In riferimento ai contributi a fondo perduto concessi per l’emergenza Covid, non molto tempo fa, l’Agenzia delle Entrate aveva affermato che, in assenza di alcuna specifica disposizione normativa che affermasse l’esenzione dalle imposte, i contributi dovevano essere considerati ai fini IRPEF e IRAP.
Successivamente però, le normative di riferimento sono cambiate, per cui si è disposto che i contributi a fondo perduto non debbano essere calcolati come redditi imponibili.
Di seguito analizzeremo un recente caso posto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate, in cui chiariremo una volta per tutte in che modo debbano essere considerati i contributi a fondo perduto e a quale tassazione siano assoggettati.
Advertisement - PubblicitàIl caso affrontato nella risposta ad interpello n. 815 del 15 dicembre 2021 riguarda appunto un contribuente che afferma di aver ottenuto il contributo a fondo perduto previsto dall’art. 245 del Decreto Rilancio.
Tale contributo è stato disposto a favore di chi aveva già beneficiato dell’agevolazione “Resto al Sud”, al fine di sostenere il rilancio produttivo e contrastare la crisi di liquidità nel periodo di emergenza da Covid-19.
L’istante scrive alle Entrate in quanto riconosce che l’art. 245 del decreto citato non prevede esplicitamente la non imponibilità ai fini IRPEF e IRAP in riferimento a tale contributo a fondo perduto.
Il soggetto afferma di ricordare inoltre che la stessa Agenzia delle Entrate, con una risposta ad interpello datata all’anno scorso, aveva dedotto come i contributi a fondo perduto che non prevedono espressamente la detassazione, dovranno essere considerati ai fini IRPEF e IRAP.
Successivamente però la normativa è cambiata, per cui il contribuente vorrebbe sapere definitivamente se tali contributi debbano essere tassati oppure no, in riferimento anche al fatto che le disposizioni normative sono cambiate successivamente all’erogazione del contributo.
Advertisement - PubblicitàSull’imponibilità ai fini IRPEF e IRAP dei contributi a fondo perduto si è discusso parecchio negli ultimi due anni.
In tal senso però, è stata fondamentale alla fine dello scorso anno la conversione in legge del Decreto Ristori e in particolare l’integrazione del comma 10-bis. Qui si è stabilito infatti che:
“I contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza, da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, spettanti ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) […]”.
In risposta all’istante, il Fisco ritiene dunque che tutti i contributi a fondo perduto concessi in seguito allo scoppio dell’emergenza Covid-19, a prescindere dalla destinazione o dal settore, possano essere considerati non tassabili.
Ciò a prescindere anche dal fatto che tale contributo fosse destinato esclusivamente a chi aveva già beneficiato dell’agevolazione Resto al Sud, perché, essendo comunque un contributo a fondo perduto erogato in via eccezionale per l’emergenza, rientra senza dubbio tra i contributi che non concorrono al reddito imponibile.
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