Il Tribunale di Salerno ha condannato un condominio e un proprietario per danni da infiltrazioni. La sentenza evidenzia la responsabilità nella manutenzione degli immobili e l’importanza di documentare i danni per ottenere risarcimenti.
Una recente sentenza del Tribunale di Salerno ha stabilito un principio chiave in materia di responsabilità per infiltrazioni negli edifici condominiali. Il caso riguarda un appartamento danneggiato da umidità e muffe, causate sia da problematiche strutturali del condominio sia da lavori eseguiti nell’unità immobiliare sovrastante.
Dopo anni di richieste inascoltate, i proprietari dell’appartamento hanno avviato una causa per ottenere il risarcimento dei danni subiti. Il tribunale ha riconosciuto la responsabilità del condominio e del proprietario superiore, condannandoli a pagare oltre 25.000 euro.
Ma quali sono le implicazioni di questa sentenza per i proprietari di immobili? Chi è responsabile quando si verificano infiltrazioni in un condominio? E come è possibile tutelarsi legalmente?
Sommario
Il problema delle infiltrazioni nell’appartamento al primo piano del condominio era iniziato già nel 2009, quando i proprietari avevano notato i primi segni di umidità e stillicidio nelle stanze della cucina e del bagno. Con il tempo, la situazione era peggiorata, tanto che le pareti avevano iniziato a mostrare evidenti segni di deterioramento, con intonaci ammalorati, macchie di muffa di colore verde-nera e un odore persistente di umidità che rendeva difficile la normale abitabilità dell’immobile.
Secondo quanto riportato nella sentenza, i danni erano attribuibili a due principali cause:
Gli occupanti dell’appartamento avevano più volte segnalato il problema all’amministratore del condominio e al proprietario dell’immobile sovrastante. In particolare, avevano inviato diverse raccomandate e avevano sollevato il problema durante le assemblee condominiali. Inoltre, in alcune occasioni, erano intervenuti anche i vigili urbani di Amalfi, che avevano effettuato sopralluoghi e redatto verbali che attestavano la gravità della situazione.
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Un episodio particolarmente critico si era verificato nella notte del 20 luglio 2013, quando l’acqua aveva invaso le canaline dell’impianto elettrico, fuoriuscendo perfino dal lampadario dell’ingresso e causando un corto circuito che aveva lasciato l’appartamento senza elettricità. Un evento simile si era ripetuto nel maggio 2014, portando nuovamente all’intervento delle autorità locali, le quali avevano rilevato che nell’immobile sovrastante si stavano eseguendo opere edili e idrauliche.
A peggiorare la situazione, nel 2014 una degli occupanti dell’appartamento, già affetta da problemi respiratori, aveva subito un aggravamento delle proprie condizioni di salute a causa della continua esposizione a muffe e umidità. Il medico curante aveva confermato che l’ambiente insalubre aveva contribuito al peggioramento del quadro clinico.
Nonostante tutte queste evidenze, né il condominio né il proprietario dell’appartamento sovrastante avevano preso provvedimenti adeguati per risolvere il problema. I proprietari dell’appartamento danneggiato, esasperati dall’inerzia e dai continui disagi, avevano quindi deciso di avviare una causa legale, chiedendo il risarcimento per i danni materiali e morali subiti.
Advertisement - PubblicitàIl Tribunale di Salerno, con la sentenza n. 137/2025, ha stabilito la responsabilità del condominio e del proprietario dell’appartamento sovrastante per i danni subiti dagli attori a causa delle infiltrazioni d’acqua e della conseguente insalubrità dell’abitazione.
Secondo il giudice, il condominio avrebbe dovuto garantire una corretta manutenzione dell’intercapedine, evitando l’accumulo di umidità e la formazione di muffe, mentre il proprietario dell’appartamento superiore avrebbe dovuto adottare tutte le cautele necessarie per evitare che i lavori di ristrutturazione causassero danni all’unità sottostante. L’inattività di entrambi ha aggravato la situazione nel corso degli anni, rendendo l’appartamento quasi inabitabile e provocando un peggioramento delle condizioni di salute di uno degli occupanti.
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Dopo aver analizzato la relazione del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), il tribunale ha ritenuto fondate le richieste degli attori e ha condannato i convenuti al risarcimento dei danni.
Il giudice ha stabilito che il costo per il ripristino dell’immobile fosse pari a 15.548,09 euro, comprendendo gli interventi necessari per la rimozione delle muffe, il rifacimento degli intonaci e la riparazione degli impianti danneggiati. Ha inoltre riconosciuto 10.000 euro per danno non patrimoniale, in considerazione del disagio abitativo e delle ripercussioni sulla salute dell’occupante malato.
Al contrario, il tribunale ha rigettato la richiesta di risarcimento per i beni mobili danneggiati, tra cui mobili, libri, computer e oggetti di valore, ritenendo che non fosse stata fornita un’adeguata documentazione per provare l’effettivo ammontare dei danni. Ha inoltre escluso il risarcimento per il danno morale iure hereditatis, dal momento che la persona deceduta durante il processo non aveva formalmente avanzato questa richiesta in vita.
Infine, il giudice non ha accolto la domanda di condanna per lite temeraria nei confronti del condominio e del proprietario del piano superiore, affermando che la loro difesa, seppur infondata, non era pretestuosa. Le spese processuali sono state in parte compensate tra le parti, mentre quelle relative alle consulenze tecniche sono state ripartite in proporzione alle rispettive responsabilità.
Questa sentenza conferma ancora una volta un principio chiave del diritto condominiale: chi ha la gestione e il controllo di un immobile ha l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per prevenire danni agli altri condomini e proprietari. L’inerzia nella manutenzione o l’esecuzione negligente di lavori può comportare non solo danni economici, ma anche conseguenze giuridiche rilevanti.
Advertisement - PubblicitàIl Tribunale di Salerno ha basato la propria decisione principalmente sull’articolo 2051 del Codice Civile, che disciplina la responsabilità del custode. Questa norma stabilisce che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. In sostanza, chi ha il controllo e la gestione di un bene – come nel caso del condominio e del proprietario del piano superiore – è tenuto a garantirne la sicurezza e a prevenire situazioni dannose per terzi.
Nel caso specifico, il giudice ha riconosciuto che:
Il giudice ha ribadito che la responsabilità oggettiva del custode implica che non sia necessario dimostrare la colpa diretta, ma solo il nesso di causalità tra la cosa custodita e il danno subito. Spettava invece al condominio e al proprietario del piano superiore dimostrare che il danno era dovuto a un caso fortuito, ossia a un evento imprevedibile e inevitabile, cosa che non è stata provata.
Il tribunale ha fatto riferimento anche a precedenti giurisprudenziali, sottolineando che il condominio è responsabile delle parti comuni e deve adottare tutte le misure necessarie per evitare danni agli altri condomini. Inoltre, i lavori di ristrutturazione nell’appartamento sovrastante erano stati eseguiti senza la dovuta attenzione, aggravando ulteriormente la situazione.