Di questi tempi, aprire un’impresa non è una cosa che tutti possono (o vogliono) fare. L’avvio di una Partita IVA, ma soprattutto il suo mantenimento, costa fatica, coraggio e grosse responsabilità.
Di questi tempi, aprire un’impresa non è una cosa che tutti possono (o vogliono) fare. L’avvio di una Partita IVA, ma soprattutto il suo mantenimento, costa fatica, coraggio e grosse responsabilità.
Ciò che più spaventa gli aspiranti imprenditori sono senza dubbio i costi, le tasse e la complessità dei regimi fiscali necessari per avviare un’attività. Il fatto che poi l’Italia sia uno dei Paesi in cui le imprese sono maggiormente tassate, sicuramente non fa altro che scoraggiare l’intento di mettersi in proprio.
Per tutti questi motivi è nato il regime forfettario. Tale regime può essere considerato una valida alternativa per permettere agli italiani di credere ancora nella speranza di poter “fare impresa”.
Di seguito vedremo come aprire un’impresa edile in regime forfettario – La Guida.
Sommario
Per poter aprire un’impresa edile in maniera “forfettaria”, è necessario sapere da subito come funziona questo tipo di regime.
Innanzitutto, non è una scelta disponibile per tutti, ma unicamente per le persone fisiche. Le società invece sono escluse. Possono quindi aderire a tale regime solo:
Per aderire al regime forfettario non esistono dei limiti di età. Per cui, può avviare un’impresa in tal modo un giovane di 18 anni, ma anche una persona di età avanzata che è già andata in pensione.
Ciò che caratterizza principalmente i vantaggi di aprire un’impresa edile in regime forfettario, è che l’intero elenco di tasse che normalmente si deve pagare con gli altri regimi, è racchiuso in un’unica imposta sostitutiva. Questa sarà pari al 5% sul reddito imponibile per 5 anni se:
Ma attenzione, nel caso in cui non fosse possibile rispettare i criteri suddetti, il soggetto non sarà escluso dal regime. Però, inizierà a pagare da subito un’imposta sostitutiva pari al 15%, invece che al 5%.
Advertisement - PubblicitàAprire un’impresa edile in regime forfettario è una soluzione adatta soprattutto a chi ha intenzione di iniziare da zero una nuova attività. Questo soprattutto per quanto riguarda il limite di ricavi imposto.
Infatti, per poter aderire a tale regime e mantenere nel tempo le agevolazioni che comprende, i ricavi complessivi annuali della ditta non devono mai superare i 65.000 euro.
Nel momento in cui, quindi, si presta ad avviare una nuova attività, ovviamente l’imprenditore non può sapere quanto guadagnerà da lì ad un anno. Per cui, inizialmente, è necessario fare una stima di quelli che potranno essere i ricavi.
Se questi poi risulteranno non superare l’importo di 65.000 euro, si potrà tranquillamente continuare con il regime forfettario. Nel momento in cui tale importo viene superato invece, l’impresa sarà costretta ad aderire ad un altro tipo di regime.
Advertisement - PubblicitàUno degli svantaggi di aprire un’impresa edile in regime forfettario, è che l’imprenditore non potrà scaricare le sue spese. L’unica cosa che egli avrà la possibilità di detrarre infatti saranno i contributi INPS che avrà pagato.
Il reddito imponibile (e quindi tassabile) su cui il soggetto dovrà subire l’applicazione dell’imposta sostitutiva si calcola in questo modo:
Moltiplicando i ricavi ottenuti in un anno per il Coefficiente di redditività;
Sottraendo poi alla cifra ottenuta l’importo dei contributi INPS che ha pagato.
Il risultato che si ottiene sarà l’importo che il soggetto dovrà pagare di tasse. Ma andiamo per gradi.
Il coefficiente di redditività è la percentuale che indica appunto l’importo tassabile sui ricavi complessivi. Tale percentuale è determinata dal Codice ATECO, che è differente per ogni settore professionale.
L’ATECO è la classificazione delle attività economiche adottato dall’ISTAT per suddividere gli ambiti lavorativi. E distinguere quindi il carattere economico di un settore secondo le rilevazioni statistiche nazionali.
Il settore delle costruzioni, secondo la classifica ATECO, ha il coefficiente di redditività più alto tra tutti, pari all’86%. Questo significa che l’impresa edile in regime forfettario sarà tenuta a pagare le tasse sull’86% dei ricavi totali ottenuti in un anno.
Proviamo a questo punto a fare un esempio per comprendere al meglio l’importo dell’imposta sostitutiva che l’imprenditore edile andrà a pagare. Mettiamo il caso che la sua impresa, in un anno, abbia ottenuto una cifra complessiva di ricavi pari a 50.000 euro.
Il soggetto dovrà quindi moltiplicare il suo ricavo (50.000 euro) per il coefficiente di redditività (86%). L’importo che otteniamo è di 43.000 euro, e questo è il reddito imponibile sul quale l’imprenditore edile dovrà pagare le tasse.
Attenzione però. Perché a questo importo dobbiamo sottrarre i contributi INPS che egli ha pagato. Vediamo come si calcolano.
Advertisement - PubblicitàIl calcolo dei contributi INPS che dovrà pagare un soggetto che si appresta ad aprire un’impresa edile in regime forfettario dipende dalla classificazione dell’impresa.
Si determina quindi dal fatto che l’attività sia registrata come:
Se quella che il soggetto intende avviare è un’attività d’impresa, si dovranno prendere in considerazione due tipologie di contributi: quelli fissi e quelli a percentuale.
I contributi fissi sono quelli che si dovranno pagare sempre, a prescindere da quanto l’attività ha guadagnato. Per quanto riguarda la categoria dei commercianti, l’importo fisso dei contributi INPS ammonta a 3.683 €.
Per ciò che concerne il nostro settore d’interesse invece, ovvero quello delle costruzioni (che rientra nell’artigianato), l’importo fisso è pari a 3.669 €.
Tale importo non dovrà essere pagato in un’unica soluzione, ma in 4 rate, con le seguenti scadenze fisse:
Ma non è finita qui, perché esistono anche i contributi a percentuale. Le attività di impresa che coi ricavi annuali supereranno l’importo di 15.549 €, saranno tenuti a pagare anche questo tipo di contributi. Che però, attenzione, saranno applicabili solo all’ammontare dei guadagni che ha superato tale cifra. E secondo una percentuale fissa.
In sostanza, se l’attività d’impresa ha guadagnato in un anno 17.000 €, l’imprenditore sarà tenuto a pagare i contributi fissi. E anche quelli a percentuale, che saranno però applicabili solo alla cifra di 1.451 € (17.000 – 15.549).
La percentuale da applicare a questa cifra è fissa e distingue ancora una volta le due categorie:
Spiegato in parole molto semplici, un imprenditore edile (e quindi artigiano), che ha superato di 1.451 € la cifra limite per i contributi fissi, dovrà pagare i contributi a percentuale calcolando il 23,55% di 1.451 €. Risultato: 341,71 €.
Le attività d’impresa che aderiscono al regime forfettario però, hanno anche la possibilità di chiedere uno sconto del 35% sui contributi INPS. Questo è valido sia che l’imprenditore debba pagare solo i contributi fissi, sia che debba pagare anche quelli a percentuale.
Per cui, seguendo l’esempio fatto finora, andremo a calcolare l’importo esatto dei contributi INPS di un’attività d’impresa del settore edile che ha guadagnato 17.000 euro in un anno.
Quindi:
3.669 (contributi fissi) – 35% (sconto forfettario) + 23,55% (percentuale fissa) di 1.451 (guadagno che supera la soglia limite).
Otteniamo: 2.384,85 (contributi fissi – sconto forfettario) + 341,71 (contributi a percentuale).
Il totale dei contributi da pagare per quest’attività d’impresa sarà pari a 2.726,56 €.
Per chi rientra nella categoria del lavoratore autonomo, il discorso è differente. Per i lavoratori autonomi non esistono i contributi fissi, ma solo quelli a percentuale.
La percentuale fissa qui è pari al 25,72%, che sarà applicata al reddito effettivo risultante nella Dichiarazione dei Redditi. Nel caso del lavoratore autonomo poi, non sono previsti sconti sui contributi, neanche se appartiene al regime forfettario.
Se quindi il lavoratore autonomo ha ottenuto un reddito pari a 17.000 euro, a questo intero importo si applicherà la percentuale del 25,72%. In conclusione, egli si troverà a pagare 4.372,4 € di contributi INPS a percentuale.
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