Il TAR Campania annulla un’ordinanza di demolizione per una pergotenda, riconoscendola come edilizia libera, esente da permesso e autorizzazione paesaggistica. Chiariti i limiti e i diritti dei cittadini.
Negli ultimi anni, l’installazione di tende da sole, pergolati e pergotende ha suscitato numerosi dubbi interpretativi sul piano urbanistico-edilizio. Quando è necessaria l’autorizzazione paesaggistica? E quando invece si può parlare di edilizia libera?
Una recente sentenza del TAR Campania fa chiarezza su un caso concreto, offrendo spunti importanti per cittadini, tecnici e amministrazioni.
Ma cosa ha deciso il Tribunale? Quali sono i limiti e le condizioni perché una pergotenda possa rientrare nell’edilizia libera?
Scopriamolo insieme.
Sommario
Tutto ha inizio con l’installazione, da parte di una cittadina, di una pergotenda retrattile e amovibile su un terrazzo di proprietà. L’opera, secondo quanto dichiarato dalla proprietaria, aveva carattere temporaneo, non superava i 120 giorni e non comportava modifiche strutturali rilevanti. Per questo, in data 6 agosto 2020, era stata regolarmente presentata una CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) al Comune, come previsto per gli interventi di edilizia libera.
Nonostante ciò, il Comune di Serrara Fontana ha emesso ordinanza di demolizione n. 59 del 9 ottobre 2020, ritenendo che l’intervento fosse abusivo. A motivare la decisione, anche il fatto che l’immobile fosse oggetto di una pregressa istanza di condono edilizio ex legge 47/1985, non ancora definita. Il Comune sosteneva inoltre che la pergotenda fosse stata installata in una zona vincolata paesaggisticamente, il che avrebbe richiesto l’autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del paesaggio.
La ricorrente ha però sottolineato che:
Queste sono state le premesse del ricorso al TAR Campania, che ha poi esaminato attentamente la natura dell’intervento e la correttezza dell’operato comunale.
Advertisement - PubblicitàLa sentenza del TAR Campania si inserisce in un filone ormai consolidato della giurisprudenza amministrativa, che distingue nettamente tra strutture permanenti e strutture leggere e amovibili come le pergotende. Il punto chiave non è tanto la presenza di una copertura quanto la natura dell’opera principale: se si tratta di una semplice protezione solare, retrattile e priva di elementi stabili, l’intervento rientra nell’edilizia libera.
Il TAR cita esplicitamente una propria precedente sentenza (T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, n. 2289/2023) e una del T.A.R. Lazio (n. 12772/2023), entrambe concordi nel ritenere che:
«La tenda, integrata alla struttura portante, non può considerarsi una “nuova costruzione”, posto che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio».
L’elemento discriminante, quindi, è la funzione accessoria della struttura, che non deve creare un nuovo spazio abitativo né alterare sagoma o prospetto dell’edificio. Ed è proprio su questo principio che si fonda anche la modifica normativa introdotta con l’art. 6, comma 1, lett. b-ter del Testo Unico Edilizia (D.P.R. 380/2001), che ha incluso esplicitamente le “tende a pergola con telo retrattile” tra le opere realizzabili senza permesso di costruire, anche se dotate di struttura fissa per il sostegno.
Nel caso concreto, il TAR ha ritenuto che l’opera contestata fosse retraibile, amovibile e accessoria, senza creazione di nuovi volumi né modifiche strutturali permanenti. In assenza di prove contrarie da parte del Comune (che peraltro non si è costituito in giudizio), il Tribunale ha quindi concluso che la pergotenda rientrava pienamente nell’ambito dell’edilizia libera.
Leggi anche: La SCIA non basta: se la pergotenda è abusiva, scatta la demolizione
Advertisement - PubblicitàUn altro nodo cruciale affrontato nella sentenza riguarda la necessità o meno dell’autorizzazione paesaggistica per installare una pergotenda in area sottoposta a vincolo. In linea generale, qualsiasi intervento in zona vincolata richiede una valutazione da parte dell’amministrazione competente in materia di tutela del paesaggio.
Tuttavia, il D.P.R. 31/2017 (Regolamento sugli interventi esclusi da autorizzazione paesaggistica) ha introdotto delle importanti eccezioni.
In particolare, l’Allegato A – punto A.17 del decreto elenca tra gli interventi esenti:
«le installazioni esterne a corredo di attività economiche… costituite da elementi facilmente amovibili quali tende, pedane, paratie frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo».
Il TAR Campania ha ritenuto che la pergotenda oggetto del giudizio rispondesse a queste caratteristiche: era facilmente amovibile, non comportava opere murarie né alterava in modo permanente il contesto edilizio o paesaggistico. Pertanto, non era necessaria alcuna autorizzazione paesaggistica, anche se l’immobile si trovava in una zona tutelata.
Questo principio è particolarmente importante per tutti quei casi in cui si voglia installare una copertura leggera (come tende o pergole retrattili) in aree con vincoli paesaggistici: se l’opera è effettivamente leggera, temporanea e reversibile, non occorre alcun parere preventivo.
Advertisement - PubblicitàLa sentenza n. 122/2025 del TAR Campania ha accolto integralmente il ricorso della proprietaria, annullando non solo l’ordinanza di demolizione, ma anche il successivo verbale di inottemperanza, con il quale il Comune aveva avviato la procedura per l’acquisizione del bene al proprio patrimonio ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001.
Il Tribunale ha chiarito che l’intervento – trattandosi di edilizia libera – non richiedeva permesso di costruire, e quindi non poteva essere qualificato come abuso edilizio rilevante, tale da giustificare misure sanzionatorie così gravi. Di conseguenza, anche il procedimento di acquisizione è stato ritenuto viziato all’origine, in quanto fondato su un atto illegittimo.
Non meno rilevante è l’aspetto procedurale: il TAR ha ritenuto che l’Amministrazione abbia violato il diritto di partecipazione della ricorrente, non avendole notificato correttamente l’avvio del procedimento. La diffida citata nell’ordinanza era stata infatti trasmessa solo al tecnico, e non direttamente alla proprietaria, contravvenendo agli obblighi di comunicazione previsti dalla Legge 241/1990.
In sintesi, la decisione rafforza due principi fondamentali: