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Cambio di destinazione d’uso: quando serve il permesso di costruire?

Il cambio di destinazione d’uso richiede permessi specifici, specie nei centri storici e zone sismiche. La Cassazione chiarisce obblighi legali per tutelare sicurezza e conformità urbanistica.

Cambio di destinazione d’uso: quando serve il permesso di costruire?Cambio di destinazione d’uso: quando serve il permesso di costruire?
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Il cambio di destinazione d’uso di un immobile, come trasformare un appartamento in una struttura ricettiva, è una pratica sempre più diffusa, ma non priva di regole precise. Per apportare modifiche significative alla funzione di un immobile, spesso è necessario ottenere autorizzazioni specifiche, come il permesso di costruire, soprattutto se si interviene in centri storici o in zone con vincoli particolari.

Un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 42369/2024) ha chiarito i limiti e gli obblighi legali legati a queste operazioni. Nella vicenda, un immobile ad uso residenziale era stato trasformato in una casa-vacanze senza le autorizzazioni necessarie, portando alla contestazione di violazioni urbanistiche e antisismiche.

Cosa comporta il cambio di destinazione d’uso? Quando è obbligatorio il permesso di costruire? E come evitare errori che possono tradursi in sanzioni?

Scopriamolo insieme.

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Il caso preso in esame: da abitazione a casa-vacanze

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione ha preso avvio da lavori edilizi realizzati in un immobile situato nel centro storico di una città italiana, classificato originariamente come abitazione residenziale.

I lavori consistevano nella trasformazione degli spazi interni per adattarli a un’attività ricettiva extra-alberghiera, nello specifico una struttura di tipo affittacamere o casa-vacanze. Gli interventi includevano la creazione di quattro camere da letto con relativi bagni, un ingresso spazioso e una lavanderia, eliminando la cucina, elemento caratterizzante dell’uso abitativo.

Questa trasformazione ha comportato un mutamento della destinazione d’uso, da residenziale a turistico-ricettiva, come definito dall’art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001.

Secondo la normativa, tale cambio di destinazione d’uso, comportando un passaggio a una categoria urbanistica diversa, richiedeva obbligatoriamente il permesso di costruire. Inoltre, l’immobile si trovava in una zona sismica, dove è previsto il deposito preventivo dei progetti edilizi presso l’Ufficio del Genio Civile, come stabilito dagli articoli 83 e seguenti dello stesso D.P.R.

Questi adempimenti sono essenziali per garantire che le opere rispettino le norme di sicurezza strutturale, un requisito imprescindibile in aree a rischio sismico.

La difesa ha sostenuto che gli interventi rientravano tra le modifiche compatibili con l’uso originario e non comportavano un aumento del carico urbanistico. Inoltre, è stata invocata la normativa regionale che disciplina le strutture ricettive extra-alberghiere, interpretata in modo tale da non richiedere permessi ulteriori per attività di affittacamere in immobili di categoria catastale A.

Tuttavia, i giudici di merito hanno rilevato che il cambio d’uso, essendo funzionale e non solo strutturale, richiedeva specifiche autorizzazioni urbanistiche e antisismiche.

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La sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione, esaminando il caso, ha confermato le decisioni dei giudici di primo e secondo grado, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dall’imputato. Il principio cardine ribadito dalla Corte è che il cambio di destinazione d’uso, anche senza modifiche strutturali significative, comporta un passaggio tra categorie urbanistiche diverse e richiede, pertanto, il rilascio di un permesso di costruire.

Questo principio è particolarmente stringente nei centri storici, dove anche i cambiamenti all’interno della stessa categoria omogenea devono essere autorizzati per tutelare il contesto urbanistico e architettonico.

Leggi anche: Cambio destinazione d’uso da rurale a residenziale: l’assenza di permesso implica la demolizione

Nel dettaglio, la Corte ha sottolineato che la normativa nazionale prevale su eventuali interpretazioni regionali più permissive. In questo caso, le norme regionali invocate dalla difesa, che regolamentano le attività ricettive extra-alberghiere, non possono derogare alla necessità di un permesso di costruire quando il cambio di destinazione comporta un mutamento funzionale rilevante, come quello da residenziale a turistico-ricettivo.

Inoltre, la mancanza del deposito dei progetti presso l’Ufficio del Genio Civile costituisce una violazione rilevante, vista la zona sismica in cui era ubicato l’immobile.

La Corte ha anche respinto la richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto, ritenendo che, nonostante la pena inflitta fosse prossima al minimo edittale, i reati contestati avessero una gravità non trascurabile, specialmente in considerazione delle omissioni legate alla sicurezza strutturale.

Scarica la sentenza



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TAGS: affittacamere, cambio uso immobile, centri storici, Corte di Cassazione, destinazione d'uso, immobili turistici, normativa antisismica, normativa urbanistica, permesso costruire, vincoli edilizi

Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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