Un soggetto che possiede un terreno edificabile ha la possibilità di procedere con l’acquisto di una casa gratis se, mediante permuta, provvede allo “scambio” del bene presente con un bene futuro, che appunto sarà l’abitazione da costruire.
Un soggetto che possiede un terreno edificabile ha la possibilità di procedere con l’acquisto di una casa gratis se – mediante permuta – provvede allo “scambio” del bene presente (il terreno) con un bene futuro, che appunto sarà l’abitazione da costruire.
La permuta, infatti, è un contratto che nasce sulla base del vecchio metodo del “baratto”, e permette appunto uno scambio reciproco della proprietà di determinati beni, che può implicare o meno l’utilizzo del denaro.
Di recente la Cassazione ha spiegato quando, alle fatture legate al contratto di permuta, può essere applicata l’IVA ridotta e quando invece l’imposta dev’essere indicata in misura ordinaria.
Approfondiamo di seguito.
Sommario
La permuta è una pratica piuttosto diffusa, regolamentata dal Codice Civile art 1552, grazie alla quale un soggetto può procedere all’acquisto di una casa gratis – senza appunto dover pagare in denaro – ma cedendo in cambio un bene che possiede.
Esistono diverse tipologie di contratti di permuta, che possono interessare lo scambio di beni mobili o beni immobili. Ma è possibile anche che il contratto riguardi lo scambio di diritti, di garanzie, di azioni, di altri contratti.
L’utilizzo del denaro generalmente non è necessario nei contratti di permuta, ma se lo scambio riguardasse due beni che non hanno lo stesso valore, c’è comunque la possibilità di coprire eventualmente la somma mancante con l’integrazione del denaro.
In ambito edile, generalmente, si parla di “permuta di cosa presente con cosa futura”. In questo caso, il contratto di permuta riguarda sempre lo scambio di un terreno edificabile (cosa presente) con una o più unità immobiliari che saranno costruite (cosa futura) all’interno dello stesso terreno.
Le parti contraenti sono dunque il soggetto proprietario del terreno edificabile ed il soggetto costruttore che si occuperà dei lavori di costruzione, che può essere una ditta, una società, ecc.
In sostanza, l’impresa di costruzione acquisirà la proprietà del terreno edificabile, dove realizzerà diverse unità immobiliari. Il soggetto che ha ceduto il terreno edificabile otterrà in cambio la proprietà di una o più delle unità che saranno costruite, sulla base del valore delle stesse e del valore del terreno.
Viene chiarito che, in questi casi, il trasferimento della proprietà del terreno ha effetto immediato solo a favore della ditta costruttrice. Il trasferimento della proprietà delle unità immobiliari future a favore del soggetto interessato, invece, per forza di cose si costituirà nel momento in cui il bene verrà realizzato.
Il contratto di permuta, a favore del soggetto che vende il terreno, garantisce comunque una forma di tutela per la quale il costruttore si impegna alla vendita obbligatoria futura dei beni interessati.
Advertisement - PubblicitàNonostante il contratto di permuta preveda quindi la possibilità – per un soggetto che dispone di un terreno edificabile – di procedere all’acquisto di una casa gratis, nel caso in cui il contratto implicasse anche un’integrazione in denaro, si dovrà fare attenzione alla corretta applicazione delle imposte nella fattura.
La vicenda di cui trattiamo oggi riguarda proprio l’applicazione dell’IVA ai contratti di permuta di un bene presente con un bene futuro.
Nello specifico, una società costruttrice ha acquistato un terreno edificabile mediante permuta, in cambio della proprietà – a favore del venditore – di 4 appartamenti da costruire nel terreno, e della restante parte del valore corrisposta in denaro.
Per quanto riguarda la parte corrisposta in denaro, la società costruttrice ha provveduto alla predisposizione della fattura applicando l’IVA in misura ridotta (10%), in virtù del fatto che le abitazioni da costruire sarebbero state “non di lusso”.
Successivamente, l’ufficio territoriale competente dell’Agenzia delle Entrate, ha emesso nei confronti della società un avviso di violazione degli obblighi di fatturazione, in quanto si riteneva che la società avrebbe dovuto applicare invece l’IVA al 22% in misura ordinaria.
Da qui è iniziato l’iter giudiziario, dove in primo e in secondo grado i giudici hanno dato ragione alle Entrate, disponendo che i beni futuri interessati dal contratto di permuta – visto che non esistono, perché non sono stati ancora realizzati – non possono essere oggetto di IVA agevolata.
Questa stessa tesi è stata invece confutata dalla Cassazione, che ha ritenuto che i giudici siano caduti in un “error in iudicando”, ovvero un errore di giudizio.
Advertisement - PubblicitàNella sentenza n. 3109/2023, la Corte di Cassazione ha chiarito che i beni futuri oggetto di permuta possono senza dubbio beneficiare dell’IVA agevolata, al contrario di quanto disposto dai giudici di primo e secondo grado.
Difatti, la Corte precisa che in questi casi è sufficiente che all’interno del contratto di permuta sia specificata chiaramente la tipologia oggettiva del bene da realizzare. A quel punto, se il bene rientra in una tipologia assoggettabile ad IVA ridotta e sussistono tutti i requisiti per poterla applicare, sarà possibile farlo a prescindere dal fatto che l’immobile esista o meno.
A questo proposito viene chiarito che – quando l’immobile verrà effettivamente costruito – nel caso in cui dovesse presentare delle caratteristiche differenti rispetto a quanto indicato inizialmente nel contratto, e non fosse assoggettabile ad IVA ridotta, l’ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate a quel punto può procedere alla rettifica o all’invio di un avviso.
In ogni caso, non esiste nessun impedimento normativo che vieti di applicare l’IVA agevolata agli immobili futuri oggetto di permuta.
Attenzione però, perché nonostante la Corte abbia definito errata la posizione dei giudici di primo e secondo grado, comunque è stata concorde nell’accogliere il ricorso delle Entrate e rigettare quello della società.
La Cassazione ha disposto infatti che la società costruttrice avrebbe dovuto sì applicare l’IVA in misura ordinaria alla fattura suddetta, ma avrebbe dovuto farlo per un altro motivo, legato all’altro soggetto a cui la fattura è destinata.
La società costruttrice infatti non aveva acquistato il terreno edificabile da un soggetto privato, ma da una società commerciale.
I giudici di Corte hanno fatto presente che l’IVA ridotta è un’agevolazione istituita al fine di tutelare il diritto all’abitazione. Può quindi essere applicata esclusivamente alle fatture riguardanti immobili a destinazione abitativa e non alle unità utilizzate per finalità commerciali.
Risulta dunque irrilevante, in questo caso, che le unità immobiliari da costruire saranno classificate come “non di lusso”, perché in ogni caso il soggetto che le acquisterà è una società commerciale, una tipologia di soggetto per la quale non si prevede alcuna tutela in ambito abitativo.
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