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Decreto Salva Casa e opere abusive: quando la sanatoria non basta

Il TAR Campania obbliga il Comune di Gragnano a intervenire contro opere abusive, nonostante le istanze di sanatoria basate sul Decreto Salva Casa, nominando un commissario per garantire l’esecuzione.

Decreto Salva Casa e opere abusive: quando la sanatoria non bastaDecreto Salva Casa e opere abusive: quando la sanatoria non basta
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Il tema dell’abusivismo edilizio è sempre al centro di dibattiti accesi, specialmente quando si intreccia con le novità normative come il recente Decreto Salva Casa. A Gragnano, in Campania, una strada pedonale trasformata abusivamente in carrabile ha acceso una disputa legale durata anni.

Nonostante le ordinanze di demolizione emesse nel 2014, il Comune è rimasto inerte, spingendo i vicini danneggiati a ricorrere al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Campania, che si è espresso con la sentenza n. 6650/2024, pubblicata il 28 novembre 2024.

Nel frattempo, i responsabili delle opere abusive hanno tentato di salvaguardare le modifiche realizzate presentando una richiesta di sanatoria alla luce delle semplificazioni introdotte dal Decreto Salva Casa.

Ma cosa accade quando il diritto alla legalità si scontra con le nuove opportunità normative? E quali responsabilità ricadono sulle amministrazioni locali?

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Il contesto della vicenda

Il caso si sviluppa a Gragnano, dove una strada pedonale condivisa da più proprietà è stata oggetto di trasformazioni abusive. Originariamente costituito da ampi gradoni degradanti, il viale era largo circa 2,5 metri e lungo 40 metri, un percorso progettato esclusivamente per uso pedonale.

Tuttavia, senza alcuna autorizzazione, alcuni proprietari hanno modificato radicalmente l’area: i gradoni sono stati eliminati, è stato steso uno strato di asfalto, e lungo i bordi sono state installate ringhiere in ferro, trasformandolo in un percorso carrabile.

Queste opere abusive non sono rimaste inosservate. Già nel 2014, l’Ufficio Tecnico Comunale aveva emesso due ordinanze di demolizione, riconoscendo la natura irregolare dei lavori e disponendo il ripristino dello stato originario dei luoghi. Le ordinanze, confermate dalla giustizia amministrativa in precedenti sentenze, sono state però ignorate dai responsabili delle opere.

Nonostante la chiara violazione, il Comune non ha mai attivato i propri poteri sanzionatori per far rispettare i provvedimenti, lasciando la situazione in uno stato di stallo per anni.

Di fronte a questa inerzia, i cittadini che avevano subito il danno hanno deciso di intraprendere una battaglia legale, chiedendo al tribunale di costringere il Comune ad agire per eliminare le opere abusive e ripristinare la legalità.

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Il ricorso e le motivazioni

Nel luglio 2023, i cittadini danneggiati hanno presentato una formale diffida al Comune, chiedendo di eseguire d’ufficio le ordinanze di demolizione e di ripristinare lo stato originario del viale pedonale. La richiesta includeva anche la sanzione amministrativa massima prevista dal DPR 380/2001 per le opere abusive, pari a 20.000 euro, da applicare ai responsabili delle modifiche illegali.

Tuttavia, il Comune ha mantenuto un atteggiamento di inerzia, non rispondendo all’istanza e ignorando il proprio obbligo di intervenire. Questo comportamento, noto come “silenzio-inadempimento“, viola l’articolo 2 della legge 241/90, che impone alle pubbliche amministrazioni di concludere i procedimenti amministrativi con provvedimenti espressi entro termini stabiliti.

Di fronte a questo mancato rispetto delle regole, i ricorrenti si sono rivolti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), chiedendo l’annullamento del silenzio amministrativo e l’imposizione al Comune di adempiere ai propri obblighi.

La richiesta comprendeva anche la possibilità di nominare un commissario ad acta, una figura incaricata di agire in sostituzione dell’amministrazione nel caso di ulteriore inadempimento.

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La decisione del TAR

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania ha accolto il ricorso, riconoscendo l’illegittimità del comportamento omissivo del Comune. Nella sentenza, i giudici hanno sottolineato che il silenzio-inadempimento costituisce una grave violazione degli obblighi procedurali imposti dalla legge 241/90, ribadendo che le amministrazioni hanno il dovere di adottare provvedimenti espressi in risposta alle richieste dei cittadini.

Durante il procedimento, è emerso che i responsabili delle opere abusive avevano recentemente presentato un’istanza per l’accertamento di conformità delle opere, facendo leva sulle nuove disposizioni introdotte dal Decreto Salva Casa (DL 69/2024), che semplifica la procedura di sanatoria per alcuni interventi edilizi.

Tuttavia, il TAR ha chiarito che questa richiesta non esonera il Comune dall’obbligo di concludere il procedimento amministrativo. Le istanze sopravvenute, infatti, devono essere valutate nel contesto di un provvedimento espresso che consideri sia le ordinanze di demolizione emesse in passato sia le modifiche normative più recenti.

Il TAR ha quindi ordinato al Comune di concludere il procedimento entro 90 giorni e, in caso di ulteriore inerzia, ha nominato un commissario ad acta incaricato di eseguire la decisione. Il compenso del commissario sarà a carico dell’amministrazione inadempiente, sottolineando la gravità dell’inerzia comunale.



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TAGS: abusivismo edilizio, decreto salva-casa, demolizione d’ufficio, inerzia amministrativa, opere abusive, ripristino legalità, sanatoria edilizia, sentenza TAR Campania, urbanistica

Autore: Andrea Dicanto

Autore Andrea Dicanto
Appassionato Progettista esperto nel settore dell'Edilizia, delle Costruzioni e dell'Arredamento. Fin da giovane ho sempre studiato ed analizzato problematiche che vanno dalle questioni statiche di edifici e costruzioni fino al miglior modo di progettare ed arredare gli spazi interni, strizzando l'occhio alle nuove tecnologie soprattutto in ambito sismico.

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