L’unità collabente è un immobile che, a causa del livello di degrado in cui versa, non produce alcun reddito. Ciò perché, un’unità collabente non può essere agibile, non è utilizzabile in nessun modo tanto che può essere equiparata ad un rudere.
Spesso si tratta di immobili deperiti, parzialmente demoliti o con danni strutturali così notevoli che possono essere oggetto solo di una totale ristrutturazione finalizzata a renderli utilizzabili.
Ai fini dell’identificazione, vengono iscritti nel catasto nella categoria F/2, una categoria priva di rendita catastale.
Sommario
Nel registro del Catasto Edilizio Urbano detto anche catasto dei fabbricati, sono iscritti alcune tipologie di beni immobiliari privi di rendita; uno di questi è il fabbricato collabente.
L’insieme di queste tipologie di immobili si rifà alle dette categorie catastali fittizie. La ragione dell’iscrizione nei registri catastali di questi immobili, privi di rendita, sta nell’individuazione della locazione dei cespiti e dell’intestatario; informazioni necessari nel momento di un trasferimento di diritti reali, ad esempio per una locazione o per operazioni di compravendita.
Il catasto non ha valenza probatoria, non può vantare l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice Civile, non può cioè accertare l’identità dei soggetti che detengono la proprietà o altri diritti reali sui beni immobili; ma l’individuazione fisica dei beni immobili privi di rendita, come i fabbricanti collabenti, non può prescindere da quanto risulta scritto al catasto.
L’articolo 2702 del c.c., sull’efficacia della scrittura privata, enuncia:
Advertisement - Pubblicità“La scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta.”
Fanno parte della categoria F/2 – le unità collabenti come gli immobili in rovina, diroccati, ovvero ruderi, o comunque a tutti quei beni immobili caratterizzati da un livello di degrado che annulla qualsiasi autonomia funzionale, che determina l’incapacità di produrre un qualsiasi livello di reddito. L’iscrizione in catasto è comunque facoltativa, non essendo previsto da nessun provvedimento normativo.
Per l’iscrizione in catasto delle unità collabenti, e di beni immobili equiparabili, occorre una relazione tecnica e un’autocertificazione.
La relazione sullo stato dei luoghi deve essere eseguita da un tecnico, che deve valutare lo stato e la conservazione dell’immobile, con relative prove fotografiche allegate;
L’autocertificazione, invece, deve essere redatta dall’intestatario del bene, con la quale deve attestare la mancanza di allacciamenti ai servizi pubblici quali energia elettrica, gas e accesso all’acqua.
Per ultimo, gli immobili devono essere iscritti all’Elaborato Planimetrico. L’elaborato planimetrico è un documento catastale in cui vengono registrati l’ubicazione, il perimetro, gli accessi, e altre informazioni planimetriche delle strutture. Ciò vuol dire che le unità collabenti, anche nel loro stato devono comunque essere individuabili;
Non possono essere iscritti all’elaborato planimetrico e di conseguenza individuabili e perimetrabili, beni immobili senza copertura, senza struttura portante o delimitati da muri alti meno di un metro.
Advertisement - PubblicitàPer quanto riguarda la tassazione delle unità collabenti presenti nella categoria F/2, essendo prive di rendita, non possono essere asservite al pagamento dell’IMU e della TASI.
Nonostante ciò, alcuni comuni hanno, per anni, assoggettato a tassazione dell’IMU, l’area su cui era costruita l’unità collabente come avviene per le regole delle aree edificabili. La ratio di questi comuni è che il fabbricato diroccato è privo di valore catastale, ma non è così l’area sottostante che mantiene le “potenzialità edificatorie”.
La ratio di questi suddetti comuni è stata vanificata dalla sentenza della Corte Suprema, che ha stabilito che il fabbricato collabente, e il suo terreno sottostante non sono assoggettabili a tassazione.
Advertisement - PubblicitàUna unità collabente può diventare o tornare ad essere, un’abitazione nel momento in cui rispetta alcuni determinati adempimenti edilizi.
La giurisprudenza fino al 2013 stabiliva che un intervento volto a demolire e successivamente ricostruire una unità collabente, doveva essere considerato una nuova costruzione perché la ristrutturazione edilizia richiedeva la presenza di una struttura edilizia dotata di muri perimetrali, costruzioni orizzontali e tettoia.
Con la Legge 98 del 2013, all’art.30 viene previsto che:
“… gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente. In seguito a questo intervento normativo, la ricostruzione di una unità collabente rientra nel concetto di ristrutturazione edilizia.“
Perciò una unità collabente può, diventare una abitazione, soprattutto se lo era già stato.
L’intervento di demolizione e ricostruzione di una unità collabente, rispettando la –medesima sagoma dell’edificio preesistente– deve essere realizzato per mezzo di “SCIA“. La Scia è una comunicazione all’amministrazione comunale per effettuare alcuni interventi edilizi che comportano la demolizione, il restauro o l’ampliamento di immobili.
Advertisement - PubblicitàUn fabbricato collabente iscritto in catasto con categoria F/2; può usufruire delle detrazioni fiscali previste da Circolare 36/E/2007 e da Risoluzione 215/E/2009 dell’agenzia delle entrate per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica.
Gli edifici collabenti non vanno equiparati agli inagibili, definiti da criteri comunali, che pagano imposte ridotte ma mantengono inalterata la rendita.
Non si può invece usufruire dell’agevolazione “prima casa” nell’ipotesi di acquisto di una unità collabente, perché un’unità collabente non può né essere equiparata ad un immobile in costruzione o ad un immobile abitativo pronto all’utilizzo che si intende acquistare.
Advertisement - PubblicitàLa detrazione del 110% prevista dal Superbonus è diventata un grosso incentivo per la ristrutturazione edilizia in Italia, grazie al costo quasi nullo, sui lavori.
Come previsto dal Decreto Rilancio Legge n. 34/2020 rientrano tra i beneficiari possibili del Superbonus 110%:
Perciò stando a quanto stabilito dal decreto, il Superbonus non sarebbe dovuto per gli interventi di riqualificazione energetica agli edifici collabenti essendo riservato esclusivamente agli edifici abitativi (categoria catastale A) e alle pertinenze.
Ma una recente risposta all’interpello dell’Agenzia delle Entrate, del 16 settembre 2021, chiarisce che il Superbonus 110%, può essere utilizzato anche per unità collabente senza attestato di prestazione energetica, APE. Solo nel caso, però, in cui vi sia un impianto di riscaldamento esistente, non allacciato.
L’agevolazione introdotta dal decreto Rilancio è prevista per i lavori di ristrutturazione edilizia di un’unità collabente per l’aumento volumetrico; ma anche per l’installazione di impianti elettrici e idraulici, oltre a quelli per lo smaltimento rifiuti e il riutilizzo dell’acqua piovana.
Perciò anche senza la certificazione energetica si può beneficiare del Superbonus 110%, tuttavia solo per l’istante e non per possibili acquirenti futuri dell’ immobile.
Nel caso in cui non vi sia alcun tipo di impianto di riscaldamento preesistente, il bonus a cui si può accedere per la ristrutturazione di un’unità collabente non è il Superbonus, ma quello per gli interventi di sicurezza sismica, fino ad un massimo di 96.000 euro.
Alla fine dei lavori di ristrutturazione l’immobile finale deve, secondo quanto previsto dalla giurisprudenza, rientrare in una delle categorie catastali previste alla detrazione e avere una destinazione d’uso residenziale.
Advertisement - PubblicitàI fabbricati collabenti, costituiscono, lo 0,8% dello stock immobiliare. Hanno vissuto un periodo di incremento tra il 2011 ed il 2018, quando si è previsto il passaggio dei fabbricati rurali dal Catasto Terreni al Catasto Edilizio Urbano, nella categoria F/2, che ha previsto ai proprietari di questi ruderi l’esenzione dell’IMU.
Il tema dei fabbricati collabenti è strettamente incrociato, con il tema inerente la gestione e salvaguardia del territorio. A volte sono i Comuni, che si pongono come obiettivo, la riqualificazione del territorio non solo per quanto riguarda la valorizzazione o rivalorizzazione dei fabbricati diroccati, ma anche per favorire una esigenza estetica.
Le unità collabenti, spesso sono brutti fabbricati che deturpano il paesaggio urbano e rurale.
Con riferimento alla sicurezza del territorio, dovrebbero essere previsti alcuni doveri del proprietario di immobili fatiscenti; spesso la proprietà di questi immobili deriva da trasferimenti di eredità che coinvolgono più eredi di immobili che, non possiedono un valore economico, ne di mercato.
Solo operazioni di demolizione e ricostruzione o profonda ristrutturazione, porterebbero ad una valorizzazione, lavori che richiedono ingenti risorse finanziarie non sempre disponibili ai proprietari. Quindi occorrere concepire politiche di sostegno con verifiche, caso per caso, immobile per immobile, al fine di conseguire un miglioramento dal punto di vista della sicurezza e dell’estetica dall’ambiente in cui decadono, questi immobili. Ben vengono a questo proposito le politiche di sgravo fiscale e i bonus del 110% e per gli interventi di sicurezza sismica.
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