La sentenza n. 9264 della Corte di Cassazione stabilisce che le distanze delle costruzioni dai confini devono basarsi sulle normative urbanistiche della zona omogenea di appartenenza, indipendentemente dalla destinazione d’uso degli edifici.
La gestione delle distanze legali per le costruzioni rispetto ai confini di proprietà rappresenta un tema complesso e fondamentale nell’ambito dell’edilizia urbanistica.
La sentenza n. 9264 del 22 marzo 2022 della Corte di Cassazione ha sollevato nuovi spunti di riflessione su come debbano essere applicate queste norme, soprattutto in relazione alle zone omogenee e alla destinazione d’uso degli edifici.
Questo caso evidenzia la necessità di comprendere a fondo le regolamentazioni urbanistiche locali per evitare controversie e sanzioni.
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Vediamo il caso nel dettaglio.
Sommario
Il caso esaminato riguarda un proprietario condannato a modificare la posizione di un fabbricato, situato in una zona omogenea E (parti destinate ad usi agricoli o forestali), che non rispettava la distanza minima di 7 metri dal confine del vicino, il quale aveva ottenuto anche un risarcimento per i danni subiti.
Gli eredi del proprietario, non condividendo la decisione, hanno presentato ricorso in Cassazione.
Essi contestavano la decisione sulla base del fatto che il regolamento comunale, attraverso l’articolo 22 delle NTA del Piano Regolatore Generale del Comune, non specificava una distanza minima obbligatoria dai confini per i fabbricati nella zona in questione.
La disputa era complicata ulteriormente dal fatto che il fabbricato, originariamente destinato ad uso agricolo, era stato convertito per uso civile abitativo, ottenendo una sanatoria che non influenzava, tuttavia, le norme sulle distanze dai confini applicabili.
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Advertisement - PubblicitàCon la sentenza n. 9264, i giudici della Corte di Cassazione hanno chiarito un aspetto fondamentale nella regolamentazione delle distanze tra costruzioni e confini: le norme da applicare devono derivare esclusivamente dagli strumenti urbanistici vigenti nella specifica zona omogenea dove si trova l’edificio, indipendentemente dalla sua destinazione d’uso.
Questa sentenza contraddice la posizione assunta dalla Corte d’appello, che aveva interpretato la regolamentazione basandosi sulla destinazione d’uso effettiva del fabbricato piuttosto che sulla zona di appartenenza.
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La Cassazione ha sottolineato che adottare un criterio basato sulla destinazione d’uso del fabbricato potrebbe portare a incoerenze applicative, creando disparità di trattamento tra proprietari di fabbricati simili situati nella stessa zona omogenea ma destinati a usi differenti.
Inoltre, la Corte ha ribadito che, secondo giurisprudenza consolidata, i diritti e i doveri dei proprietari sono definiti dalle normative specifiche della zona omogenea, rafforzando il principio di uniformità e prevedibilità nell’applicazione delle regole urbanistiche.
Il punto di vista adottato dalla Cassazione stabilisce, quindi, un precedente importante che potrebbe influenzare future controversie legate alle distanze di edificazione, garantendo che le decisioni siano guidate da una interpretazione omogenea delle normative locali piuttosto che da valutazioni ad hoc relative alla funzione attuale degli immobili.
Advertisement - PubblicitàLa sentenza della Corte di Cassazione del 22 marzo 2022 rappresenta un punto di riferimento cruciale per l’interpretazione delle normative urbanistiche relative alle distanze dei fabbricati dai confini. Questo caso enfatizza l’importanza di seguire le disposizioni degli strumenti urbanistici locali, che prevalgono su altre considerazioni relative alla destinazione d’uso degli edifici.
Per i professionisti del settore edilizio e per i proprietari di terreni, questa decisione sottolinea la necessità di una verifica accurata delle normative locali prima di procedere con qualsiasi costruzione o ristrutturazione, per evitare possibili controversie legali e sanzioni.
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