Nel mondo dell’edilizia, uno dei temi più controversi riguarda la qualificazione dei volumi tecnici, in particolare dei cosiddetti “vuoti tombati“. Questi spazi, che svolgono una funzione meramente strutturale senza incrementare volumetria o superficie utile, spesso sono oggetto di contenziosi tra cittadini e amministrazioni comunali.

Una recente sentenza del TAR Campania (n. 420/2025) si è pronunciata su un caso emblematico, offrendo indicazioni preziose su quando un vano tombato può essere realizzato senza bisogno di permesso di costruire.

Ma quali sono le caratteristiche che un “vuoto tombato” deve avere per essere considerato edilizia libera? E cosa succede se al suo interno sono installati impianti come quello fotovoltaico?

Scopriamolo insieme.

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Il caso: la demolizione ordinata dal comune e il ricorso al TAR

La vicenda trae origine da un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune, che contestava la realizzazione di un manufatto edilizio in assenza di permesso di costruire. L’opera, descritta come un vano adiacente a un edificio principale, era stata realizzata con la finalità di contenere un terrapieno e garantire la protezione dell’immobile da infiltrazioni d’acqua.

Secondo la prospettazione dei proprietari, il vano doveva essere considerato un “vuoto tombato”: un volume interamente chiuso, privo di accessi praticabili e destinato esclusivamente a scopi tecnici, come previsto dalla normativa sull’edilizia libera (art. 6, D.P.R. 380/2001). Il Comune, tuttavia, ha adottato una linea diversa: ha sostenuto che il vano fosse parzialmente fuori terra, dotato di aperture e destinato a ospitare impianti come un sistema fotovoltaico, una caldaia e un’autoclave.

In questo modo, secondo l’amministrazione, l’opera aveva acquisito una autonomia funzionale, rendendola assimilabile a un vero e proprio ampliamento edilizio. Proprio a causa di questa qualificazione, il Comune ha ritenuto illegittima la realizzazione in assenza di titolo abilitativo e ha imposto ai proprietari la demolizione dell’opera.

Di fronte a questo provvedimento, i diretti interessati hanno deciso di impugnare l’ordinanza davanti al TAR, sostenendo la piena legittimità del manufatto come elemento tecnico accessorio dell’edificio principale.

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Le contestazioni del comune e le argomentazioni dei proprietari

Nel corso del giudizio, il Comune ha insistito nel ribadire che il manufatto non poteva essere considerato un semplice vuoto tecnico o tombato. In particolare, ha evidenziato come il vano presentasse due lati completamente fuori terra, delle aperture circolari di aerazione e dimensioni rilevanti, incompatibili – secondo l’ente – con la definizione di volume tecnico in edilizia libera.

Inoltre, ha sottolineato la presenza di un impianto fotovoltaico, di una caldaia e di un autoclave, elementi che, a detta dell’amministrazione, conferivano al vano una funzionalità autonoma rispetto all’edificio principale. Il Comune ha infine richiamato le disposizioni urbanistiche locali, rilevando che l’opera sarebbe stata realizzata in violazione delle norme sulle distanze dai confini e sulle distanze dalla strada comunale, aggravando ulteriormente il quadro di illegittimità edilizia.

Dal canto loro, i proprietari hanno fornito una ricostruzione totalmente diversa dei fatti. Hanno sostenuto che il vano fosse stato completamente sigillato, rendendolo di fatto inaccessibile e inutilizzabile; che le aperture circolari servissero unicamente a garantire una minima aerazione tecnica e che l’intervento rispondesse a esigenze di pura funzionalità strutturale.

Inoltre, hanno precisato che l’opera, priva di superficie utile e di autonomia funzionale, non determinava alcun incremento volumetrico, configurandosi come un intervento di edilizia libera ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 380/2001.

Quanto all’impianto fotovoltaico e agli altri sistemi tecnici, i ricorrenti hanno ribadito che non vi era alcuna destinazione abitativa o autonoma del vano, ma soltanto una funzione strumentale a servizio dell’immobile principale.

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Il principio di diritto affermato dal TAR

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania ha accolto il ricorso, basando la propria decisione su un principio di diritto molto chiaro: un vano tombato, privo di autonomia funzionale e destinato esclusivamente a esigenze tecniche o strutturali, rientra nell’ambito dell’edilizia libera, anche se presenta dimensioni significative o aperture di aerazione.

Secondo il TAR, infatti, la presenza di fori di ventilazione di piccole dimensioni non esclude la qualificazione di “vuoto tombato”, così come il fatto che il vano sia solo parzialmente interrato non è di per sé sufficiente a farlo considerare una nuova costruzione. I giudici hanno inoltre chiarito che il Comune non ha adeguatamente motivato perché la dimensione dell’opera sarebbe sproporzionata rispetto alla sua funzione di contenimento del terrapieno e di protezione dall’umidità.

Anche la presenza di impianti tecnici, come il fotovoltaico o l’autoclave, non trasforma automaticamente il vano in un volume abitativo, a patto che questi siano funzionali al fabbricato principale e non comportino un utilizzo autonomo degli spazi.

Alla luce di queste considerazioni, il TAR ha ritenuto che l’opera potesse qualificarsi come volume tecnico “tombato”, non soggetto a permesso di costruire, annullando così l’ordinanza di demolizione e i successivi provvedimenti comunali.

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Quando un vuoto tombato rientra nell’edilizia libera?

La sentenza del TAR Campania offre una preziosa occasione per chiarire quali siano i requisiti affinché un vuoto tombato possa essere considerato un intervento di edilizia libera. Secondo il giudice amministrativo, per poter parlare di vuoto tombato – e quindi di opera esente da permesso di costruire – è necessario che il vano:

  • sia completamente chiuso e inaccessibile dall’esterno e dall’interno, fatta salva una minima ventilazione tecnica;
  • svolga una funzione meramente strutturale o tecnica, come il contenimento di un terrapieno o l’isolamento dell’edificio dall’umidità;
  • non generi superficie utile né incrementi la volumetria complessiva dell’immobile;
  • non sia destinato a un uso autonomo rispetto all’edificio principale.

Un vuoto tombato, dunque, non deve poter essere utilizzato come locale abitabile, magazzino, deposito o altro ambiente autonomo. La sua funzione deve restare strettamente legata alle esigenze strutturali dell’edificio cui serve.

Anche l’installazione di impianti tecnici, come un fotovoltaico o un’autoclave, non è di per sé sufficiente a cambiare la natura del vano, purché tali impianti siano esclusivamente strumentali al funzionamento dell’immobile principale e non trasformino lo spazio in un ambiente autonomo e utilizzabile.