Il criterio di adattabilità è il terzo livello di qualità dello spazio costruito previsto dal DM n. 236 del 14 giugno 1989, la legge di settore in ambito di abbattimento delle barriere architettoniche.
Si tratta di un livello di qualità ridotto, rispetto a quello di accessibilità totale all’immobile o a quello di visitabilità, che consente l’accesso a parti specifiche.
Il criterio di adattabilità è richiesto in relazione agli edifici, residenziali e non, che non rispettino già i criteri di accessibilità o visitabilità, e consiste nel garantire la possibilità di adeguare l’immobile in un tempo futuro.
Approfondiamo di seguito.
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Advertisement - PubblicitàIl criterio di adattabilità non conferisce nell’immediato alcun beneficio all’immobile dal punto di vista dell’accessibilità, e quindi dell’eliminazione delle barriere architettoniche.
Viene inteso infatti come “un’accessibilità differita”, ovvero rimandata ad un tempo futuro.
Nello specifico, il rispetto dell’adattabilità richiede che la struttura sia realizzata, o ristrutturata, in modo tale che un giorno si possa adeguare, senza troppe difficoltà, ai criteri di accessibilità o di visitabilità richiesti per assicurare l’accesso agli edifici anche alle persone con capacità motorie o sensoriali ridotte o impedite.
Tale criterio viene predisposto quindi come un’originaria previsione progettuale di una potenziale futura trasformazione dell’edificio.
Ad esempio, la legge di settore citata prevede che i luoghi di lavoro e le sedi di attività – che non siano aperte al pubblico, e che non siano soggette alle normative sul collocamento obbligatorio di disabili – siano tenute solo al rispetto del criterio di adattabilità.
In questi casi, se il luogo di lavoro dovesse essere successivamente assoggettato all’assunzione obbligatoria di disabili, la struttura dell’edificio – se è stata realizzata seguendo i criteri di adattabilità – potrà essere facilmente adeguata per garantire l’accesso completo all’edificio a tutti.
La stessa cosa vale per gli immobili abitativi unifamiliari e plurifamiliari nei quali non siano presenti parti in comune. Anche queste potranno essere realizzate o ristrutturate in base al solo criterio dell’adattabilità.
L’art. 3 del decreto estende poi tale principio in relazione agli immobili di qualunque destinazione d’uso, e dispone infatti che:
“Ogni unità immobiliare, qualunque sia la sua destinazione, deve essere adattabile per tutte le parti e componenti per le quali non è già richiesta l’accessibilità e/o la visitabilità, fatte salve le deroghe consentite dal presente decreto.”
Questo è quanto disposto in relazione ai criteri generali di progettazione degli edifici.
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Advertisement - PubblicitàI requisiti richiesti in maniera specifica per il criterio di adattabilità sono distinti in:
Nel primo caso, per le nuove costruzioni, soddisfare il criterio di adattabilità nell’ambito delle barriere architettoniche significa realizzare l’immobile (e le sue parti) in maniera adattabile. Ovvero:
Per quanto riguarda le unità immobiliari a più piani – nelle quali sia presente una scala che, per conformazione, non consenta di poter installare servoscala o montascale – sarà obbligatorio progettare e realizzare uno spazio aggiuntivo in cui poter, successivamente, installare un ascensore o una piattaforma elevatrice.
In riferimento invece agli interventi di ristrutturazione degli immobili già esistenti, il criterio di adattabilità richiede, di base, che vengano soddisfatti gli stessi criteri previsti per gli edifici di nuova costruzione.
Per la ristrutturazione di edifici già esistenti, però, è fondamentale che i criteri di adattabilità non sovrastino la natura né compromettano la stabilità o la fruibilità dell’immobile.
Nello specifico, il progetto e i lavori di ristrutturazione dovranno essere condotti:
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