La recente sentenza del Consiglio di Stato n. 8591 del 28 ottobre 2024 ha affrontato un tema cruciale per il settore edilizio: la compatibilità tra libertà progettuale, tolleranze edilizie e rispetto dei vincoli paesaggistici.
Il caso riguarda la sospensione di una SCIA, motivata dal mancato rispetto delle normative paesaggistiche e dei limiti di tolleranza costruttiva, riaccendendo il dibattito tra esigenze di sviluppo edilizio e tutela del territorio.
Quali sono le implicazioni di questa decisione per i professionisti del settore? Come orientarsi tra norme tecniche e vincoli amministrativi?
Advertisement - PubblicitàLa controversia nasce dalla decisione di un Comune di sospendere la SCIA presentata da una società immobiliare, motivandola con il mancato rispetto dei requisiti richiesti per i lavori di ripristino di un immobile situato in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico.
L’immobile in questione, originariamente costruito negli anni ’80, era stato oggetto di più sanatorie edilizie, rilasciate nel 1999 in base alle richieste presentate dal precedente proprietario. Tuttavia, durante un sopralluogo effettuato successivamente, erano state riscontrate numerose difformità tra lo stato reale dell’edificio e quanto dichiarato nei titoli edilizi, incluso un nuovo manufatto e modifiche strutturali non conformi.
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Nel 2021, la società proprietaria aveva avviato un progetto per il ripristino dell’immobile, ma il Comune, rilevando l’assenza di conformità con i vincoli paesaggistici, aveva sospeso la SCIA. La società aveva quindi impugnato la decisione, sostenendo che le opere proposte rientrassero nei limiti di tolleranza costruttiva del 2% previsti dal DPR 380/2001 e che non fosse necessaria un’ulteriore autorizzazione paesaggistica.
Il Comune, dal canto suo, aveva contestato la validità di tali argomentazioni, ritenendo che gli interventi prospettati non rispettassero i requisiti richiesti per il ripristino fedele dello stato dei luoghi e che, in quanto opere soggette a vincolo, necessitassero obbligatoriamente dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi del D.Lgs. 42/2004.
Questa complessa vicenda ha portato il Consiglio di Stato a pronunciarsi, definendo i limiti applicativi delle normative edilizie e la loro interazione con i vincoli paesaggistici, fornendo così un quadro normativo più chiaro per professionisti e amministrazioni locali.
Advertisement - PubblicitàCon la sentenza n. 8591/2024 il Consiglio di Stato ha stabilito che le tolleranze costruttive del 2%, disciplinate dall’art. 34-bis del DPR 380/2001, possono essere applicate esclusivamente alle difformità accidentali emerse durante la realizzazione di un progetto già approvato, escludendone l’utilizzo per interventi progettuali che prevedano scostamenti fin dall’inizio.
Questo limite garantisce che le tolleranze non diventino uno strumento per aggirare i vincoli imposti dai titoli edilizi o dalle norme ambientali.
Un altro principio chiave della sentenza riguarda la centralità dell’autorizzazione paesaggistica per gli interventi edilizi in aree soggette a vincolo. Il Consiglio ha ribadito che tale autorizzazione è indispensabile, salvo specifiche deroghe previste dalla normativa vigente. In sua assenza, ogni atto edilizio, compresa la SCIA, è privo di efficacia giuridica.
Questo orientamento rafforza la tutela del patrimonio paesaggistico, riaffermando il primato delle normative ambientali sulle esigenze di semplificazione procedurale.
Infine, la sentenza sottolinea il ruolo delle amministrazioni locali nel vigilare sulla corretta applicazione delle norme, riconoscendo loro il potere di intervenire anche in presenza di irregolarità minime, laddove queste possano incidere su beni di rilevanza paesaggistica. Questo pronunciamento si inserisce in una giurisprudenza rigorosa, volta a preservare l’integrità del territorio e la sostenibilità delle attività edilizie.
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