La recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione di Salerno, ha riacceso il dibattito sulle sanatorie edilizie e sul loro rapporto con le nuove disposizioni normative. Il caso riguarda un cittadino che aveva richiesto la sanatoria per alcune opere realizzate nella propria abitazione, ricevendo però un diniego da parte del Comune.

La decisione del TAR ha ribaltato la situazione, evidenziando l’importanza dell’applicazione dello ius superveniens, ossia delle norme sopravvenute, e riconoscendo la prevalenza del Decreto “Salva Casa” sulle precedenti disposizioni.

Questa sentenza potrebbe avere implicazioni significative per chi ha in corso richieste di sanatoria edilizia o per chi intende presentarle in futuro.

Ma quali sono i punti chiave della decisione? Quali sono le conseguenze per cittadini e amministrazioni?

Advertisement - Pubblicità

Il caso esaminato dal TAR Salerno

La controversia nasce dalla richiesta di sanatoria presentata da un cittadino per regolarizzare due interventi edilizi realizzati sulla propria abitazione. In particolare, la domanda riguardava:

  • Il cambio di destinazione d’uso di un sottotetto, originariamente non abitabile, trasformato in un ambiente residenziale.
  • La realizzazione di una tettoia in legno con copertura in tegole, annessa all’edificio principale.

Leggi anche: Abuso edilizio: quando un sottotetto trasformato porta alla demolizione

Il Comune ha respinto la richiesta con un provvedimento di diniego, motivando la decisione sulla base della normativa edilizia vigente al momento della realizzazione degli interventi. Inoltre, l’amministrazione ha fatto riferimento a precedenti ordinanze di demolizione emesse negli anni passati, sostenendo che questi atti precludessero la possibilità di ottenere la sanatoria.

Il cittadino, ritenendo ingiusto il rigetto della sua domanda, ha deciso di impugnare il provvedimento dinanzi al TAR. Il ricorso si basava su un punto cruciale: l’applicabilità della nuova normativa introdotta dal Decreto “Salva Casa” (D.L. 69/2024, convertito nella L. 105/2024), che ha modificato i criteri per la regolarizzazione degli abusi edilizi. Secondo il ricorrente, il Comune avrebbe dovuto valutare la domanda alla luce delle nuove disposizioni, più favorevoli alla sanabilità di alcune difformità.

La questione si è quindi spostata su un nodo giuridico di grande rilevanza: è possibile negare una sanatoria basandosi su norme ormai superate, senza considerare le modifiche legislative sopravvenute?

Advertisement - Pubblicità

Il principio dello ius superveniens e il Decreto “Salva Casa”

Uno degli aspetti centrali della sentenza del TAR è l’applicazione del principio dello ius superveniens, un concetto giuridico fondamentale che si riferisce alla prevalenza delle norme sopravvenute rispetto a quelle precedentemente in vigore, soprattutto quando più favorevoli ai cittadini.

Nel caso specifico, il Decreto “Salva Casa” ha introdotto nuove condizioni per la sanabilità delle opere edilizie, modificando il quadro normativo di riferimento.

Approfondisci: Salva Casa: la guida completa, ecco cosa puoi sanare

Il decreto, approvato nel 2024, è nato con l’obiettivo di semplificare la regolarizzazione di piccole difformità edilizie, evitando che i cittadini si trovino in una condizione di incertezza giuridica. Una delle novità principali è stata l’estensione delle possibilità di sanatoria per interventi edilizi di limitato impatto, come cambi di destinazione d’uso e modeste opere accessorie, purché non in contrasto con vincoli paesaggistici o urbanistici fondamentali.

Nel caso in esame, il TAR ha richiamato un precedente del Consiglio di Stato (sentenza n. 7486/2024), che ha chiarito come il Decreto “Salva Casa” debba trovare applicazione anche nei procedimenti sanzionatori non ancora definiti in modo irreversibile. Questo significa che, se una richiesta di sanatoria è ancora in corso, essa deve essere valutata alla luce della nuova normativa, indipendentemente dalle decisioni precedenti dell’amministrazione.

In altre parole, il Comune di Eboli avrebbe dovuto applicare il nuovo quadro normativo, senza ancorarsi a precedenti dinieghi o ordinanze di demolizione basati su disposizioni ormai superate.

La sentenza del TAR ha quindi ribadito che il principio dello ius superveniens non è un’interpretazione discrezionale, ma un obbligo per le amministrazioni, che devono sempre considerare le leggi più recenti nei procedimenti ancora in corso.

Advertisement - Pubblicità

Le motivazioni della sentenza del TAR

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con la sentenza n. 406/2025, ha accolto il ricorso del cittadino, annullando il diniego del Comune e gli atti connessi. La decisione si basa su un principio chiaro: la pubblica amministrazione non può ignorare una norma sopravvenuta più favorevole al cittadino se il procedimento amministrativo non è ancora concluso in modo definitivo.

Nella sentenza, il TAR ha evidenziato che il Comune aveva respinto la richiesta di sanatoria facendo riferimento a una normativa ormai superata. In particolare, l’amministrazione aveva basato il diniego su due elementi ritenuti irrilevanti:

  • Le precedenti ordinanze di demolizione, che, secondo il Comune, avrebbero precluso la possibilità di una nuova sanatoria. Il TAR ha chiarito che queste ordinanze, se non ancora eseguite in via definitiva, non impediscono l’applicazione della nuova disciplina.
  • Il rigetto di una precedente istanza di sanatoria, che, però, era stata valutata in un contesto normativo diverso, prima dell’entrata in vigore del Decreto “Salva Casa”.

Secondo il TAR, il Comune avrebbe dovuto esaminare la nuova istanza senza pregiudizi, applicando la normativa più recente e verificando se l’intervento potesse rientrare tra quelli sanabili. Il diniego, invece, è stato formulato senza considerare il mutato quadro legislativo, rendendo l’atto amministrativo illegittimo.

Un altro aspetto rilevante della decisione riguarda la posizione dell’interessato: il ricorso è stato accolto non perché la sanatoria fosse automaticamente dovuta, ma perché il Comune avrebbe dovuto valutarla alla luce della nuova normativa. La sentenza non conferisce quindi un’automatica regolarizzazione, ma impone all’amministrazione di riesaminare la richiesta tenendo conto del nuovo quadro giuridico.

Infine, il TAR ha deciso di compensare le spese legali tra le parti, riconoscendo che la questione affrontata era nuova e che il Comune potrebbe non aver agito con dolo, ma semplicemente non si era ancora adeguato alla normativa aggiornata.