Il recente emendamento riguardante il Superbonus, ovvero lo “spalma-crediti”, ha introdotto modifiche importanti sulle modalità di utilizzo delle detrazioni fiscali.
L’emendamento del governo ha imposto la spalmatura decennale delle detrazioni ottenute tramite Superbonus, Sismabonus, e il bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche, cambiando radicalmente l’approccio precedente.
Tali modifiche non solo influenzano i diretti beneficiari delle detrazioni, ma anche banche e imprese che operano con i crediti fiscali. Si attende per oggi l’Ok del Senato.
Ma chi sarà realmente colpito da queste novità? E quali strategie potranno adottare le aziende e i privati per navigare in questo nuovo scenario fiscale?
Scopriamo insieme quali sono le prospettive e le sfide che attendono i diversi attori coinvolti.
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Advertisement - PubblicitàL’obbligo di spalmare in dieci anni le detrazioni fiscali riguarda tutti coloro che intendono usufruire del Superbonus e di bonus simili a partire dal primo gennaio di quest’anno. Questa regola si applica esclusivamente ai contribuenti che detengono direttamente i crediti, ovvero coloro che non hanno optato per lo sconto in fattura o per la cessione del credito a terzi come banche o altre imprese.
Questa misura colpisce direttamente i privati cittadini e i condomini che speravano di poter compensare in tempi brevi le spese sostenute con risparmi fiscali immediati.
Per i condomini che hanno già avviato lavori approvando i progetti entro novembre 2022 e depositato la Cilas entro dicembre 2022, esiste ancora la possibilità di beneficiare della detrazione del 70% e di usufruire dello sconto in fattura.
Questa è una finestra temporale che permette a questi soggetti di completare i lavori usufruendo ancora delle condizioni favorevoli precedentemente stabilite. Tuttavia, la disponibilità di banche o imprese disposte a applicare tali sconti potrebbe ridursi a causa delle nuove normative che limitano l’uso dei crediti fiscali.
Advertisement - PubblicitàDal 2025, una nuova regolamentazione limiterà significativamente le capacità delle banche e degli intermediari finanziari di utilizzare i crediti fiscali per compensare debiti previdenziali e assicurativi verso enti come l’INPS e l’INAIL. Questo provvedimento mira a prevenire che tali entità sfruttino eccessivamente i vantaggi fiscali derivanti dai crediti del Superbonus, che erano inizialmente destinati a incentivare interventi edilizi di miglioramento energetico e sicurezza strutturale.
Le banche, che hanno accumulato ingenti crediti fiscali attraverso l’acquisto da terzi, trovano ora un ostacolo significativo. La “capienza fiscale”, ovvero la capacità di utilizzare tali crediti, potrebbe non essere sufficiente per assorbire il valore totale dei crediti in possesso, rischiando di perdere il valore eccedente.
Ciò potrebbe risultare in un considerevole impatto finanziario per le banche più esposte.
Nonostante le restrizioni introdotte, alcune entità rimangono al di fuori del perimetro di applicazione di queste nuove norme. Le imprese di costruzione che hanno beneficiato dello sconto in fattura e le imprese che hanno in bilancio crediti da Superbonus non sono soggette alla nuova regolamentazione sulle compensazioni. Inoltre, le Poste Italiane rappresentano un caso particolare; nonostante siano soggette a obblighi di vigilanza bancaria, non rientrano nella categoria degli intermediari finanziari previsti dall’articolo 106 del Testo Unico Bancario e possono quindi continuare a compensare i crediti fiscali con i contributi INPS e INAIL.
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L’emendamento introduce anche una norma volta a contrastare pratiche potenzialmente speculative nel mercato dei crediti fiscali.
Dal 2025, le banche e gli intermediari finanziari che acquisiscono crediti derivanti dal superbonus o dal sismabonus a un prezzo inferiore al 75% del loro valore nominale, non potranno utilizzarli immediatamente per compensazioni ma dovranno distribuirli in sei rate annuali.
Questo provvedimento è inteso a disincentivare l’acquisto speculativo di crediti a prezzi fortemente ribassati, una pratica che potrebbe minare l’efficacia degli incentivi fiscali destinati a promuovere la riqualificazione del patrimonio edilizio nazionale.
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