Quando gli inquilini non pagano l’affitto, il proprietario dell’immobile può ricevere dallo Stato un rimborso corrispondente all’intera somma delle imposte che ha pagato sui canoni scaduti.
Quando gli inquilini non pagano l’affitto, il proprietario dell’immobile può ricevere dallo Stato un rimborso corrispondente all’intera somma delle imposte che ha pagato sui canoni scaduti.
La possibilità di detassare i canoni non percepiti è stata introdotta solo qualche anno fa per via di una deroga alla normativa.
Di base infatti, secondo quanto disposto dal TUIR, i proprietari degli immobili si vedono imputare i redditi fondiari anche nel caso in cui in realtà non vengano percepiti. Ciò significa che saranno tenuti a dichiarare e a pagare le imposte su questi redditi anche non avendoli ricevuti.
Come dicevamo però, ad oggi esiste la possibilità di vedersi rimborsati gli importi corrispondenti a quelle imposte, anche sotto forma di credito d’imposta.
Vediamo di seguito come si procede.
Sommario
Il tema è stato trattato di recente in un quesito posto alle Entrate sul portale FiscoOggi. Qui una contribuente chiedeva esplicitamente:
“Quando e in che modo è possibile richiedere il credito d’imposta per i canoni non pagati dall’inquilino nell’ambito di un contratto di locazione di immobile ad uso abitativo?”
Per rispondere a questa domanda, ci si deve appunto affidare a quanto disposto dall’art. 26 del TUIR.
All’ultimo periodo del comma 1 possiamo leggere che:
“Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.”
Come è chiaro nella normativa, per vedersi riconoscere il credito sulle imposte pagate è necessario che il locatore abbia avviato una procedura di sfratto nei confronti dell’inquilino moroso.
Poco sopra viene precisato infatti che:
“I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito, purché la mancata percezione sia comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento.”
In sostanza, l’unico modo per riavere indietro le somme corrispondenti alle tasse pagate è dimostrare di aver avviato le procedure, anche solo con la notifica della prima ingiunzione di pagamento.
Leggi anche: “Sfratto per morosità: come funziona, procedimento, tempi”
Advertisement - PubblicitàQuanto spiegato sopra non era possibile prima delle modifiche apportate all’art. 26 del TUIR dal Decreto Crescita nel 2019.
Prima infatti era stabilito che le somme corrispondenti alle imposte potessero essere richieste a rimborso solo dopo che si era concluso del tutto il procedimento di convalida dello sfratto.
Ad oggi basta dimostrare che la pratica sia stata avviata.
Un’altra fondamentale modifica apportata al TUIR è quella prevista dalla legge di conversione del Decreto Sostegni, che ha esteso la possibilità di richiedere il rimborso subito dopo l’avvio della procedura anche per i contratti stipulati prima del 1° gennaio 2020.
Prima infatti, per com’era formulata la normativa, i contratti stipulati prima di questa data dovevano seguire le disposizioni precedenti, e quindi i proprietari dovevano attendere la conclusione della procedura di sfratto.
Ad oggi non è più rilevante la data di sottoscrizione del contratto, ma rimane comunque un limite da rispettare. È concesso infatti richiedere il rimborso delle imposte non percepite anche prima della conclusione delle procedure, ma esclusivamente in riferimento alle mensilità di canone non percepite a partire dal 1° gennaio 2020.
Advertisement - PubblicitàL’importo che si può chiedere a rimborso equivale al 100% del valore delle imposte pagate sui canoni non percepiti.
Le imposte sui canoni non percepiti possono essere richieste a rimborso con una delle seguenti modalità:
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