Una sentenza del TAR Campania chiarisce che una recinzione leggera su proprietà privata non necessita di permesso di costruire. Fondamentale il rispetto delle procedure amministrative da parte dei Comuni.
Realizzare una recinzione per delimitare la propria proprietà è una delle attività più frequenti in ambito edilizio residenziale. Ma quali sono le regole da rispettare? Serve sempre il permesso di costruire? Oppure è sufficiente presentare una SCIA o una semplice comunicazione al Comune?
Una recente sentenza del TAR Campania ha fatto chiarezza su un tema molto discusso: l’obbligo di demolizione di una recinzione realizzata su suolo privato senza un adeguato titolo edilizio. Il Tribunale ha annullato l’ordinanza comunale che imponeva la demolizione, riconoscendo che l’opera rientrava nell’edilizia libera o comunque non richiedeva il permesso di costruire, poiché priva di impatto urbanistico rilevante.
Cosa ha portato il TAR a questa decisione? Quali sono i diritti di chi vuole delimitare la propria proprietà? Quali errori deve evitare la pubblica amministrazione per non vedersi annullati i propri provvedimenti?
Scopriamolo insieme.
Advertisement - PubblicitàTutto nasce da un intervento edilizio di modesta entità, come ne avvengono migliaia ogni anno in ambito residenziale. Il proprietario di un immobile, situato in un contesto condominiale, decide di installare una recinzione in ferro per delimitare un’area di propria esclusiva proprietà rispetto a quella comune condominiale.
L’opera realizzata consisteva nella posa di piantoni in acciaio zincato fissati su un cordolo preesistente in cemento, nell’installazione di un piccolo cancello di accesso e nell’apposizione di una ringhiera di delimitazione. La finalità dell’intervento era esclusivamente quella di separare fisicamente lo spazio privato da quello condominiale, senza realizzare nuove costruzioni o alterare in modo significativo l’assetto urbanistico.
Inizialmente, per regolarizzare l’intervento, il proprietario aveva presentato una Comunicazione di Inizio Lavori (CIL), prevista per gli interventi minori, e successivamente una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), ritenendo questa procedura adeguata in base alla normativa edilizia vigente.
Tuttavia, i tecnici comunali, a seguito di sopralluoghi effettuati presso l’immobile, hanno contestato la legittimità delle opere eseguite per due motivi principali:
Sulla base di queste contestazioni, il Comune ha avviato due distinti procedimenti di annullamento in autotutela delle SCIA presentate, senza tuttavia notificare formalmente tali atti al diretto interessato, come invece richiesto dall’art. 21-bis della Legge 241/1990.
Successivamente, ritenendo le opere abusive, l’amministrazione comunale ha emesso un’ordinanza di demolizione ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001, intimando al proprietario la rimozione della recinzione e il ripristino dello stato dei luoghi.
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Il proprietario ha quindi deciso di impugnare l’ordinanza di demolizione davanti al TAR Campania, sostenendo:
Il TAR Campania, con la sentenza n° 2575/2025, ha ribadito un principio fondamentale dell’edilizia italiana: non tutte le opere eseguite su un immobile necessitano di permesso di costruire. In particolare, gli interventi che hanno un impatto minimo sull’assetto urbanistico e paesaggistico del territorio possono rientrare nell’edilizia libera oppure essere realizzati con una semplice SCIA.
Questo è il caso delle recinzioni di piccole dimensioni, dei cancelli o delle delimitazioni leggere degli spazi esterni. Nella vicenda esaminata, l’opera oggetto del contendere consisteva in una recinzione lunga circa 9,5 metri e alta 70 centimetri, con un cancelletto largo poco più di un metro. Elementi di dimensioni modeste, realizzati in acciaio zincato, installati su un cordolo in cemento già esistente.
Secondo la giurisprudenza amministrativa più recente, un’opera di questo tipo non può essere considerata una “nuova costruzione” ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), e quindi non richiede permesso di costruire. Al contrario, trattandosi di un semplice intervento di delimitazione della proprietà privata, rientra nell’ambito degli interventi di edilizia libera (art. 6 del D.P.R. 380/2001) oppure, in alcune circostanze, può essere soggetta a SCIA se supera determinate caratteristiche tecniche.
I giudici hanno anche richiamato alcune sentenze di riferimento del Consiglio di Stato, che ribadiscono come le recinzioni che non alterano significativamente l’ambiente circostante o che non determinano una trasformazione urbanistica del territorio debbano essere considerate interventi minori. Tra queste, particolarmente rilevanti sono:
Il TAR ha inoltre precisato che l’attività di annullamento in autotutela da parte del Comune deve essere esercitata nel pieno rispetto delle garanzie procedurali previste dalla Legge 241/1990. In particolare, quando un’amministrazione annulla un titolo edilizio già presentato (come la SCIA), è obbligata a notificare formalmente tale provvedimento al destinatario, permettendogli di conoscere i motivi e di difendersi.
Nel caso in esame, invece, l’annullamento della SCIA non era stato notificato ai proprietari, privandoli della possibilità di dimostrare la legittimità dell’intervento, anche in relazione alla proprietà esclusiva dell’area recintata.
Infine, il TAR ha chiarito che l’ordinanza di demolizione adottata dal Comune era del tutto sproporzionata: la sanzione prevista dall’art. 31 del D.P.R. 380/2001 riguarda le opere abusive che incidono pesantemente sul territorio, come costruzioni ex novo o trasformazioni edilizie rilevanti. Non è questo il caso di una semplice recinzione.