Il Codice Civile stabilisce che ogni soggetto partecipante può richiedere in qualsiasi momento lo scioglimento della comunione, in forma amichevole oppure rivolgendosi all’autorità giudiziaria.
Il Codice Civile, in riferimento all’utilizzo delle cose comuni, all’art. 1111, stabilisce che ogni soggetto partecipante può richiedere in qualsiasi momento lo scioglimento della comunione, in forma amichevole oppure rivolgendosi all’autorità giudiziaria.
Questa regola è applicabile anche alle parti comuni del condominio?
Lo vediamo di seguito.
Sommario
L’articolo sopracitato prevede in particolare che, nel caso in cui tutti i soggetti coinvolti fossero intenzionati a sciogliere la comunione, si procederà con la sottoscrizione di un “patto di divisione”, con cui ogni partecipante otterrà la propria parte di quota spettante del bene, oppure il corrispettivo valore in denaro.
Se invece l’accordo non dovesse esserci, appunto, sarà possibile richiedere lo scioglimento tramite provvedimento emanato dal giudice.
Anche in questo caso, se il bene risulta facilmente divisibile, l’autorità provvederà a ripartire le quote spettanti per ogni partecipante. Se invece lo scioglimento dovesse pregiudicare gli interessi dei partecipanti che non sono d’accordo con la divisione, il giudice potrà disporre una proroga della comunione per un tempo massimo di 5 anni.
Nel caso in cui lo scioglimento dovesse essere richiesto, ma poi il richiedente dovesse cambiare idea, i partecipanti potranno procedere con l’istituzione del “patto di rimanere in comunione”, che avrà effetto per un tempo massimo di 10 anni. Questo sarà valido anche per gli aventi causa dai partecipanti.
Qualora l’accordo fosse stato disposto per una validità maggiore a 10 anni, il termine da considerare sarà comunque di 10 anni come stabilito dalla legge.
In determinati casi di pregiudizio o in circostanze di gravi entità, il giudice ha comunque il diritto di disporre lo scioglimento della comunione anche prima del termine stabilito.
A prescindere da quanto detto, inoltre, bisogna sempre tener conto di quanto stabilito dall’art. 1112 cc, che prevede quanto segue:
Advertisement - Pubblicità“Lo scioglimento della comunione non può essere chiesto quando si tratta di cose che, se divise, cesserebbero di servire all’uso a cui sono destinate.”
L’art. 1113 cc tratta invece di eventuali interventi successivi che possono sopraggiungere nella richiesta di divisione delle cose comuni o nella volontà di opposizione dei partecipanti contrari.
In particolare si dispone che eventuali creditori, o soggetti aventi causa da uno dei partecipanti, non possono intervenire nella divisione se questa è già stata eseguita.
Possono invece impugnare il provvedimento di scioglimento se hanno notificato l’opposizione prima che la divisione fosse perfezionata.
Si fa presente inoltre che, per quanto riguarda la divisione di beni immobili in comproprietà, l’opposizione allo scioglimento da parte di creditori o aventi causa dovrà essere obbligatoriamente sottoscritta:
In ogni caso, perché la divisione di un immobile possa aver effetto anche sui creditori e sui soggetti che hanno acquistato diritti sull’immobile – mediante atti trascritti prima della trascrizione dell’atto di divisione o della domanda di divisione giudiziale – questi dovranno essere chiamati a intervenire.
Se il bene può essere semplicemente diviso “in natura”, ovvero con la normale divisione per quote spettanti ad ogni partecipante, questo sarà il metodo preferibilmente adottato.
Advertisement - PubblicitàL’art. 1115 cc conferisce invece riguardo alle obbligazioni solidali in capo ai comproprietari del bene, come ad esempio eventuali debiti che vengono trasferiti in capo agli eredi mediante successione.
Qui si dispone che ogni proprietario ha diritto a chiedere l’estinzione delle obbligazioni contratte con il bene, se si tratta di debiti scaduti o che sono in scadenza nell’anno in cui si effettua la domanda di divisione della comunione.
Gli altri proprietari in questo caso non possono opporsi all’estinzione delle obbligazioni, che sarà effettuata mediante la vendita della proprietà in comune.
Nel caso in cui invece un solo partecipante dovesse pagare interamente il debito contratto, egli avrà diritto ad essere rimborsato dagli altri o, in alternativa, avrà diritto ad una quota maggiore in occasione della divisione del bene.
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Advertisement - PubblicitàTenendo conto di quanto detto in merito ai procedimenti di divisione di beni mobili e immobili, arriviamo dunque all’art. 1119 cc, che tratta appunto delle parti comuni degli edifici condominiali.
Si dispone nello specifico che le parti comuni dei condomìni, generalmente, non sono beni suscettibili di divisione. A questa regola si fa un’eccezione, però, se:
Ricordiamo che in ogni caso tutte le eventuali spese legate alla procedura dovranno essere sostenute dai condòmini in proporzione alle quote spettanti, o a diverse disposizioni stabilite dal regolamento condominiale.
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