Come sappiamo, per consentire l’avvio di lavori ammissibili al Superbonus 110% in condominio, è necessario che si indica un’assemblea.
Generalmente, per le votazioni si procede con il metodo della maggioranza, ma nel caso in cui l’esecuzione dei lavori dovesse andare a ledere i diritti dei singoli condomini, allora la situazione è differente.
Non è mai semplice comprendere fino a che punto si spinga il potere dell’assemblea. Di seguito proveremo a chiarire ogni dubbio analizzando alcune recenti sentenze sull’applicazione del Superbonus 110% in condominio.
Sommario
Qualche tempo fa, nell’articolo: “Superbonus 110% in condominio: ecco come funziona”, abbiamo spiegato il procedimento necessario che i condomini devono seguire per poter fare richiesta del Superbonus 110%.
L’iter è senza dubbio legato all’approvazione dell’assemblea condominiale, senza la quale sarebbe impossibile avviare gli interventi edilizi.
Procedendo secondo il criterio della maggioranza, all’assemblea dovranno essere presenti almeno un terzo dei condomini, che dovranno rappresentare almeno un terzo dei millesimi del condominio.
I condomini sono però edifici in cui vivono diverse unità, ed è possibile che alcune di queste unità non siano d’accordo con l’avvio dei lavori per accedere al Superbonus 110%.
In questo caso, generalmente si aprono due scenari:
Abbiamo trattato il secondo caso nell’articolo: “Ecobonus 110% in condominio: obbligatorio consenso degli interessati”, con riferimento a quanto stabilito dal Tribunale di Roma nella sentenza n. 17997 del 16 dicembre 2020.
In sostanza, qui si stabiliva che nel caso in cui gli interventi edilizi in condominio vadano ad interessare la singola unità di uno o più condomini, principalmente sono questi condomini a dover approvare i lavori. La votazione dunque non si esegue con metodo assembleare, ma con metodo contrattuale, in quanto i poteri dell’assemblea non possono invadere la sfera decisionale dei singoli senza la loro approvazione.
Nella sentenza mostrata si parlava in particolare del caso in cui l’installazione del cappotto termico, per via dello spessore dei pannelli, richiedesse il restringimento del piano di calpestio dei balconi, andando a pesare inevitabilmente sullo spazio a disposizione nei balconi dei singoli.
Advertisement - PubblicitàCon una nuova sentenza più recente però, stavolta emessa dal Tribunale di Milano, la stessa situazione viene mostrata in maniera differente.
Il caso affrontato è simile a quello precedente, ovvero l’installazione del cappotto termico che comporta il restringimento dei balconi dei singoli condomini.
Nella sentenza del 13 agosto 2021, il Tribunale di Milano affronta il caso di un condominio costituito da 12 unità e 230 condomini.
In seguito all’assemblea e alla delibera giunta secondo il principio della maggioranza, si era deciso per l’avvio di lavori mirati sia all’adeguamento antisismico che al risparmio energetico ammissibili al Superbonus 110%, per una spesa complessiva pari a 32 milioni di euro.
A quel punto però, 11 dei 230 condomini hanno richiesto la sospensione della delibera, in quanto secondo la loro valutazione:
Dall’altra parte però, il condominio ha riposto basando la sua difesa su un punto ben preciso.
Nei 13 mesi precedenti alla richiesta di sospensione della delibera, erano state condotte ben 4 assemblee condominiali dove si era discusso di tutti i progetti da effettuare, con anche l’analisi dello studio di fattibilità.
L’amministrazione sostiene che, nel corso delle assemblee, i condomini avevano dato la loro approvazione ai lavori da eseguire, e che oltretutto avevano acconsentito al fatto che fosse l’amministrazione ad occuparsi di stabilire gli accordi finali con l’impresa assunta.
Il Tribunale di Milano, dopo aver analizzato il caso, ha definito la documentazione presentata dall’amministrazione condominiale “cospicua, poderosa, esaustiva e facilmente consultabile”, contestando il fatto che i ricorrenti l’avessero definita caotica e incompleta.
Il giudice afferma inoltre come l’amministrazione avesse messo tutti i condomini in condizione di:
“ricevere preventivamente adeguate informazioni sugli argomenti oggetto di discussione assembleare, di formarsi la propria opinione sul punto e, pertanto, di esprimere una decisione ponderata e informata”.
Advertisement - PubblicitàMa arriviamo all’argomento principale per il quale è stato presentato il ricorso, ovvero il restringimento dei balconi di 4-5 cm.
Avendo appurato che l’intero processo col quale l’amministrazione condominiale aveva definito la richiesta di accesso al Superbonus 110% e prodotto la documentazione necessaria risultava pienamente in regola, il tribunale ha stabilito come il restringimento dei balconi fosse da considerare come una sorta di “male minore”.
In sostanza, si stabilisce che:
“gli effetti di tali decisioni e degli interventi edili deliberati sui beni di proprietà esclusiva dei condomini ricorrenti sono strettamente funzionali al miglioramento dell’uso delle cose comuni e al soddisfacimento di interessi altamente meritevoli di tutela”.
La decisione viene presa anche in relazione al fatto che, secondo quanto emerge dalla documentazione presentata, l’amministrazione condominiale aveva espresso la possibilità di eseguire i lavori senza intervenire sui balconi delle singole unità. Tale possibilità tuttavia non era stata presa in considerazione dai condomini.
In conclusione, il ricorso dei condomini contrari è stato bocciato, con tanto di obbligo al pagamento di 8.800 euro per le spese di lite e il 15% in più per altri oneri.
Cosa accade invece se le unità condominiali, dopo aver approvato i lavori, dovessero effettuare il pagamento in ritardo oppure si rifiutassero proprio di pagare? Ne abbiamo parlato nell’articolo: “Detrazioni fiscali in condominio: attenzione alla data del versamento”
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