Con una recente sentenza della Corte di Cassazione, si torna a parlare dei criteri obbligatori legati al Bonus Prima Casa, l’incentivo che concede una riduzione dalle imposte per l’acquisto della prima abitazione.
Con una recente sentenza della Corte di Cassazione, si torna a parlare dei criteri obbligatori legati al Bonus Prima Casa, l’incentivo che concede una riduzione dalle imposte per l’acquisto della prima abitazione.
Come sappiamo, l’agevolazione ammette la possibilità non solo di acquistare un immobile da adibire a Prima Casa ma anche, nel caso si dovesse vendere tale unità prima che siano trascorsi 5 anni, di continuare a fruire del bonus mediante l’acquisto di una seconda abitazione.
Anche in questo caso, tuttavia, rimane sempre fondamentale il requisito che richiede che l’unità sia adibita a Prima Casa in territorio italiano.
Approfondiamo di seguito.
Advertisement - PubblicitàProprio in relazione al criterio obbligatorio che richiede che l’unità acquistata debba essere adibita a Prima Casa, la Cassazione ha stabilito la decadenza dal Bonus Prima Casa ai danni di un contribuente con la sentenza n. 24457 dell’8 agosto 2022.
In particolare, il cittadino aveva fruito dell’incentivo per l’acquisto di una prima abitazione. Prima che fossero trascorsi 5 anni dall’acquisto, tuttavia, egli aveva provveduto a vendere l’immobile per poi acquistarne un secondo entro 1 anno dalla vendita del primo.
In merito a ciò, ricordiamo appunto che il Bonus Prima Casa concede la possibilità di:
Il contribuente protagonista della sentenza tuttavia, seppur risultava rispettare tutte le tempistiche concesse per continuare a beneficiare del Bonus Prima Casa mediante l’acquisto di una seconda abitazione, non aveva però considerato un adempimento fondamentale: il secondo immobile che si acquista deve comunque obbligatoriamente essere adibito a Prima Casa.
Il cittadino aveva sì proceduto al secondo acquisto entro 1 anno dalla vendita del primo, ma non aveva adibito la nuova casa ad abitazione principale.
In virtù di ciò, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate presso il quale era stato registrato il primo atto di acquisto, ha disposto la revoca del Bonus Prima Casa ai danni del contribuente. Tale notifica di avviso è giunta dopo 3 anni dalla firma del secondo atto d’acquisto.
Il cittadino, ritenendo di aver rispettato le tempistiche stabilite per continuare ad usufruire dell’incentivo, ha presentato un ricorso che, dapprima, è stato accolto sia dalla CTP che dalla CTR Toscana.
Alla base dell’accoglimento, la tesi sostenuta dalle Commissioni si fondava sul fatto che la normativa difatti non individua espressamente un termine entro il quale il beneficiario è tenuto ad adibire la nuova casa ad abitazione principale.
Advertisement - PubblicitàA ribaltare il giudizio, tuttavia, è stata appunto la Cassazione, che ha invece dato ragione all’ufficio delle Entrate che ha disposto la revoca dell’agevolazione.
In particolare è stato precisato che, al fine di non andare incontro alla decadenza dal Bonus Prima Casa, il beneficiario che vende il primo immobile entro 5 anni dall’acquisto deve procedere all’acquisto del secondo entro 1 anno dalla cessione del primo, ma deve anche adibire quest’ultimo a prima abitazione.
Riguardo al fatto che la normativa non indichi un preciso termine entro il quale si debba adibire la nuova abitazione a Prima Casa, viene precisato che la mancata indicazione di uno specifico termine non vuol dire che tale adempimento possa essere rimandato all’infinito.
Difatti, la condizione che porta il contribuente a non adibire l’immobile a Prima Casa, in termini di legge sta a significare che egli non stia utilizzando l’unità come abitazione principale, criterio che sta alla base della concessione dell’incentivo.
È necessario pertanto che l’utilizzo del nuovo immobile come Prima Casa avvenga comunque entro un termine ragionevole. Nello specifico, stabilisce la Corte, l’immobile deve diventare abitazione principale prima che sia trascorso il tempo a disposizione dell’ufficio per l’esercizio dei controlli di propria competenza.
Sulla base del ragionamento fatto, si è disposta pertanto la decadenza dall’incentivo ai danni del cittadino.
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