Quando si decide di vendere un immobile acquistato con l’agevolazione fiscale “prima casa” prima di cinque anni, si corre il rischio di perdere i benefici ottenuti, a meno che non si proceda ad un nuovo acquisto con determinate caratteristiche. Tuttavia, c’è molta confusione su cosa sia necessario acquistare per evitare la decadenza.
Basta il solo diritto di usufrutto su un altro immobile? Oppure serve acquistare la piena proprietà?
In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza sulle condizioni previste dalla legge e sulle più recenti interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate e della giurisprudenza.
Sommario
Le agevolazioni “prima casa” permettono ai contribuenti di acquistare l’abitazione principale con un regime fiscale agevolato, applicando imposte di registro, ipotecarie e catastali ridotte. Tuttavia, questi benefici non sono definitivi se l’immobile viene ceduto entro cinque anni dall’acquisto.
L’articolo 1, comma 4, Nota II-bis del Dpr n. 131/1986 stabilisce che, in caso di vendita anticipata, il contribuente perde il diritto alle agevolazioni e deve restituire le imposte nella misura ordinaria, maggiorate di una sanzione pari al 30% del loro importo. Questa previsione mira a evitare che le agevolazioni vengano sfruttate per fini speculativi, anziché per l’effettiva necessità abitativa.
Tuttavia, il legislatore offre una via d’uscita per chi, pur vendendo prima dei cinque anni, non intende rinunciare ai benefici: se il contribuente acquista entro un anno dalla vendita un nuovo immobile da destinare a propria abitazione principale, non perderà le agevolazioni.
È importante sottolineare, però, che la normativa richiede l’acquisto di una piena proprietà. Ciò significa che l’acquisto di soli diritti reali di godimento, come l’usufrutto o il diritto di abitazione, non è sufficiente a salvaguardare i benefici. Questa distinzione può sembrare sottile, ma ha implicazioni pratiche rilevanti, soprattutto per chi, ad esempio, vuole acquistare solo un diritto limitato per motivi economici o familiari.
La legge è quindi chiara: per non incorrere nella decadenza delle agevolazioni è necessario procedere all’acquisto di un immobile nella sua interezza, da destinare a propria abitazione principale, e non limitarsi a comprare diritti parziali sull’immobile stesso. Questo principio è stato ribadito in numerose interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate e in vari pronunciamenti della Corte di Cassazione.
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Advertisement - PubblicitàL’Agenzia delle Entrate ha chiarito più volte la corretta applicazione delle agevolazioni “prima casa” in caso di vendita anticipata. Nella recente risposta n. 192 del 4 ottobre 2024, ha ribadito che per mantenere i benefici fiscali è necessario acquistare un immobile in piena proprietà entro un anno dalla cessione dell’abitazione originaria.
Secondo l’Agenzia, infatti, l’acquisto di soli diritti reali di godimento, come l’usufrutto o il diritto di abitazione, non soddisfa i requisiti richiesti dalla normativa, in quanto tali diritti conferiscono solo una parziale disponibilità del bene.
Questa posizione trova conferma anche in precedenti interpretazioni, come la risoluzione n. 49/2015, dove veniva sottolineato che l’acquisto del diritto di usufrutto, pur conferendo la possibilità di utilizzare il bene, non equivale all’acquisto della proprietà piena e quindi non è idoneo a mantenere i benefici.
In altre parole, il legislatore richiede un impegno più completo: solo la piena titolarità dell’immobile garantisce la destinazione effettiva a dimora stabile e duratura.
Advertisement - PubblicitàAnche la giurisprudenza ha più volte confermato la necessità di acquistare la piena proprietà per mantenere i benefici “prima casa” in caso di vendita anticipata. La Corte di Cassazione, con diverse pronunce, tra cui l’ordinanza n. 11221/2020, ha chiarito che la norma non estende la salvaguardia agli acquisti di diritti reali di godimento, come l’usufrutto o il diritto di abitazione.
Secondo la Cassazione, infatti, l’acquisto di un diritto parziale non garantisce l’effettiva e stabile destinazione dell’immobile a residenza principale, condizione che invece deve essere rispettata per conservare le agevolazioni fiscali.
La Corte Costituzionale ha confermato tale orientamento con l’ordinanza n. 46/2009, ribadendo che le norme di favore, come quelle in materia di “prima casa”, vanno interpretate in maniera restrittiva, proprio per evitare utilizzi distorti o speculativi. Pertanto, anche per la giurisprudenza, il concetto di “acquisto” deve intendersi riferito esclusivamente alla piena proprietà dell’immobile e non all’acquisizione di diritti parziali.
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Advertisement - PubblicitàQuando un contribuente vende un immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa” prima del decorso dei cinque anni, oltre alla restituzione delle imposte ordinarie e delle sanzioni, deve fare attenzione anche alla gestione del credito d’imposta.
La normativa (legge n. 448/1998, art. 7, comma 1) prevede infatti un credito d’imposta in caso di riacquisto di una nuova abitazione con le stesse agevolazioni, ma solo se non si è verificata la decadenza dai benefici relativi all’acquisto originario.
Se si perde il beneficio, non solo si devono restituire le imposte risparmiate, ma si perde anche il diritto al credito d’imposta. Questo significa che l’agevolazione non potrà più essere utilizzata né per ridurre l’imposta di registro dovuta sul nuovo acquisto, né per compensare eventuali imposte sul reddito dovute nella dichiarazione dei redditi.
L’Agenzia delle Entrate ha ribadito questa posizione nella circolare n. 38/2005, specificando che il recupero delle imposte ordinarie implica automaticamente la decadenza del credito eventualmente fruito.
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