La Corte di cassazione ha stabilito che vendere immobili a società dello stesso gruppo per mantenere agevolazioni fiscali costituisce abuso del diritto, richiedendo l’applicazione dell’imposta di registro ordinaria.
La recente sentenza n. 16248 dell’11 giugno 2024 della Corte di cassazione ha stabilito un importante principio riguardante la vendita di immobili ad uso abitativo a società neo-costituite.
La Corte ha affermato che tale operazione può configurare un abuso del diritto se finalizzata unicamente a mantenere agevolazioni fiscali, imponendo così l’applicazione dell’imposta di registro nella misura ordinaria.
Ma quali sono i dettagli di questa decisione? E come influisce sulle operazioni immobiliari future?
Sommario
Il caso in esame riguarda un’agevolazione prevista dall’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al Testo unico sull’imposta di registro (Dpr n. 131/1986). Fino al 31 dicembre 2013, tale norma consentiva l’applicazione di un’imposta di registro ridotta all’1% per i trasferimenti di fabbricati abitativi esenti da IVA, purché l’impresa acquirente si impegnasse a rivendere gli immobili entro tre anni dall’acquisto.
Questa agevolazione era pensata per facilitare la rivendita di beni immobiliari da parte delle imprese.
Advertisement - PubblicitàNel 2010, una Srl aveva acquistato immobili abitativi per oltre 6 milioni di euro, usufruendo dell’agevolazione sopra citata. Secondo le disposizioni, la società si era impegnata a rivendere gli immobili entro tre anni.
Pochi giorni prima della scadenza del triennio, la stessa società ha venduto tali beni a una nuova società, costituita pochi mesi prima, appartenente allo stesso gruppo imprenditoriale.
La vendita, quindi, rispettava formalmente l’impegno assunto nel 2010. Tuttavia, l’Ufficio territoriale delle Entrate ha avviato un controllo sulla spettanza dell’agevolazione, contestando l’operazione in quanto priva di sostanza economica reale e finalizzata esclusivamente a mantenere il beneficio fiscale.
In particolare, l’Ufficio ha rilevato che entrambe le società coinvolte nell’operazione erano partecipate dalla medesima società madre.
L’Ufficio ha riscontrato diverse anomalie che indicavano la mancanza di sostanza economica nell’operazione. La società acquirente non aveva svolto alcuna attività commerciale dopo l’acquisto, non possedeva un sito internet, né risultava intestataria di utenze elettriche, telefoniche o idriche. Inoltre, il capitale della società era del tutto insufficiente rispetto alla spesa necessaria per l’acquisto degli immobili, che superava i 7 milioni di euro.
Questi elementi hanno portato l’Ufficio a concludere che la cessione immobiliare del 2013 fosse finalizzata esclusivamente a mantenere le agevolazioni fiscali ottenute in fase di acquisto, senza alcuna valida ragione economica, organizzativa o gestionale.
Advertisement - PubblicitàL’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente, legge n. 212/2000, disciplina l’abuso del diritto, definendolo come operazioni prive di sostanza economica che realizzano vantaggi fiscali indebiti.
Secondo questa normativa, le operazioni che, pur rispettando formalmente le norme fiscali, mirano essenzialmente a ottenere vantaggi fiscali indebiti non sono opponibili all’Amministrazione Finanziaria, che può disconoscerne i benefici e applicare le norme eluse.
Questa norma è stata la base della pretesa dell’Amministrazione di revocare le agevolazioni fiscali nel caso in esame.
Advertisement - PubblicitàDopo la notifica dell’atto finalizzato alla revoca delle agevolazioni, la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Milano aveva inizialmente accolto il ricorso della società destinataria dell’atto, ritenendo che l’operazione fosse formalmente corretta. Tuttavia, in sede di appello, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia ha ribaltato la decisione, condividendo la tesi dell’Amministrazione Finanziaria.
La CTR ha sostenuto che la società contribuente avesse realizzato un’elusione fiscale attraverso la rivendita degli immobili a una società di nuova costituzione, appartenente allo stesso gruppo imprenditoriale. Entrambe le società, infatti, erano partecipate per l’intero capitale da una terza società.
Inoltre, la CTR ha sottolineato che la società acquirente non aveva svolto alcuna attività economica significativa dopo l’acquisto e che la cessione era avvenuta pochi giorni prima della scadenza del termine triennale, confermando così l’assenza di sostanza economica nell’operazione e l’unico fine di mantenere le agevolazioni fiscali.
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