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Reverse charge su energia e gas: indicazioni dall’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate chiarisce l’applicazione del reverse charge nel settore energetico, specificando come gestire l’IVA per le cessioni di energia e gas precedenti al 2015 e l’importanza delle normative attuali.

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Il reverse charge è un meccanismo fiscale che trova ampia applicazione in diversi settori economici, incluso quello delle cessioni di gas ed energia elettrica. Recentemente, l’Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti con il principio di diritto n. 2/2024, in merito alla corretta gestione dell’IVA su cessioni di energia elettrica antecedenti al 2015, in caso di variazioni dei prezzi.

Ma quali sono le principali implicazioni di questo aggiornamento normativo e come influisce sulla fatturazione?

Analizziamo i dettagli di questa complessa normativa.

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Variazioni della base imponibile per cessioni ante 2015

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che nel caso di un aggiornamento dei prezzi relativi all’energia elettrica ceduta prima del 2015, eventuali compensi aggiuntivi ricevuti a seguito di tali variazioni devono essere fatturati con l’applicazione dell’IVA ordinaria, e non in regime di reverse charge.

Questo perché, al momento in cui furono emesse le fatture originali, il reverse charge non era ancora applicabile alle cessioni di energia elettrica.

Questa precisazione riguarda specificamente le operazioni concluse prima dell’introduzione del reverse charge nel 2015, che inizialmente era stato adottato per combattere fenomeni di frode fiscale in settori particolarmente vulnerabili, come quello della tecnologia e dei dispositivi elettronici.

Tuttavia, per le cessioni di energia effettuate prima di quella data, l’IVA va gestita seguendo il regime ordinario. Ciò significa che i maggiori compensi percepiti per l’aggiornamento dei prezzi devono essere addebitati al cliente con l’aggiunta dell’IVA, anche se le fatture originarie non prevedevano il reverse charge.

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Il reverse charge nel settore energetico

Il meccanismo del reverse charge è stato introdotto in Italia per le cessioni di energia elettrica e gas a partire dal 2015, con lo scopo di ridurre le frodi fiscali. Inizialmente previsto per un periodo limitato, è stato successivamente prorogato più volte, con l’ultima estensione valida fino al 31 dicembre 2026, in conformità con la Direttiva 2022/890/UE.

In Italia, questa proroga è stata recepita con il Decreto Legge n. 73 del 21 giugno 2022, convertito con modificazioni dalla Legge n. 122 del 4 agosto 2022.

Il reverse charge permette di trasferire gli obblighi fiscali legati all’IVA dal cedente (fornitore) al cessionario (acquirente). Questo significa che, in deroga al sistema ordinario, l’acquirente si fa carico del pagamento dell’IVA, riducendo così le opportunità di evasione fiscale da parte dei fornitori.

Leggi anche: Reverse charge: cos’è, quando si applica e come funziona

La misura è particolarmente efficace nei settori dove è più difficile tracciare correttamente le transazioni, come quello energetico.

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Applicazione del reverse charge per i soggetti passivi-rivenditori

Dal 2015, il reverse charge si applica anche alle cessioni di gas ed energia elettrica nei confronti dei cosiddetti soggetti passivi-rivenditori. Come definito dall’articolo 7-bis del Dpr n. 633/1972, il soggetto passivo-rivenditore è colui che acquista gas o energia elettrica principalmente per la rivendita, e non per uso personale, il cui consumo è considerato trascurabile.

Questo meccanismo è particolarmente rilevante nel contesto del mercato energetico, dove molte aziende acquistano e rivendono energia e gas a clienti finali. La gestione dell’IVA con il reverse charge permette di semplificare il processo di fatturazione e di garantire che l’imposta venga applicata correttamente, evitando frodi o errori.

Tuttavia, è fondamentale che le aziende coinvolte nelle cessioni di energia prestino attenzione alla corretta classificazione dei loro clienti come soggetti passivi-rivenditori, poiché il regime di inversione contabile si applica solo in questi specifici casi.

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Esclusione del reverse charge per le note di credito antecedenti

Un altro punto importante chiarito dall’Agenzia delle Entrate riguarda le note di credito. In particolare, il regime del reverse charge non si applica alle note di credito emesse per fatture riferite a periodi precedenti all’entrata in vigore del meccanismo dell’inversione contabile.

Ciò significa che, per tutte le transazioni concluse prima del 2015, anche se oggi si presentano variazioni o rettifiche, bisogna continuare a utilizzare il regime di fatturazione ordinaria.

Questo aspetto è rilevante per le aziende che si trovano a dover rettificare le fatture passate per cessioni di gas o energia elettrica. L’adozione del reverse charge per le nuove transazioni non influisce retroattivamente sulle operazioni passate, garantendo una netta separazione tra il regime fiscale attuale e quello precedente.



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TAGS: cessione energia elettrica, cessione gas, fatturazione Iva, inversione contabile, Iva settore energetico, proroga reverse charge, regime fiscale energia, reverse charge, variazione prezzi energia

Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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