Il contratto di affitto con riscatto (anche detto “rent to buy”), è una formula introdotta nel nostro ordinamento giuridico nel 2014, con l’entrata in vigore del Decreto Sblocca Cantieri, convertito poi dalla Legge n. 164/2014.
Tale possibilità ha aperto le porte ad un nuovo metodo per acquistare un immobile, che senza dubbio risulta più accessibile per chiunque, con una compravendita che avviene dilazionata nel tempo.
Ma come funziona davvero l’affitto con riscatto? Quale regime fiscale e quali imposte prevede? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi, e quale tutela esiste nel caso l’acquirente non voglia più acquistare l’immobile?
Vediamo di seguito tutto quello che c’è da sapere riguardo al contratto Rent to Buy.
Sommario
Sostanzialmente, l’affitto con riscatto prevede la firma di un normale contratto di locazione. Questo però, dovrà essere sottoscritto in presenza di un notaio per ottenere valenza giuridica e, ovviamente, prevedrà il versamento di una quota fissa mensile che l’affittuario dovrà corrispondere al locatore per l’affitto.
Al momento del rogito notarile, si dovrà concordare il valore d’acquisto dell’immobile, con una cifra che rimarrà fissa per sempre, a prescindere dall’andamento del mercato immobiliare.
Una volta fatto questo, il notaio inserirà due importi differenti all’interno del contratto di locazione: uno destinato al normale pagamento del canone, e l’altro destinato invece all’acquisto dell’abitazione. Questi, seppure siano da considerate importi differenti, saranno corrisposti come un’unica soluzione ogni mese dall’affittuario.
L’affitto con riscatto, sostanzialmente, concede al conduttore di non “sprecare” le mensilità d’affitto (maggiorate) che corrisponderà al proprietario dell’immobile, perché tali mensilità saranno scomputate dal prezzo d’acquisto dell’immobile.
Esistono due tipologie di contratto rent to buy, che può essere:
Nel caso di contratto unilaterale, se l’affittuario dovesse rinunciare all’acquisto entro la data di scadenza valida, egli potrà anche richiedere al proprietario la restituzione delle somme versate fino a quel momento. Ovviamente, si parla delle somme destinate all’acquisto dell’immobile, e non quelle riferibili alla locazione.
Il contratto di affitto con riscatto è una modalità di compravendita che non risulta disponibile unicamente per gli immobili adibiti ad uso residenziale. Si può sottoscrivere infatti con riferimento a fabbricati di qualsiasi categoria catastale, anche se adibiti a esercizio d’impresa, così come anche a terreni o ad immobili ancora in fase di costruzione.
Advertisement - PubblicitàSe il contratto sottoscritto è con formula bilaterale, il conduttore non potrà rinunciare all’acquisto e dovrà quindi comprare obbligatoriamente l’immobile.
Se invece il contratto di affitto con riscatto è unilaterale, come abbiamo già detto, si stabilità un tempo entro il quale egli dovrà decidere se acquistare oppure no. E, dunque, c’è la possibilità che questo rinunci.
In tal caso, secondo quanto stabilito dal comma 1 bis dell’art. 23 del D. L. 133/2014:
“le parti definiscono in sede contrattuale la quota di corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell’immobile entro il termine stabilito”.
È possibile dunque, secondo gli accordi presi in fase iniziale, che il proprietario non debba restituire l’intera somma versata.
I termini di scadenza impongono al conduttore di prendere una decisione entro un certo periodo di tempo, sempre secondo le disposizioni del contratto. In questo periodo, il proprietario non potrà:
Ma attenzione, perché nel caso in cui il conduttore non dovesse rispettare la data di scadenza entro la quale comunicare la sua decisione definitiva, si aprirebbe uno scenario differente.
A quel punto, se il conduttore:
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Advertisement - PubblicitàIl contratto rent to buy prevede regimi fiscali differenti a seconda che il proprietario dell’immobile sia un privato oppure un soggetto passivo di IVA.
Se il concedente è un soggetto privato, per quanto riguarda la parte di canone riferita alla locazione, si applicherà il regime di locazione con aliquota al 2%. Oppure, se l’immobile è residenziale, si può optare anche per il regime con cedolare secca.
Sulla parte del canone che invece si riferisce all’acquisto dell’immobile, si applicherà un’imposta di registro pari al 3%, che potrà essere scomputata poi dall’imposta di registro dovuta con l’atto di compravendita finale.
In caso il proprietario sia un soggetto passivo IVA, egli potrà decidere per l’esenzione da IVA per quanto riguarda i canoni riferibili alla locazione, con pagamento dell’imposta di registro pari al 2%. Se invece il concedente decidesse per l’imponibilità IVA, l’imposta di registro si pagherebbe in misura fissa senza riduzioni, mentre l’IVA sarebbe al 10%.
Per quanto riguarda invece le imposte indirette (IRPEF, IRES, IRAP), che rimangono sempre ad esclusivo carico del proprietario dell’immobile, per la parte del canone riferibile alla locazione si seguirà il regime standard.
Ovvero, se il reddito assoggettabile ad IRPEF supera quello medio ordinario, allora sarà rilevante. In caso contrario, il concedente dichiarerà la rendita catastale. Anche qui, se l’immobile è residenziale, si possono ottenere i vantaggi della cedolare secca.
Riguardo invece alla parte di canone riferibile all’acquisto, le imposte indirette non saranno dovute in quanto si tratta di un’anticipazione sul prezzo di vendita finale.
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