi di distribuzione e di trasmissione per l’energia elettrica destinati all’uso comune e, pertanto, sono da considerarsi a proprietà condivisa tra tutti i condòmini in proporzione al valore dell’unità immobiliare di ognuno.

Le diverse parti dell’impianto centralizzato potranno essere pertanto installate nelle aree condivise, in quanto, appunto, saranno destinate a servire tutte le unità immobiliari.

Anche se così non fosse però, l’installazione deve comunque essere sempre consentita nelle aree in comune.

A stabilirlo è l’art. 1122-bis c.c., dove viene specificato chiaramente che l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio, dev’essere consentita:

  • Sul lastrico solare di proprietà comune;
  • Su ogni superficie comune idonea all’installazione;
  • Sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.

Devono essere consentite allo stesso modo le modificazioni delle parti comuni, in caso queste si dovessero rendere necessarie per permettere l’installazione degli impianti rinnovabili autonomi.

Qualora dovesse emergere la necessità di intervenire sulle parti comuni con lavori edilizi, il soggetto interessato dovrà comunicarlo all’amministratore, specificando la natura degli interventi da svolgere e le modalità di esecuzione.

L’assemblea condominiale non potrà rifiutarsi di approvare l’installazione degli impianti rinnovabili autonomi sulle parti comuni – né l’esecuzione dei lavori necessari all’installazione – ma potrà (con la maggioranza di cui al comma 5 dell’art. 1136 c.c.):

  1. Stabilire modalità alternative per eseguire gli interventi necessari;
  2. Imporre misure di cautela per salvaguardare la stabilità, la sicurezza o il decoro architettonico dell’edificio;
  3. Ordinare all’interessato la stipula di un’idonea garanzia per i danni eventuali che i lavori potrebbero comportare all’edificio.

Per gli impianti rinnovabili autonomi, l’assemblea deve provvedere inoltre, se gli interessati lo richiedono, a ripartire l’uso del lastrico o delle altre parti comuni che ospitano le parti degli stessi impianti.



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TAGS: energie rinnovabili, fotovoltaico, pannelli solari, rinnovabili

Autore: Redazione Online

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