Il TAR Sicilia ha chiarito i limiti delle demolizioni edilizie, annullando l’ordine per opere rientranti nell’edilizia libera e confermando l’abbattimento degli ampliamenti permanenti, applicando il principio di proporzionalità.
La recente sentenza del TAR Sicilia n. 415/2025 ha sollevato una questione fondamentale nel diritto edilizio: quando un’opera può essere considerata abusiva e soggetta a demolizione?
Il caso riguardava un’attività commerciale alla quale il Comune aveva imposto l’abbattimento di alcune strutture ritenute irregolari. Tuttavia, il tribunale ha parzialmente accolto il ricorso, riconoscendo che non tutte le opere contestate richiedevano un permesso di costruire, poiché alcune rientravano nell’ambito dell’edilizia libera.
Secondo il TAR, le strutture precariamente installate, facilmente amovibili e prive di volumetria non necessitano di autorizzazione edilizia e non possono essere considerate abusi. Viceversa, ampliamenti permanenti e chiusure stabili che modificano la sagoma di un fabbricato sono soggetti a regole più stringenti.
Ma quali sono i criteri per distinguere un abuso edilizio da un intervento di edilizia libera? E quando un’ordinanza di demolizione può essere contestata?
Scopriamolo nel dettaglio.
Sommario
Nel caso esaminato dal TAR Sicilia, il Comune aveva ordinato la demolizione di diverse opere realizzate all’interno di un’attività commerciale, ritenendole abusive poiché prive di un valido titolo edilizio. Tuttavia, il tribunale ha distinto tra le varie strutture contestate, valutando la loro effettiva natura e il loro impatto urbanistico.
Alcuni degli interventi riguardavano la realizzazione di coperture leggere, come teli e vele ombreggianti, installate per migliorare la fruizione degli spazi esterni. Il TAR ha riconosciuto che queste opere, essendo prive di chiusure stabili e facilmente amovibili, rientrano nell’edilizia libera e non necessitano di alcuna autorizzazione. La loro funzione, infatti, è esclusivamente quella di proteggere dagli agenti atmosferici, senza comportare un aumento della volumetria dell’edificio.
Leggi anche: Guida completa all’edilizia libera: ecco i lavori che puoi fare senza chiedere permessi
Questa interpretazione è in linea con precedenti sentenze del Consiglio di Stato, che hanno chiarito come interventi simili, come le pergotende, non costituiscano nuove costruzioni se non modificano in modo permanente l’assetto del fabbricato principale.
Diverso è il caso degli ampliamenti permanenti, realizzati attraverso la chiusura di spazi con serramenti e l’installazione di impianti fissi. Questi interventi hanno determinato un incremento della volumetria dell’edificio e un ampliamento della superficie utile, con un impatto urbanistico significativo.
Advertisement - PubblicitàCon la sentenza n. 415/2025, il TAR Sicilia ha parzialmente accolto il ricorso della società titolare dell’attività commerciale, annullando in parte l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune. Il tribunale ha riconosciuto che alcune delle opere contestate erano effettivamente abusive, in quanto creavano un ampliamento stabile dell’edificio senza la necessaria autorizzazione edilizia.
Tuttavia, ha ritenuto illegittima la demolizione delle strutture leggere e temporanee, come le coperture in telo e le vele ombreggianti, ritenendole interventi di edilizia libera non soggetti a permesso di costruire.
Un elemento centrale della decisione è stato il principio di proporzionalità, secondo il quale l’amministrazione pubblica deve adottare misure adeguate e non eccessive rispetto all’obiettivo da raggiungere. Il TAR ha censurato l’operato del Comune per aver imposto una demolizione indiscriminata, senza distinguere tra opere permanenti e strutture amovibili. Secondo il tribunale, un intervento meno invasivo – come la limitazione dell’ordine di demolizione ai soli ampliamenti volumetrici – sarebbe stato più conforme ai principi di buona amministrazione.
La sentenza si inserisce in un quadro giurisprudenziale consolidato, che prevede una netta distinzione tra gli abusi edilizi veri e propri e gli interventi minori che non alterano significativamente l’assetto del territorio. Questa pronuncia potrebbe costituire un riferimento per casi analoghi, chiarendo i limiti entro cui i Comuni possono esercitare il potere di repressione degli illeciti edilizi.
Advertisement - PubblicitàUno degli argomenti sollevati dalla ricorrente riguardava il cosiddetto decreto “Salva Casa” (D.L. n. 69/2024), recentemente recepito in Sicilia con la Legge Regionale n. 27/2024. La difesa ha sostenuto che alcune delle opere contestate avrebbero potuto essere sanate alla luce delle nuove disposizioni, le quali prevedono una maggiore flessibilità nella regolarizzazione di piccoli abusi edilizi.
Leggi anche: Salva Casa: arrivata la circolare per l’attuazione delle norme in Sicilia
Tuttavia, il TAR ha respinto questa tesi, affermando che la normativa non può avere effetti retroattivi. Il tribunale ha precisato che il provvedimento di demolizione era stato adottato prima dell’entrata in vigore della nuova legge e, pertanto, doveva essere valutato secondo la normativa vigente all’epoca dei fatti.
Questo significa che, pur essendo possibile per la ricorrente presentare oggi un’istanza di sanatoria sulla base delle nuove norme, tale possibilità non influisce sulla legittimità della demolizione già disposta. La sentenza ribadisce quindi un principio fondamentale del diritto amministrativo: le modifiche normative non possono annullare retroattivamente atti già adottati, a meno che non sia espressamente previsto dalla legge.
Leggi anche: Salva casa: le nuove norme non sanano gli abusi passati
Il caso dimostra come il decreto “Salva Casa” possa rappresentare un’opportunità per regolarizzare determinate situazioni, ma solo se le domande di sanatoria vengono presentate prima che l’amministrazione adotti provvedimenti definitivi di demolizione.