Il Bonus Affitto Imprese previsto dal Decreto Rilancio non spetta se il contratto di locazione o concessione non rispetta tutti i criteri obbligatori per l’accesso all’incentivo.
Il Bonus Affitto Imprese previsto dal Decreto Rilancio non spetta se il contratto di locazione o concessione non rispetta tutti i criteri obbligatori per l’accesso all’incentivo.
Questo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 195 del 20 aprile 2022, in cui si tratta appunto il tema del credito d’imposta concesso a favore delle imprese che hanno subito danni economici per via dell’emergenza pandemica.
Di seguito vediamo quali sono i criteri obbligatori che il contratto di locazione deve rispettare al fine di beneficiare del Bonus Affitto Imprese.
Sommario
L’istante è una Srl, controllata da un’altra società, che afferma di operare nel settore della gestione integrata dei servizi al pubblico sulla base di atti di concessione sottoscritti con enti pubblici.
In qualità di mandataria di un RTI (Raggruppamento Temporaneo di Imprese), la società fa sapere di aver sottoscritto due atti di concessione per la gestione del sistema territoriale in riferimento a due determinati siti pubblici.
A questo proposito, l’istante afferma che entrambi gli atti si riferiscono a dei siti mirati all’accoglienza e al servizio del pubblico, con aree museali e archeologiche dotate di biglietterie e punti di ristoro.
Il canone di concessione prevede che ci sia una quota fissa ed una variabile, derivante dai servizi proposti, al netto dell’IVA, con anche una percentuale derivante dalla vendita dei biglietti di ingresso. Per quanto riguarda la quota fissa del canone, l’istante sostiene che questa sia interamente a suo carico, senza possibilità di rivalsa imputabile agli altri componenti.
Sulla base degli atti di concessione, sottoscritti con scritture private, la Srl afferma che sia possibile calcolare la ripartizione tra costi e ricavi in capo ad ogni componente della RTI, nonché il canone di concessione a carico della stessa società istante.
In riferimento a ciò, viene precisato che il valore del canone di locazione che la società corrisponde all’ente deriva dall’importo posto a base di gara dal concedente oltre l’importo offerto a rialzo dall’istante.
Ciò posto, la società chiede alle Entrate dei chiarimenti in merito alla possibilità di usufruire del credito d’imposta concesso dal Decreto Rilancio con il Bonus Affitto Imprese, tenendo conto che:
La società specifica infine che i servizi preposti rientrano nella casistica di cui al Codice dei beni culturali, art. 110, comma 3, che dispone che:
“I proventi derivanti dalla vendita dei biglietti d’ingresso agli istituti ed ai luoghi appartenenti o in consegna allo Stato sono destinati alla realizzazione di interventi per la sicurezza e la conservazione dei luoghi medesimi, ai sensi dell’articolo 29, nonché all’espropriazione e all’acquisto di beni culturali, anche mediante esercizio della prelazione.”
Advertisement - PubblicitàIl Fisco ricorda dapprima che il Bonus Affitto Imprese concesso dal Decreto Rilancio nel 2020 viene concesso sotto forma di credito d’imposta e spetta ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione che nel mese di riferimento abbiano subito una diminuzione dei guadagni di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente.
Tale regola è valida solo per i mesi di:
Il bonus affitto imprese è stato successivamente prorogato anche per i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2020, stavolta a prescindere dai ricavi conseguiti nel periodo d’imposta precedente.
Il credito d’imposta spetta nella misura del:
Oltre a tutti i requisiti appena descritti però, il Fisco fa presente che ne esiste anche un altro, legato alla tipologia di contratto di locazione o concessione che si sottoscrive.
Viene specificato infatti che i canoni pagati devono essere riferiti ad uno dei contratti di locazione disposti agli articoli 1571 e seguenti del Codice Civile, e che seguono le disposizioni di cui alla Legge n. 392 del 27 luglio 1978 in riferimento ai casi in cui il godimento dell’immobile si costituisce a seguito di un provvedimento amministrativo di concessione.
A tal proposito, in riferimento ai contratti di servizi a prestazioni complesse nei quali è ricompreso almeno un immobile ad uso non abitativo, si dispone quanto segue.
Viene precisato che si tratta dei casi in cui, accanto alla gestione passiva degli immobili, che si costituisce con la percezione dei canoni di locazione, si configura uno scenario in cui un’attività di servizi complementari svolge attività di servizi con finalità differenti dal solo godimento degli stessi immobili.
A tal proposito, in riferimento al caso presentato dall’istante, il Fisco sostiene che non sussistano delle prestazioni supplementari che siano differenti dalla messa a disposizione degli immobili.
Oltretutto, si fa presente che gli atti di concessione sottoscritti, secondo quanto descritto, avrebbero come oggetto un sistema di gestione di servizi per il pubblico che non riguarda prettamente l’utilizzo degli immobili (con eventuali servizi complementari).
A questo rimanda anche la clausola inserita negli atti, in base alla quale l’amministrazione ha la facoltà di cedere in concessione a terzi l’utilizzo temporaneo dei siti o di parte di essi.
L’Agenzia delle Entrate ritiene pertanto che la società istante non abbia diritto di accesso al credito d’imposta per il Bonus Affitto Imprese.
Gli atti di concessione sottoscritti difatti non possono essere assimilati né ai casi di locazione tipizzata, né ai casi di concessione di godimento derivante da un provvedimento amministrativo, in quanto l’utilizzo dei siti da parte della società non è esclusivo.
Leggi anche: “Bonus Affitto Aziende: spetta con contratto “di affidamento”?”
Compila il form sottostante: la tua richiesta verrà moderata e successivamente inoltrata alle migliori Aziende del settore, GRATUITAMENTE!