Una recente sentenza della Cassazione evidenzia che i canoni di locazione commerciale non percepiti devono essere dichiarati come reddito imponibile fino alla registrazione formale della risoluzione del contratto.
Una recente sentenza della Cassazione ha posto l’accento su un aspetto fondamentale della gestione dei contratti di locazione: l’imputazione ai fini fiscali dei canoni di locazione non percepiti e l’importanza della registrazione formale della risoluzione del contratto.
Questo principio ribadisce l’obbligo per i locatori di dichiarare i canoni di locazione fino alla registrazione ufficiale della risoluzione del contratto, indipendentemente dalla loro effettiva percezione. Tale sentenza solleva questioni cruciali relative alla fiscalità immobiliare e alla gestione dei contratti di locazione, evidenziando le implicazioni per locatori e locatari nel settore commerciale.
Questo articolo esplora le dinamiche e le conseguenze di questa sentenza, fornendo un’analisi approfondita delle sue implicazioni per il settore immobiliare commerciale.
Sommario
La recente ordinanza della Cassazione n. 746, emessa il 9 gennaio 2024, ha gettato luce su un principio fondamentale nel contesto dei contratti di locazione commerciale: fino alla registrazione formale della risoluzione del contratto, i canoni non percepiti devono essere considerati nel calcolo del reddito imponibile del locatore.
Questa decisione deriva da una controversia riguardante un avviso di accertamento relativo all’anno fiscale 2007, in cui un contribuente non aveva dichiarato i redditi derivanti dalla locazione commerciale di un immobile, presumendo erroneamente che, senza la registrazione della risoluzione del contratto, tali canoni non dovessero essere inclusi nel reddito imponibile.
Il cuore della questione risiede nell’applicazione dell’articolo 26 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir), che stabilisce la presunzione di percezione dei canoni di locazione, a meno che non venga fornita prova contraria.
Articolo 26
Imputazione dei redditi fondiariI redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprieta’, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’art. 30(2), per il periodo di imposta in cui si e’ verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito, purche’ la mancata percezione sia comprovata dall’intimazione di sfratto per morosita’ o dall’ingiunzione di pagamento. Ai canoni non riscossi dal locatore nei periodi d’imposta di riferimento e percepiti in periodi d’imposta successivi si applica l’articolo 21 in relazione ai redditi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera n-bis).(1) Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosita’ e’ riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.
La Cassazione, confermando le decisioni delle istanze inferiori, ha sottolineato che la mancata registrazione formale della risoluzione del contratto non esime il locatore dall’obbligo di dichiarare tali redditi. Inoltre, la sentenza riafferma che i canoni di locazione non percepiti per morosità del locatario restano reddito tassabile fino all’intervenuta risoluzione formale del contratto o al provvedimento di convalida dello sfratto.
Advertisement - PubblicitàLa sentenza della Cassazione ha importanti implicazioni sia per i locatori che per i locatari di immobili commerciali, ponendo in rilievo l’importanza della corretta gestione fiscale e contrattuale delle locazioni commerciali.
Per i locatori, il messaggio è chiaro: l’obbligo di dichiarare i canoni di locazione persiste fino alla formale registrazione della risoluzione del contratto, indipendentemente dalla effettiva ricezione dei pagamenti. Questo significa che, in assenza di tale registrazione, i canoni non percepiti a causa della morosità del locatario o di altre dispute continuano a essere considerati reddito imponibile, con conseguenti obbligazioni fiscali.
Per i locatari, d’altro canto, la sentenza sottolinea l’importanza di assicurarsi che ogni accordo relativo alla cessazione della locazione o alla risoluzione del contratto sia formalmente registrato. Questo non solo aiuta a chiarire la posizione fiscale del locatore, ma garantisce anche che eventuali accordi raggiunti siano riconosciuti e applicabili in termini legali e fiscali.
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Inoltre, la decisione accentua la necessità per entrambe le parti di adottare un approccio proattivo nella gestione delle locazioni commerciali. I locatori dovrebbero considerare l’implementazione di procedure regolari per la verifica e la registrazione di eventuali modifiche contrattuali, inclusa la risoluzione, per evitare complicazioni fiscali.
Analogamente, i locatari dovrebbero assicurarsi di comunicare tempestivamente e in modo trasparente con i locatori riguardo a qualsiasi cambiamento nella loro situazione che potrebbe influire sul contratto di locazione.
La sentenza evidenzia anche l’importanza di conservare una documentazione accurata e completa relativa ai contratti di locazione e alle eventuali modifiche o risoluzioni. Tale documentazione può servire come prova cruciale in caso di dispute o verifiche da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Advertisement - PubblicitàLa sentenza n. 746 del 9 gennaio 2024 della Cassazione rappresenta un punto di riferimento significativo per la gestione delle locazioni commerciali, ribadendo la necessità di una scrupolosa attenzione alle procedure fiscali e contrattuali.
Questa decisione sottolinea l’importanza della registrazione formale della risoluzione dei contratti di locazione per cessare l’obbligazione di dichiarare i canoni non percepiti come reddito imponibile. Tale pratica non solo garantisce la conformità fiscale, ma fornisce anche chiarezza e sicurezza giuridica sia per i locatori che per i locatari.
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