La legislazione italiana sull’edilizia pone un delicato equilibrio tra la sanatoria di specifici abusi edilizi e la salvaguardia del patrimonio culturale, imponendo limiti rigorosi soprattutto in aree vincolate.
La recente sentenza dell’11 marzo 2024, n. 196, del TAR Lazio ha messo in evidenza i limiti inderogabili imposti dalla legislazione italiana riguardo la sanabilità degli abusi edilizi in aree vincolate, riaffermando la rigorosità della normativa in materia di edilizia e tutela del paesaggio.
Questo caso solleva questioni significative sulla possibilità di condonare costruzioni realizzate in violazione dei vincoli paesaggistici e culturali, portando alla luce le complessità legate alla gestione del patrimonio edilizio e ambientale italiano.
Nel contesto del “terzo condono edilizio”, la giurisprudenza sottolinea una distinzione cruciale tra tipologie di interventi condonabili e non, delineando così i confini entro i quali il recupero degli abusi edilizi può essere considerato ammissibile.
Sommario
La questione degli abusi edilizi in aree vincolate, e la loro possibile sanatoria, rappresenta un nodo cruciale nella gestione del territorio e della sua conservazione. La recente sentenza del TAR Lazio mette in evidenza come la legge ponga dei limiti netti e ben definiti in merito alla possibilità di sanare costruzioni realizzate in violazione dei vincoli imposti per la tutela del paesaggio e dei beni culturali.
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Secondo quanto stabilito dalla sentenza n. 196 dell’11 marzo 2024, la costruzione di un fabbricato in un’area vincolata è stata ritenuta insuscettibile di condono ai sensi della legge n. 326/2003, mostrando una rigida interpretazione delle norme che regolamentano la sanatoria degli abusi edilizi.
La decisione si basa sul rilievo che le opere in questione non rientrano tra quelle condonabili in zone vincolate, delineando così un principio di intransigenza verso la violazione delle normative volte alla protezione del patrimonio culturale e ambientale.
Advertisement - PubblicitàLa normativa sul terzo condono edilizio offre una possibilità di sanatoria per certe categorie di abusi edilizi, ma solo sotto condizioni molto specifiche e con dei limiti ben definiti, soprattutto per quanto riguarda le aree vincolate. Alla luce dell’articolo 32 del decreto-legge n. 269/2003 e delle disposizioni regionali come la L.R. n. 12/2004 del Lazio, emerge chiaramente che le uniche opere potenzialmente sanabili in queste aree sono quelle di minore rilevanza, come specificato nelle tipologie di illecito n. 4, 5, e 6 dell’Allegato 1 del decreto.
Tipologia di opere abusive suscettibili di sanatoria alle condizioni di cui all’articolo 32
Tipologia 1. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
Tipologia 2. Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore del presente provvedimento;
Tipologia 3. Opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
Tipologia 4. Opere di restauro e risanamento conservativo come definito dall’articolo 3, comma 1, lettera c) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
Tipologia 5. Opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
Tipologia 6. Opere di manutenzione straordinaria, come definite all’articolo 3, comma 1, lettera b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.
Queste tipologie includono interventi di restauro, risanamento conservativo, e manutenzione straordinaria, che, pur modificando in qualche modo l’edificio, non ne alterano la volumetria o la superficie. Importante è il requisito del parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, una condizione sine qua non per l’approvazione della sanatoria.
In questo modo, si cerca di garantire che anche gli interventi condonabili rispettino le esigenze di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico.
Il principio cardine di questa normativa è la netta separazione tra gli interventi minori, per i quali è prevista la possibilità di condono, e le nuove costruzioni o le modifiche sostanziali, per le quali tale possibilità è esclusa. Questa distinzione sottolinea l’attenzione verso la protezione delle aree vincolate, considerate di fondamentale importanza per il patrimonio culturale e ambientale.
La giurisprudenza amministrativa ha ulteriormente chiarito questo punto, escludendo categoricamente la possibilità di sanare abusi di maggiore entità, come nuove costruzioni o interventi che comportano un aumento di volume o superficie, anche se realizzati in aree soggette a vincoli relativi. Questo approccio mira a preservare l’integrità delle aree vincolate, prevenendo ulteriori danneggiamenti e assicurando che ogni intervento rispetti i principi di tutela e valorizzazione del territorio.
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Con questo inquadramento, si vuole evidenziare come il terzo condono edilizio, pur offrendo una via per la regolarizzazione di determinate irregolarità, imponga dei limiti severi e ben definiti, in particolare per le aree di maggior valore paesaggistico e culturale, riaffermando così l’impegno verso la protezione e la conservazione del patrimonio italiano.
Advertisement - PubblicitàLa sentenza dell’11 marzo 2024 del TAR Lazio, assieme al corpus normativo relativo al terzo condono edilizio, evidenzia un principio fondamentale nella gestione del patrimonio edilizio e paesaggistico italiano: la necessità di bilanciare la possibilità di regolarizzare determinate situazioni di abuso edilizio con l’imprescindibile esigenza di tutelare il patrimonio culturale e ambientale.
Le leggi n. 326/2003 e la L.R. Lazio n. 12/2004 delineano un percorso chiaro e stringente per la sanatoria di abusi edilizi, riservando questa possibilità unicamente a interventi di minore entità e in aree vincolate, sempre sotto la supervisione delle autorità preposte alla tutela dei vincoli.
Questa visione, sostenuta dalla giurisprudenza, pone l’Italia come un esempio di come la protezione del paesaggio e del patrimonio culturale possa coesistere con la necessità di adattare il tessuto edilizio esistente alle esigenze contemporanee, senza però compromettere i valori fondamentali di conservazione.
La sentenza in questione ribadisce che le nuove costruzioni o gli interventi che alterano significativamente le aree vincolate rimangono fuori dalla possibilità di condono, riaffermando l’importanza della tutela del patrimonio in tutte le sue forme.
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