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Canone di affitto equo: la legge prevede specifici limiti, ecco quali

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Il canone di affitto è un tema sempre più discusso, per il quale nell’ultimo periodo sono sorte varie proteste.

La problematica è senza dubbio un po’ ovunque quella del caro affitti, che non interessa solo gli studenti universitari ma tutti i soggetti in che detengono o che sono in cerca di una casa in affitto.

Ma esistono per legge dei limiti che i locatori sono tenuti a rispettare per determinare un canone di affitto equo?

Approfondiamo di seguito.

Leggi anche: “Cosa succede se il contratto di locazione non viene registrato?

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Canone di affitto equo: i limiti abrogati per le unità abitative

Per la locazione degli immobili abitativi, non molto tempo fa si dovevano rispettare dei precisi limiti, che in parte sono tutt’oggi in vigore.

Nello specifico, la Legge n. 392 del 27 luglio 1978 disponeva che il canone di locazione e sublocazione degli immobili adibiti ad uso abitativo non potessero superare il 3,85% del valore locativo dell’immobile.

Il valore locativo, in particolare, si determina calcolando il prodotto della superficie convenzionale dell’immobile per il costo unitario di produzione dello stesso.

Per quanto riguarda gli immobili abitativi che vengono concessi completamente arredati dal locatore, la norma prevedeva la possibilità di applicare una maggiorazione del canone di locazione al massimo del 30%.

Con la Legge n. 431 del 9 dicembre 1998, però, tali limiti sono stati abrogati in riferimento agli immobili abitativi.

Per questo motivo, ad oggi non è più obbligatorio il rispetto di quei limiti. Ne esistono però degli altri che vengono imposti in base alla tipologia di contratto scelta.

Leggi anche: “Contratti affitto: tipologie, descrizioni, differenze

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Importo del canone: limiti in base alla tipologia di contratto

Non è del tutto vero che ad oggi non esistano dei limiti che il locatore deve rispettare per la determinazione del canone di locazione.

Tutto ciò dipende appunto dalla tipologia di contratto di affitto che si intende stipulare.

Per quanto riguarda i contratti 4+4 (4 anni + 4 al rinnovo) – anche definiti “a canone libero” – come si può intuire, non esistono limiti minimi o massimi che il locatore deve soddisfare in riferimento agli immobili ad uso abitativo, in quanto appunto il canone è libero.

Le parti possono dunque concordare autonomamente l’importo mensile dovuto, ma è comunque fondamentale che tutte le somme che il conduttore deve versare siano specificate chiaramente nel contratto d’affitto al momento della firma.

Per i contratti noti come “a canone concordato”, il discorso è differente.

In questo caso infatti esistono dei precisi limiti per poter valutare l’importo del canone di locazione, che vengono fissati sulla base degli Accordi Territoriali tra le diverse associazioni di categoria di locatori e conduttori, che ogni Comune è tenuto a sottoscrivere.

I contratti di locazione a canone concordato possono essere nello specifico:

  • Contratti 3+2 (3 anni + 2 al rinnovo);
  • Contratti transitori (da 1 a 18 mesi);
  • Contratti per studenti universitari (da 6 a 36 mesi).

Le parti in questo caso possono convenire nel raggiungimento di un canone di locazione di importo inferiore agli standard stabiliti, ma non possono in alcun modo accordare un canone superiore ai limiti massimi territoriali.

I contratti di locazione di immobili ad uso turistico, invece, non dovranno rispettare alcun limite di importo.

Leggi anche: “Canoni di locazione in dichiarazione dei redditi: ultimi chiarimenti

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Canone di locazione immobili abitativi: gli importi minimi

Solo per quanto riguarda gli immobili abitativi di categoria catastale A (esclusi quelli in A/10 – Uffici e studi privati), è previsto invece un limite minimo da rispettare per il calcolo del canone di locazione.

In particolare, l’importo minimo del canone di affitto dev’essere pari almeno al 10% del valore catastale dell’immobile.

La determinazione del valore catastale viene fatta mediante la rivalutazione del 5% della rendita catastale (risultante dalla visura) per un coefficiente diverso in base alla categoria di appartenenza.

Leggi anche: “Rivalutazione gratuita beni immobili in locazione: come funziona

I coefficienti sono i seguenti:

  • 110, per le abitazioni principali;
  • 120, per gli altri fabbricati appartenenti al gruppo A e C (esclusi A/10 e C/1 – Locali commerciali);
  • 140, per gli immobili appartenenti al gruppo B;
  • 60, per gli immobili in categoria A/10 e per quelli del gruppo D (Immobili a destinazione speciale);
  • 40,80, per gli immobili in categoria C/1 e per quelli del gruppo E (Immobili a destinazione particolare);
  • 90, per i terreni agricoli (non edificabili).

Gli importi minimi da applicare al canone di locazione sono stati definiti al fine di combattere l’evasione fiscale.

In base al valore catastale di un immobile, è possibile inoltre applicare il meccanismo della valutazione automatica.

Il sistema automatico è applicabile agli immobili con attribuzione di rendita e prevede in particolare che, se il valore catastale non risulta essere inferiore al reddito risultante dai registri immobiliari, la valutazione avviene appunto in automatico e non potrà essere verificata dall’ufficio del registro competente.

Per chi non dovesse rispettare i limiti minimi imposti per il canone di locazione degli immobili ad uso abitativo, si applicherebbero sanzioni e interessi, oltre ad imposte in misura maggiorata.

Leggi anche: “Redditi da locazione: da modificare se attribuzione è errata



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TAGS: affitto, affitto equo, canone affitto

Autore: Redazione Online

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