Tutte le concessioni introdotte all’interno del Decreto Semplificazioni saranno sicuramente incentivanti per molti soggetti che desiderano costruire e ristrutturare. Potrebbero però, risultare molto dannose nei confronti di terze persone.
Tutte le concessioni introdotte all’interno del Decreto Semplificazioni saranno sicuramente incentivanti per molti soggetti che desiderano costruire e ristrutturare. Potrebbero però, risultare molto dannose nei confronti di terze persone.
Parla del problema Paolo Urbani, professore di Diritto amministrativo alla Luiss di Roma ed esperto di edilizia. Durante una recente intervista rilasciata a ilfattoquotidiano.it, il professore discute la vecchia norma del “Piano Casa” del 2009, confrontandola con quella bocciata quest’anno in Puglia. E infine parla delle problematiche presenti oggi nel Decreto Semplificazioni.
Sommario
Per quanto riguarda l’edilizia privata infatti, il Decreto Semplificazioni introduce concessioni che prima non erano possibili, allargando anche quelle permesse con il Piano Casa del Governo Berlusconi nel 2009.
Dopo l’emergenza Covid-19, era necessario introdurre delle svolte che permettessero all’edilizia di ripartire, è vero. Ma siamo sicuri che, con le misure stabilite, si stia tenendo conto della tutela nei confronti di ogni cittadino?
Uno dei problemi maggiori delle concessioni per agevolare le costruzioni, secondo Paolo Urbani, è che sarà permesso a cittadini e aziende di procedere con i lavori pesanti (demolizioni e ricostruzioni), solo compilando una semplice SCIA.
Essendo questa un’autocertificazione rilasciata da un tecnico, che viene controllata in seguito e non in principio, nasce il grosso rischio di incentivare l’abuso edilizio. Un abuso edilizio che, oltretutto, sarà molto più difficile da contestare.
Advertisement - PubblicitàMa facciamo un passo indietro.
Nel 2009, il Governo Berlusconi varo il “Piano Casa” per rilanciare il settore edile, che concedeva un “premio di volumetria ex lege”. Questo significa che si diede il consenso di demolire e ricostruire edifici e palazzi più grandi dei precedenti. Anche se il piano regolatore non lo permetteva.
Le disposizioni regionali, a quel punto, hanno costruito le loro normative attorno a questo modello di legge. Le cose però sono cambiate nel 2020, quando la Corte Costituzionale ha bocciato il “Piano Casa” della Puglia a causa del contrasto tra la dislocazione pianovolumetrica e le disposizioni dello Sblocca Cantieri del 2019.
Tutto ciò ha creato grande confusione sul concetto di lavori pesanti e delle concessioni legate ad essi. Il recente Decreto Semplificazioni poi, inserisce una serie di permessi che mai prima d’ora erano stati legittimati. Tra i tanti, che “gli incrementi di volumetria possono avvenire solo nei casi espressamente previsti dalla legge vigente o dai regolamenti comunali”.
A confondere ancora di più i costruttori e gli enti locali poi, c’è la modifica della “definizione di ristrutturazione”, inserita nel nuovo Testo Unico dell’Edilizia. Qui infatti si introducono all’interno della categoria anche gli interventi di “rigenerazione urbana”.
Advertisement - PubblicitàTutto questo giro di informazioni sta a significare, spiega Urbano, che le regole che prima erano valide solo per alcuni casi di ristrutturazione, ora diventano legittime anche per altri interventi.
Il Decreto Semplificazioni infatti, concede di conseguire interventi di edilizia pesante anche solo presentando la SCIA. Sarà quindi possibile eseguire lavori come la ricostruzione di un edificio, magari anche sforando la grandezza della volumetria del precedente immobile demolito. È concesso infatti usufruire di un bonus volumetrico che estende le misure anche del 30%, seppur sarà necessaria l’approvazione del piano regolatore territoriale.
All’interno del Decreto Semplificazioni inoltre, vengono ammessi i nuovi criteri di “tolleranza costruttiva”. Fino ad ora infatti, erano ammessi piccoli errori di volumetria nella ricostruzione per un massimo del 2% in materia di altezza, distacchi, cubatura e superficie. Ora vengono concesse anche le “irregolarità geometriche”, la “diversa collocazione di impianti e opere interne”. Con la sola clausola che queste non “pregiudichino l’agibilità dell’immobile”.
Il grande problema che sta alla base però, è che la SCIA sarà molto più difficile da contestare rispetto al Permesso di Costruire. Questo perché non si tratta di un provvedimento amministrativo, per cui non è possibile procedere al ricorso diretto.
Urbano pone all’attenzione un semplice esempio. Mettiamo caso che un cittadino acquisti un’abitazione dalla quale riesca a godere del panorama dal balcone, ma poi, per via delle nuove concessioni edilizie, si veda innalzare di due piani l’immobile di fronte. Questo risulterebbe un danno nei confronti dell’individuo che ha acquistato la sua abitazione in precedenza.
Queste situazioni non sono nuove, ma ora con la SCIA sarà difficile impugnarle legalmente. Il professore spiega infatti che:
“I Comuni hanno 30 giorni di tempo per annullarla. Altrimenti, l’unica soluzione è sollecitare l’amministrazione, ricorrere a un tribunale amministrativo per fare altrettanto, oppure ottenere un annullamento in autotutela che può sempre avvenire entro i 18 mesi. In tal caso, il cittadino al massimo potrebbe richiedere un risarcimento danni, posto che riesca a dimostrarlo”.
Insomma, nel voler forse “concedere troppo”, si rischia probabilmente di intaccare il concetto di legittimità nelle costruzioni. Tutto ciò incentiva gli abusi edilizi, che costituiscono già un pesante problema per il nostro Paese. Siamo certi che questo sia il modo giusto di procedere?
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