Fino a qualche anno fa, in caso di contributi non versati, a rischiare pesanti sanzioni non sarebbe stato solo il datore di lavoro, ma anche il dipendente interessato.

Questo è cambiato grazie alla sentenza della Cassazione SU n. 10378 del 12 aprile 2019. Grazie alla quale si dispone che il dipendente debba essere tutelato se il datore di lavoro non adempie ai suoi obblighi di versamento.

Vediamo cosa succede quando i contributi non vengono versati e in che modo può procedere il dipendente.

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Contributi non versati: si rischia il reato penale

Ad oggi, un lavoratore dipendente assunto regolarmente, può accorgersi subito se i contributi non gli sono stati versati. Gli basterà infatti accedere con le sue credenziali al sito dell’INPS, ed entrare nella sezione CIP (Consultazioni Info Previdenziali). Da qui egli potrà ottenere molti dati in più rispetto a quelli presenti sull’estratto conto.

Grazie a questo, il dipendente può sapere se il suo contratto sia valido o meno, e anche se il datore di lavoro stia versando correttamente i suoi contributi.

Se si dovesse accorgere che sono presenti delle irregolarità, egli può contattare direttamente l’INPS, chiedendo di procedere con le verifiche e i controlli.

A quel punto, l’Istituto sarà tenuto a chiedere chiarimenti all’azienda interessata. E se dovessero realmente venire alla luce delle irregolarità contributive, il datore di lavoro rischia parecchio.

Se la somma complessiva non versata dovesse essere minore di 10.000 euro, l’INPS pretenderà che il datore di lavoro paghi i contributi mancanti, con l’aggiunta di interessi e di lievi sanzioni.

Ma nel caso in cui il totale fosse superiore ai 10.000 euro, l’Istituto sarà tenuto ad avvertire in maniera immediata le autorità giudiziarie. E il datore di lavoro dovrà rispondere di reato penale.

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Cosa succede se scatta la prescrizione?

Nel momento in cui si appura l’inadempienza del datore di lavoro e l’INPS denuncia il caso alle autorità, la pratica passa alle Pubbliche Amministrazioni. Se anche a quel punto l’azienda non dovesse pagare le somme mancanti, lo Stato emetterà l’ordine di pignoramento.

Comunque proceda il caso, il dipendente potrà recuperare i suoi contributi per la pensione.

Egli però dovrà muoversi in fretta. Se i suoi contributi non sono stati versati infatti, dovrà denunciare l’inadempienza all’INPS entro 5 anni. In caso contrario, scatterebbe la prescrizione.

Con la prescrizione tutto diventa più difficile. E non ci sarà più la certezza del recupero dei contributi per il lavoratore.

Egli potrà procedere in diversi modi:

  • Richiedendo la costituzione di una rendita vitalizia. Mossa che impone la verifica dell’effettivo rapporto di lavoro, per cui il dipendente dovrà dimostrare con prove scritte e certe di avere realmente lavorato per l’azienda. La procedura per la rendita vitalizia è molto lunga e difficile;
  • Facendo causa al proprio datore con richiesta di risarcimento. Anche qui, come si può immaginare, i tempi potrebbero essere lunghissimi e la pratica potrebbe durare anni;
  • Presentando all’INPS la domanda di riscatto per i contributi omessi. Tale possibilità è valida anche se il dipendente è già andato in pensione e consente al lavoratore di recuperare tutti i periodi di “vuoto contributivo” che sono presenti nella sua storia previdenziale. La procedura è a pagamento e sarà il dipendente a dover corrispondere la somma richiesta. Può volerci molto tempo per ottenere delle risposte certe, ma una volta verificato il rapporto di lavoro, i contributi saranno versati tempestivamente.