Nel mondo dell’edilizia residenziale, la figura dell’amministratore condominiale riveste un ruolo centrale e, al tempo stesso, delicatissimo. È infatti il soggetto incaricato di gestire il patrimonio comune, amministrare i fondi dei condomini, far eseguire i lavori deliberati e garantire la trasparenza nella contabilità.

Ma cosa succede se questo equilibrio si rompe? Quali sono le conseguenze se un amministratore omette di comunicare informazioni rilevanti, contabilizza spese senza giustificativi, oppure gestisce con superficialità e opacità la documentazione contabile?

Una recente sentenza del Tribunale di Latina ha fatto chiarezza su questi interrogativi, condannando un ex amministratore per gravi inadempienze durante il suo mandato, con conseguenze economiche rilevanti per il condominio da lui gestito.

In questo articolo analizzeremo i fatti accertati dal giudice, le responsabilità legali dell’amministratore secondo il Codice Civile, e cosa possono fare i condomini per tutelarsi.

Hai mai controllato come viene speso il tuo denaro nel tuo condominio? Sai che esistono precise responsabilità legali per chi gestisce male i fondi comuni?

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La vicenda giudiziaria: tra passaggi opachi e conti che non tornano

Il caso trae origine da un classico passaggio di testimone nella gestione condominiale, che si rivelerà tutt’altro che ordinario. Il condominio in questione, alla fine del 2015, nomina un nuovo amministratore dopo cinque anni di gestione da parte del predecessore. All’apparenza, si tratta di una normale rotazione, ma durante il passaggio delle consegne — avvenuto in due fasi, una nell’ottobre 2015 e una definitiva nel marzo 2016 — emergono numerose irregolarità.

Il nuovo amministratore scopre, attraverso un’analisi dettagliata della documentazione contabile, diverse anomalie: spese ingenti non giustificate, pagamenti privi di ricevute fiscali, lavori dichiarati come eseguiti ma mai effettuati, e perfino azioni giudiziarie che non erano state comunicate ai condomini.

Si parla di oltre 16.000 euro di ammanchi, a cui si sommano circa 25.000 euro di danni indiretti.

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Uno degli episodi più eclatanti riguarda un appalto del 2009 per la rimozione dell’eternit: inizialmente il costo era stato preventivato in oltre 46.000 euro. Di questi, una parte sarebbe dovuta servire per lavori poi mai eseguiti, tra cui la tinteggiatura di un cordolo da 2.256 euro. Non solo: 7.950 euro risultano essere stati versati a una ditta subappaltatrice in modo non tracciabile, di cui 3.000 con un assegno senza delibera assembleare, e 4.950 rimasti insoluti e poi oggetto di decreto ingiuntivo notificato… ma mai comunicato ai condomini.

Inoltre, l’ex amministratore aveva contabilizzato l’intera somma dell’appalto, ma di fatto risultavano giustificati solo 38.825 euro.

Da qui nasce la voce più importante di ammanco diretto: 7.374,07 euro senza alcuna copertura documentale.

A questo si aggiungono: una quota di spese assicurative mai pagata per un sinistro avvenuto nel 2013 (con conseguente spesa di 3.400 euro a carico dei condomini), una fattura mai emessa per il compenso da 905 euro dell’amministratore stesso, e perfino la mancata imputazione di una somma ricevuta da un condominio confinante per la manutenzione di una comproprietà.

Tutti questi elementi, uniti all’impossibilità per i condomini di accedere alle detrazioni fiscali del 36% per i lavori di ristrutturazione — per via della mancata emissione di fatture e tracciabilità dei pagamenti — hanno costituito la base dell’azione giudiziaria intentata contro l’ex amministratore.

Un’azione non solo volta al recupero degli ammanchi, ma anche al riconoscimento di un danno più ampio, legato alla negligenza nella gestione dell’incarico fiduciario.

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La decisione del tribunale di Latina: condanna per mala gestio e risarcimento danni

Con la sentenza n. 199/2025, pubblicata in data 1° febbraio 2025, il Tribunale Ordinario di Latina ha accolto integralmente le domande proposte dal condominio attore, riconoscendo la mala gestio dell’amministratore uscente nel periodo 2010-2015.

Secondo il giudice, l’amministratore ha violato i doveri di diligenza previsti dall’art. 1710 del Codice Civile, causando gravi danni patrimoniali al condominio. La gestione opaca e priva di giustificativi contabili, le spese inserite nei consuntivi senza alcuna prova, l’omessa comunicazione di atti giudiziari, il mancato versamento dell’assicurazione e la perdita del beneficio fiscale legato ai lavori di ristrutturazione sono stati ritenuti elementi inequivocabili di inadempimento contrattuale.

Il Tribunale ha quindi condannato l’amministratore alla restituzione di € 16.201,43 per ammanchi di cassa e alla corresponsione di € 24.632,00 a titolo di risarcimento danni, somma che comprende:

  • € 4.600,00 per il pagamento duplicato a seguito di decreto ingiuntivo mai comunicato;
  • € 3.400,00 versati dai condomini a causa della mancata copertura assicurativa nel 2013;
  • € 16.632,00 quantificati equitativamente come mancato beneficio fiscale (pari al 36% dell’importo versato per i lavori).

Inoltre, sono stati riconosciuti interessi legali e rivalutazione monetaria, configurando così l’obbligazione risarcitoria come debito di valore. Le spese legali e quelle di consulenza tecnica d’ufficio (CTU) sono state interamente poste a carico della parte convenuta.

La sentenza si fonda su una ricostruzione dettagliata, supportata dalla consulenza tecnica nominata dal giudice, la quale ha accertato che le irregolarità contabili superavano addirittura quanto inizialmente denunciato dalla parte attrice. Secondo il CTU, infatti, non è stato possibile ricostruire in modo coerente la contabilità del periodo, compromettendo ogni forma di trasparenza e controllo.

La pronuncia si inserisce nel solco di una giurisprudenza sempre più attenta al ruolo fiduciario e professionale dell’amministratore condominiale, riaffermando che la gestione del denaro altrui richiede rigore, tracciabilità e responsabilità personale.

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Il ruolo dell’amministratore e la responsabilità per mala gestio

L’amministratore di condominio non è un semplice esecutore di delibere assembleari, ma ricopre un vero e proprio ufficio di diritto privato, assimilabile a un mandatario con rappresentanza. In altre parole, egli agisce per conto dei condomini, che sono i suoi “mandanti”, ed è tenuto ad amministrare le parti comuni dell’edificio e i fondi condominiali con diligenza, correttezza e trasparenza, come previsto dall’articolo 1710 del Codice Civile.

Articolo n° 1710 c.c.
Diligenza del mandatario
Il mandatario e’ tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia; ma se il mandato e’ gratuito, la responsabilita’ per colpa e’ valutata con minor rigore.
Il mandatario e’ tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione del mandato.

Questa figura, come ha ribadito anche la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 9148/2008), rappresenta direttamente i singoli partecipanti al condominio, e quindi deve rispondere del suo operato non solo nei confronti dell’intero condominio, ma anche dei singoli condomini. La responsabilità che ne deriva è di tipo contrattuale: ciò significa che, in caso di inadempimento, il condominio può agire in giudizio per ottenere la risoluzione del contratto, il risarcimento dei danni o la restituzione delle somme indebitamente gestite.

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Nel caso deciso dal Tribunale di Latina, il giudice ha chiarito che non è sufficiente per l’ex amministratore affermare genericamente di aver agito in buona fede. È lui a dover provare di aver adempiuto correttamente al proprio incarico, dimostrando ogni uscita, ogni pagamento e ogni decisione presa nell’interesse dei condomini, supportandola con documentazione idonea.

La mancata giustificazione contabile, infatti, fa presumere la mala gestio, con tutte le conseguenze del caso.

Il Tribunale ha inoltre ribadito che, al momento della cessazione dell’incarico, l’amministratore ha l’obbligo di consegnare tutta la documentazione in suo possesso, pena l’ulteriore aggravamento della sua posizione. La violazione di questo dovere costituisce un ulteriore indizio di cattiva gestione e può aggravare la responsabilità patrimoniale.

Insomma, l’amministratore non può permettersi leggerezze. Ogni euro incassato, ogni spesa effettuata, ogni decisione che incide sui beni comuni deve essere tracciabile, documentata e deliberata. In mancanza di ciò, come dimostra la sentenza in esame, si apre la strada a una piena condanna per inadempimento contrattuale e danno da cattiva gestione.

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Detrazioni fiscali compromesse: il danno invisibile ma concreto

Tra le conseguenze più gravi della mala gestio accertata dal Tribunale di Latina, vi è la perdita del diritto da parte dei condomini di beneficiare delle detrazioni fiscali previste per le ristrutturazioni edilizie. Una circostanza che, sebbene meno immediata rispetto a un ammanco in cassa, ha avuto un impatto economico tangibile sulle tasche dei condòmini.

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Nel dettaglio, il condominio aveva affidato un appalto da oltre 46.000 euro per interventi di rimozione dell’eternit e altri lavori straordinari sulle parti comuni. In base alla normativa vigente all’epoca (D.M. n. 41/1998), tali interventi avrebbero consentito ai singoli condòmini di beneficiare di una detrazione IRPEF del 36%, a condizione che i pagamenti fossero tracciabili e supportati da fatture regolari.

Il problema? Nessuna fattura è mai stata emessa per una parte sostanziale dei lavori. E anche i pagamenti non sono stati effettuati con i criteri richiesti dalla normativa (come bonifici “parlanti”), precludendo quindi ogni possibilità di detrazione.

Una grave omissione che, come ha evidenziato il giudice, rientrava pienamente nei doveri dell’amministratore: era lui il soggetto incaricato di seguire l’intero iter amministrativo, inclusa la corretta gestione fiscale degli interventi.

La Corte di Cassazione, in una recente ordinanza (n. 6086/2020), ha ribadito proprio questo principio: è compito dell’amministratore garantire che i pagamenti per i lavori sulle parti comuni vengano eseguiti secondo modalità tracciabili, proprio al fine di tutelare il diritto dei condòmini a usufruire delle agevolazioni fiscali.

Il giudice di Latina ha quindi quantificato in via equitativa il danno subito dai condòmini, liquidandolo in 16.632 euro, pari al 36% dell’importo versato per i lavori risultanti a consuntivo. Una cifra non simbolica, ma concreta, che rappresenta un “danno da occasione persa” — evitabile, se l’amministratore avesse operato con la dovuta diligenza.