Il costo del denaro deciso dalla BCE fa balzare il tasso dei nuovi mutui. Il Bollettino mensile dell’ABI, infatti, segnala un tasso medio per l’acquisto di abitazioni in crescita al 2,73% ad ottobre, dal 2,26% di settembre.
Il costo del denaro deciso dalla BCE fa balzare il tasso dei nuovi mutui. Il Bollettino mensile dell’ABI, infatti, segnala un tasso medio per l’acquisto di abitazioni in crescita al 2,73% ad ottobre, dal 2,26% di settembre.
Anche il tasso medio sul totale dei prestiti ha subito una stoccata verso l’alto toccando il 2,78% contro il 2,47% del mese precedente. Balzi simili li abbiamo avuti solo ad agosto 2017.
Infine, il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento delle imprese ha stabilito il suo rialzo al 2,55%, dal 2,00 % di settembre, livello che non veniva toccato da dicembre 2014.
“Nonostante i rialzi dei tassi della BCE, i tassi dei prestiti continuano a rimanere particolarmente bassi” segnala l’ABI (Associazione Bancaria Italiana). Prosegue, rassicurando, “non hanno incorporato gli aumenti della BCE, che si è mossa con +0,75 a settembre e ha annunciato ad ottobre un ulteriore aumento di 75 punti base al mese di novembre, per un incremento totale dei tassi di un punto e mezzo“.
Secondo il vice direttore generale dell’associazione, Gianfranco Torriero, gran parte delle famiglie sono “immunizzate” dal rialzo dei tassi decisi dalla BCE grazie al tasso fisso siglato sull’ 80% dei mutui erogati negli ultimi 4-5 anni. Questo è il principale motivo per cui non ci si aspetta una particolare depressione della compagine nei mesi che ci attendono.
Gli altri dati che riguardano i prestiti bancari a famiglie ed imprese a ottobre ci confermano un trend positivo dei prestiti e ne segnalano, invece, uno negativo per i depositi.
I finanziamenti salgono del 3,4% rispetto all’anno precedente. I depositi, dopo un +2,3% di settembre e un +6,5% di ottobre, passano a +0,1%. “La raccolta resta positiva rispetto ad un anno fa – legge Torriero – ma sui depositi si è toccato il tetto“.
Quello che l’ABI chiede al governo per i prossimi mesi è di concentrare le risorse pubbliche in misure a sostegno delle imprese, soprattutto nella programmazione riabilitativa del debito, così da gestire la qualità del credito.
Il rapporto mensile dell’associazione sottolinea la stabilità ancora attiva delle sofferenze nette a 16,2 miliardi di euro. Per questo motivo si fanno urgenti misure di sostegno a favore delle imprese “che permettano maggiore sostenibilità nell’onorare gli impegni finanziari” pone l’accento Torriero.
Nell’aggiornamento relativo all’anno 2021 di Banca d’Italia possiamo, invece, chiarirci le idee sui costi dei conti correnti. Si passa da una spesa pari a 90,9 euro nell’anno precedente ai 94,7 euro attuali. Il rincaro è dovuto a diversi fattori – delucida l’organizzazione governativa- “alla crescita sia delle spese fisse sia di quelle variabili; tra le spese fisse l’apporto più significativo è attribuibile a quelle per l’emissione e la gestione delle carte di pagamento; mentre le spese variabili sono cresciute principalmente per effetto della maggiore operatività della clientela, dopo la contrazione osservata per il 2020” .
Inoltre, dall’indagine sui conti correnti pubblicata da via Nazionale sul sito ufficiale è possibile notare anche i dati relativi alle spese dei conti correnti on-line, che passano da 21,5 a 23, 4 euro, in ragione della spesa per i canoni di base. Per i conti postali, invece, si osserva un incremento da 53 a 58 euro dovuto all’accresciuta operatività dei correntisti.
Emerge, infine, che la commissione per la messa a disposizione dei fondi (MDF) applicata nei contratti di apertura del credito nei conti correnti è risultata in flessione dall’1,8% all’ 1,7% del credito accordato; la commissione unitaria di istruttoria veloce (CIV), applicata sugli sconfinamenti e sugli scoperti di conto corrente è diminuita da 18,9 a 16,9 euro.
Il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea aumentando i tassi di riferimento dello 0,75%, a causa soprattutto della crescente inflazione, che, probabilmente rimarrà alta anche nel 2024 e nel 2025 inciderà sia sulle rate dei mutui a tasso fisso, ossia sull’ Euris, sia sui mutui a tasso variabile, quindi sull’indice Euribor.
L’incremento dei tassi potrebbe riportare le previsioni di un’inflazione in linea con il 2% in programma. La previsione sostanzialmente porta, per il 2023, all’aumento dei tassi fissi e variabili rispettivamente del 3,5-4% e del 2,5-3%.
Un rialzo dei tassi d’interesse farà scendere le quotazioni delle obbligazioni a tasso fisso preesistenti, poiché le stesse sono meno competitive rispetto a nuovi bond dotati di cedola più alta. L’aumento dei tassi d’interesse, quindi, rende più remunerativi e più convenienti gli investimenti in obbligazioni, statali e corporate, ovvero emesse da aziende o società private.
È bene precisare la natura instabile delle previsioni legata principalmente all’andamento della situazione internazionale.
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