La conservazione del patrimonio culturale dev’essere assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro.
Questo è quanto stabilito dal Codice dei Beni Culturali, che impone di tutelare, rispettare e valorizzare sempre i beni culturali e paesaggistici all’interno del territorio nazionale.
Approfondiamo di seguito.
Advertisement - PubblicitàL’art. 29 del Codice dispone in sostanza che ogni attività che viene realizzata con lo scopo di conservazione e tutela del patrimonio culturale, debba essere preceduta da attentissime fasi di studio e analisi.
Saranno appunto fondamentali 3 concetti, ovvero:
Nello specifico, la prevenzione comprende il complesso delle attività necessarie a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto.
Per manutenzione si intende invece il complesso delle attività e degli interventi che sono mirati a tenere sotto controllo le condizioni del bene e delle sue parti, assicurandone il rispetto dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità.
Il restauro, invece, comprende gli interventi edilizi che vengono direttamente realizzati sul bene, con lo scopo di conservarne l’integrità materiale e/o provvedere al suo recupero. In tutte le opere di restauro sarà necessario poi tutelare i valori culturali che ogni bene rappresenta e trasmette.
Se i beni immobili del patrimonio culturale dovessero essere ubicati in un’area dichiarata anche a rischio sismico, tra le opere di restauro sarà possibile inoltre consolidare strutturalmente l’edificio.
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Advertisement - PubblicitàTutti i procedimenti e le obbligazioni da rispettare nell’ambito della conservazione del patrimonio culturale spettano al Ministero della Cultura, che è tenuto a definire le linee di indirizzo, le norme tecniche, i criteri e i modelli di intervento che possono essere adottati in materia di conservazione dei beni culturali e paesaggistici.
Il Ministero, a questi fini, può avvalersi comunque della collaborazione delle regioni, delle università e degli istituti di ricerca competenti.
Possono essere autorizzati al compimento delle opere di conservazione esclusivamente coloro che siano riconosciuti come restauratori. Questi possono intervenire con lavori di manutenzione e restauro sia dei beni culturali mobili che delle superfici decorate di beni architettonici.
L’impiego di restauratore, nello specifico, comprende l’apprendimento del restauro in scuole di alta formazione e di studio, che possono essere condotti anche in centri appositamente dedicati alla professione o presso altri soggetti pubblici e privati accreditati presso lo Stato.
Lo studio della materia deve comprendere inoltre un esame finale, al quale dovrà partecipare almeno un rappresentante del Ministero, che avrà valore di esame di Stato e, come titolo accademico, è equiparato al diploma di laurea specialistica o magistrale.
Per quanto riguarda invece i collaboratori e le figure professionali che svolgono attività complementari al restauro, o altre attività di conservazione dei beni culturali, la loro formazione dovrà essere garantita da soggetti pubblici e privati.
Il comma 11 dell’art. 29, prevede infine che:
“Mediante appositi accordi il Ministero e le regioni, anche con il concorso delle università e di altri soggetti pubblici e privati, possono istituire congiuntamente centri, anche a carattere interregionale, dotati di personalità giuridica, cui affidare attività di ricerca, sperimentazione, studio, documentazione ed attuazione di interventi di conservazione e restauro su beni culturali, di particolare complessità. Presso tali centri possono essere altresì istituite, ove accreditate, ai sensi del comma 9, scuole di alta formazione per l’insegnamento del restauro.”
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